Teatro in carcere, I figli di Estia presentano “E tu che lavoro sei?”
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Teatro in carcere per offrire una possibilità di rappresentarsi attraverso il corpo. Da questo assunto nasceva il lavoro della regista Michelina Capato e della Cooperativa Estia. Il carcere era quello di Bollate, Milano, dove un gruppo di detenuti del maschile, seguivano un training che partiva da una base musicale per arrivare alla codificazione di gesti e movimenti che illustrassero lo spettacolo.
Dopo che Michelina Capato è scomparsa, al suo posto è arrivata Lorenza Cervara che, con Michelina, aveva lavorato.
Dalla Cooperativa Estia all’associazione PrisonArt
I reclusi hanno tenuto duro in una fase di “interregno” e non hanno mollato il teatro. Hanno fondato una nuova associazione, PrisonArt il cui presidente è Stefano Pozzato, di cui fanno parte anche volontari esterni al carcere. E hanno creato una nuova compagnia, I figli di Estia. Perché, molti di loro, è questo che sono.
La pagina del sito a cui fa riferimento l’associazione si apre con una frase di Eugène Delacroix, artista e pittore francese, considerato il principale esponente del movimento romantico francese, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento. In quella frase, scriveva: “Che cos’è il teatro? Una della testimonianze più certe del bisogno dell’uomo di provare in una sola volta più emozioni possibili”.
Da gennaio di quest’anno, 15 detenuti – fra loro anche tecnici – hanno ripreso i laboratori nel corso dei quali studiano quelle che la stessa Lorenza Cervara definisce «le basi teatrali: ascolto reciproco, espressione del sé, rispetto del gruppo» e lavorano su piccole coreografie.
I figli di Estia presentano la loro riflessione sul lavoro come definizione dell’identità
Domani e il primo giugno, dopo otto mesi di prove, I figli di Estia portano in scena “E tu, che lavoro sei?”, un testo per riflettere sul tema della professione come definizione dell’identità.
«Partendo da considerazioni semplici – spiega Lorenza Cervara – come cosa sognavamo da bambini, cosa ci piacerebbe fare, come il lavoro è cambiato e come ha cambiato la società, siamo arrivati, attraverso una drammaturgia originale e collettiva, a porci domande più profonde. Non abbiamo risposte, ma altre domande che vogliamo condividere. Spesso il lavoro ci tradisce e altrettanto spesso ci definisce come individui, ma è realmente così? Siamo davvero solo il nostro lavoro?».
Il cast di attori e tecnici detenuti per una drammaturgia collettiva
Gli attori-detenuti che saliranno sul palco della sala dell’istituto carcerario sono Antonio De Salve, Aziz Usman, Fabrizio Pasini, Francesco Antonio Cannata, Gianluigi Sferrazza, Jinlai Lin, Leandro Strano, Maurizio Margiotta, Sebastian Nicolas Arredondo, Yong Xiao Hu. Le luci sono di Cristian Stepich, i suoni di Cristian Bezzecchi e di Raffaele Rullo mentre alla realizzazione hanno lavorato Lorenc Marini, Roberto Stepichi, Gianluca Dercenno.
Se la drammaturgia è un’opera collettiva, la scenografia di “E tu che lavoro sei?” è affidata a Barbara Bedrina mentre la regia è firmata dalla stessa Cervara e da Matilde Facheris.
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