Roma Jazz Festival fa 48 e apre con Lakecia Benjamin
Il Roma Jazz Festival fa 48 e festeggia. “Il jazz di oggi, e ancor più quello di domani, è frutto della creatività post-globale. La sua evoluzione, non dipenderà più solo dalla scena di New York, Los Angeles, Londra o Berlino ma da quella di Lima, Abidjan o Baku. Dalla sua diffusione tramite le piattaforme social e dalle nuove tecnologie, compresa l’Intelligenza artificiale. Si arriverà così a una totale ibridazione”.
48° Roma Jazz Festival
Con queste parole il direttore artistico Mario Ciampà introduce Hybrid, il concetto-guida che attraversa la 48° edizione del Roma Jazz Festival, pronto ad animare la Capitale dal 1° al 23 novembre con 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, la Casa del jazz e il Monk. Una mostra fotografica e una serie di appuntamenti dedicati ai più piccoli che quest’anno si espande ancora di più, arrivando a coinvolgere la fascia della primissima infanzia.
Prossimo al mezzo secolo di vita, il Roma Jazz Festival si conferma ancora una volta come uno dei più densi e vivaci appuntamenti sul piano internazionale, senza smettere mai di interrogarsi sulle infinite evoluzioni di un genere che mai come oggi sembra conoscere confini. Come afferma il musicista Paolo Damiani “oggi l’interrogativo: ‘sarà jazz?’ risulta quanto mai fuori luogo”.
Lakecia Benjamin apre
Infinite le ibridazioni – siano esse espressive, stilistiche, culturali o geografiche – che attraversano la programmazione. Apertura il 1 novembre significativamente affidata alla sassofonista americana Lakecia Benjamin, pronta a stupire il pubblico del festival con quell’esplosiva fusione di jazz, R’N’B e funk che vien fuori dal suo ultimo album, Phoenix: un grande omaggio alla sua New York risorta dalla pandemia come una Fenice ma anche alla propria “resurrezione”, dopo essere miracolosamente scampata a un incidente stradale. Una doppia metafora che vuol essere anche un auspicio rispetto alla catastrofe che sta segnando il mondo attuale.
Da Pat Metheny a Dave Holland
Non mancano i grandi nomi, quelli che non hanno bisogno di presentazioni. È il caso di Pat Metheny, icona per eccellenza della chitarra fusion, che il 4 novembre al Roma Jazz Festival si esibirà in uno straordinario concerto, presentandosi sul palco da solo per presentare alcuni brani del suo ultimo album MoonDial, ripercorrere le sue più celebri composizioni per chitarra acustica e abbandonarsi a un travolgente fiume di improvvisazione in cui il chitarrista statunitense spingerà al limite le sue doti tecniche.
Altro grande protagonista di questa edizione, il sassofonista americano Bill Evans che dopo 30 anni di carriera da solista oggi non smette di innovare creando nuove relazioni con musicisti di diversa estrazione. L’11 novembre al Roma Jazz Festival 2024 arriva con una formazione stellare, The VansBand All Stars, in cui spiccano il grande Gary Husband e Felix Pastorius (figlio del mito Jaco).
Fra i giganti della scena mondiale ci sono anche il contrabbassista britannico Dave Holland che ritorna al Festival il 19 novembre con la formazione Crosscurrents Trio, ovvero in compagnia del percussionista Zakir Hussain e il sassofonista Chris Potter, mettendo in connessione il jazz con la musica indiana.
E il percussionista americano dall’incredibile carriera, a lungo batterista degli Art Ensemble of Chicago, l’alfiere del Panafricanismo musicale (e culturale) Famoudou Don Moye, il 16 novembre con la formazione Odissey&Legacy Trio.
Spazio ai giovani
Decisamente più giovane ma già brillante astro del panorama internazionale è invece il sassofonista James Brandon Lewis. 41 anni, di Buffalo, Stato di New York, background gospel, educazione cristiana, Lewis riesce a trovare il perfetto equilibrio fra l’intensità spirituale e la libertà dell’improvvisazione. Alla guida del Red Lily Quintet, il 22 novembre si esibirà lasciandosi ispirare dalla indimenticata stella del gospel Mahalia Jackson, cui ha dedicato il suo ultimo album For Mahalia, With Love.
All’interno della programmazione della 48° edizione trovano ampio spazio musicisti provenienti dall’Azerbaijan, dalla Siria, dalla Repubblica Ceca e dalla Norvegia. Da Baku arriva ad esempio il pianista e compositore Isfar Sarabski che il 23 novembre ritorna al festival in quartetto dopo aver incantato il pubblico capitolino nel 2022. Il suo è un jazz impressionista denso di riferimenti alla tradizione folklorica azera. Ma al tempo stesso segnato dal minimalismo e aperto alle sperimentazioni elettroniche, grazie anche alle diverse collaborazioni con alcuni dei protagonisti della scena clubbing della sua città natale.
Pace e libertà con Aeham Ahmad
È diventato famoso in tutto il mondo per aver iniziato la sua carriera fra le macerie di una Damasco devastata dai bombardamenti del 2011 il pluripremiato pianista nato nel campo profughi palestinese Yarmouk Aeham Ahmad. Fuggito poi dalle persecuzioni dei miliziani dell’Isis per approdare, dopo un lungo viaggio nel Mediterraneo, in Europa. Da allora ha pubblicato diversi album vincendo il Premio Internazionale Beethoven per i diritti umani, la pace, la libertà, la riduzione della povertà e l’inclusione ed è stato insignito del Premio Yorum per il suo impegno civile, non avendo mai smesso in questi anni di suonare per la pace e per la libertà. Cosa che farà anche il 22 novembre al Roma Jazz Festival.
La pianista e compositrice Nikól Boková è invece una figura di spicco della scena della Repubblica Ceca e il 21 novembre arriva al festival nella formazione quartetto per presentare il suo ultimo album Expedition, che mette in dialogo il jazz con la musica classica, il minimalismo e la musica pop.
Il trombettista norvegese Nils Petter Molvær, considerato un pioniere del nu jazz, è invece special guest, insieme allo straordinario percussionista Michele Rabbia, il 13 novembre di (R)Evolution, un progetto scritto da Alessandro Contini ed Elisabetta Antonini e ispirato a figure, in vari campi e a modo loro, rivoluzionarie, come Fela Kuti con il suo impegno politico, Salgado con quello ambientalista e Pina Bausch sul fronte delle trasformazioni radicali che ha apportato alla danza contemporanea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA