Cinema
5:00 am, 28 Giugno 24 calendario

Winterbottom: «“Shoshana” può farci capire la guerra a Gaza»

Di: Redazione Metronews
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Già nelle sale “Shoshana”, nuovo film diretto da Michael Winterbottom e interpretato da Douglas Booth, Irina Starshenbaum, Harry Melling, Aury Alby e Ian Hart. Ispirato a eventi realmente accaduti, “Shoshana” è un thriller politico ambientato negli anni Trenta che affronta il modo in cui l’estremismo politico e la violenza creano una separazione tra le persone costringendole a scegliere da che parte schierarsi. A raccontarlo è lo stesso regista.

Come vi siete imbattuti nella storia di Shoshana Borochov e Tom Wilkin?

«Circa 15 anni fa mi trovavo al Jerusalem Film Festival per la premiazione di “Un cuore grande”. Mentre ero lì lessi “One Palestine”, Complete di Tom Segev, un bellissimo libro su una parte della storia britannica che conoscevo solo superficialmente, il periodo del controllo britannico della Palestina tra le due guerre mondiali. Penso che l’idea di fare un film ambientato in Israele sia nata da quel libro. Mentre lo leggevo la situazione in Iraq era ancora complessa e direi che l’ispirazione mi venne dalle somiglianze che vedevo tra il ruolo che la Gran Bretagna giocava in Palestina nel periodo interbellico e quello che l’America ha più recentemente giocato in Iraq e poi in Afghanistan. Segev è molto abile nel descrivere una situazione che in un certo senso non era frutto di un disegno preciso da parte dei britannici. Loro semplicemente erano lì: ci erano arrivati durante la Prima guerra mondiale e avevano preso controllo del territorio, ma non sapevano bene come comportarsi. Avevano di fronte due gruppi, gli arabi palestinesi e la popolazione ebraica che stava cercando di costruire Israele, e non avevano idea di come gestirli. Molti britannici si lamentavano chiedendosi perché fossero lì e quale fosse, appunto, il disegno politico. Ma non c’era nessun disegno e la politica cambiava di continuo».

Cosa cercava nell’attrice che doveva interpretare Shoshana?

«Non è stato facile. Ci serviva una donna di origini russo-ebraiche con una grande personalità, qualcuno che fosse veramente in grado di tenere la scena, perché il film gira intorno a lei. Penso che Irina abbia fatto un lavoro brillante come Douglas Booth, che interpreta Tom, e Harry Melling, che è Geoffrey».

La storia di Shoshana Borochov forse non è molto nota al grande pubblico…

«A Shoshana abbiamo voluto ispirarci liberamente; sul resto, invece, abbiamo fatto molte ricerche, per farci un’idea precisa del tempo e dei luoghi. Abbiamo attinto non solo agli archivi storici e cinematografici, ma anche, ad esempio, all’autobiografia di Geoffrey Morton. Io e Josh Hyams, il produttore, siamo andati in Israele e abbiamo visitato l’Archivio Spielberg a Gerusalemme. È stata la nostra fonte d’ispirazione per la ricostruzione di Tel Aviv».

Nel film ci sono molte scene violente…

«La violenza è stigmatizzata, e accade per mano di entrambe le parti, tanto dal lato britannico quanto da quello di Stern. Le scene violente sono tante, ma sono girate in modo da far capire quanto ci si possa sentire sotto pressione di fronte ad una minaccia del genere. Volevamo dipingere la Tel Aviv di quel tempo in maniera realistica per trasmettere come fosse difficile, per Tom e Shoshana, mantenere salda una relazione in un clima tanto ostile».

Ci sono momenti del film che ricordano molto “Welcome to Sarajevo”: un caso?

«Ci sono certamente dei punti di contatto, ma il protagonista di “Welcome to Sarajevo” è un giornalista. Ho girato molti film con protagonisti giornalisti ma raccontavo storie su chi stava raccontando storie. Con “Shoshana” mi sono addentrato nella storia di giovani britannici che dirigono la squadra anti-terrorismo a Tel Aviv e questo ha reso tutto molto più vivido e immediato. Oggi a Gaza è tornata la stessa violenza di 80 anni fa: capire la storia può aiutarci a comprendere cosa succede oggi».

 

28 Giugno 2024 ( modificato il 27 Giugno 2024 | 12:08 )
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