Roma
5:00 am, 25 Ottobre 24 calendario

Annullata sentenza di adottabilità, bimba rom torna dalla mamma

Di: Patrizia Pertuso
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Che le figlie e i figli degli zingari paghino lo scotto di pregiudizi troppo spesso ingannevoli è un dato di fatto. Su di loro ricadono sovente accuse di ogni genere. E poco importa se hanno pochi mesi o solo qualche anno. Quei bambini sono figli sbagliati e sbandati.

Non vivono in una casa (forse perché non gliene viene offerta una), sono sporchi (forse perché nei campi dove vengono ammassati non hanno a disposizione né acqua né corrente) e rubano (forse perché non riescono a inserirsi in un contesto sociale che li marginalizza; e, comunque, gli italiani non rubano mai). Quei bimbi sono figli di madri considerate troppo giovani per chi, come noi, fino a 40 anni e passa vive ancora con i genitori, in un Paese in cui il tasso di natalità sprofonda ogni anno di più. Quei figli e quelle madri sono il Male. Sono zingari. E fin dai tempi più remoti hanno sempre impersonificato il lato oscuro di una cultura occidentale che si permette di ergersi a giudice supremo di tutto e tutti.

La sentenza della Corte d’Appello di Roma

Stavolta è stato un collegio di giudici della sezione Minorenni della Corte d’Appello di Roma ad annullare la sentenza di adottabilità di una bimba figlia di una Sinti. La neonata, portata via subito dopo la nascita, ha ottenuto il diritto di tornare alla sua famiglia biologica. L’annullamento della sentenza è scattato dopo il ricorso dei parenti della piccola avanzato tramite l’avvocato Miraglia.

«Nessuno era stato informato della dichiarazione di adottabilità della piccola – spiega l’avvocato – e soprattutto alla giovane mamma 13enne non è stata offerta la possibilità, prevista per legge, di riconoscere la figlia, una volta raggiunti i 16 anni di età. Abbiamo denunciato l’assistente sociale e il giudice relatore al Tribunale di Perugia, auspicando che il Gip li rinvii a giudizio, in quanto è ormai chiaro, e sancito anche dalla sentenza d’appello, che hanno palesemente violato la legge».

La storia della mamma Sinta e di sua figlia

La vicenda risale al 2023, quando la giovane mamma 13enne era incinta della sua bambina.

«Gli assistenti sociali – prosegue l’avvocato Miraglia – la spediscono a vivere in una casa famiglia fino al momento del parto, avvenuto a maggio, dopo il quale non le viene data la possibilità di stare con la figlioletta se non per una manciata di giorni. Con l’inganno, fingendo di portarla a fare una visita di controllo, affidano la neonata a una famiglia. Nel frattempo, con una celerità inusuale – 28 giorni appena – il Tribunale per i Minorenni di Roma emana la sentenza di adottabilità della bambina, adducendo un presunto “stato di abbandono” della piccola».

Il mancato rispetto della legge 184 del 1983

«In realtà – spiega ancora l’avvocato Miraglia – la neo mamma ha attorno a sé l’intero nucleo familiare che la supporta, ma soprattutto accade qualcosa di contrario ad ogni principio legislativo: in pieno spregio della legge 184/83 alla mamma non viene concessa la possibilità di poter attendere i 16 anni per riconoscere la figlia. E per giunta a nessuno dei familiari è stato comunicato l’avvio del procedimento di adottabilità. La ragazza invece avrebbe dovuto mantenere la bimba con sé in seno alla sua famiglia, fino al compimento di 16 anni e poi diventarne madre a tutti gli effetti».

La piccola potrà tornare dalla madre biologica

Ora, dopo oltre un anno di lotte a colpi di carte bollate, la bimba resterà sì con la famiglia affidataria, ma solo per un periodo durante il quale, senza causarle traumi, sarà possibile farla riavvicinare alla madre biologica prima di lasciare definitivamente la famiglia adottiva.

Questo caso, però, rappresenta solo la punta dell’iceberg di una problematica più ampia. Il Movimento Kethane Rom e Sinti per l’Italia denuncia da tempo la violazione sistematica dei diritti delle famiglie da parte delle istituzioni.

La denuncia del Movimento Kethane Rom e Sinti

«I bambini – dichiara Dijana Pavlovic, portavoce del Movimento – vengono troppo spesso sottratti alle loro famiglie senza un giusto processo. Maria (nome di fantasia, ndr), che aveva 13 anni alla nascita della sua bambina, era sostenuta da una famiglia capace di prendersi cura di loro, ma le autorità hanno ignorato questo fatto. Da quando le hanno portato via la figlia, Maria è sprofondata in una profonda depressione. “Amo mia figlia con tutto il cuore e ogni giorno che passa lontana da me è un dolore insopportabile. Ci hanno trattati come se non valessimo nulla, ma io voglio crescere mia figlia insieme alla mia famiglia”, ripeteva».

«Troppo spesso vediamo figli sottratti alle madri»

«Non c’è nulla di più atroce che togliere un figlio a una madre – sottolinea Dijana Pavlovic -. E troppo spesso vediamo i figli sottratti alle famiglie rom, senza motivi previsti dalla legge, con un senso di impunità. Le autorità agiscono nella certezza che queste ingiustizie passeranno inosservate. Se Maria non fosse stata sinta, sarebbe accaduto lo stesso? Penso di no. Chiediamo che gli assistenti sociali e il giudice che hanno ignorato la procedura legale siano chiamati a risponderne. Non è accettabile che queste violazioni continuino».

L’appello del Movimento: «Lottate per per i vostri diritti»

Infine, un appello. Pavlovic esorta tutte le famiglie a non rimanere in silenzio: «Cercate avvocati capaci e lottate per i vostri diritti. Solo così possiamo fermare casi come quello di Maria. La lotta continua: vogliamo un futuro in cui ogni famiglia Rom e Sinti possa vivere senza la paura di perdere i propri figli».

PATRIZIA PERTUSO

25 Ottobre 2024 ( modificato il 24 Ottobre 2024 | 20:31 )
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