Quirinale
7:04 am, 17 Dicembre 21 calendario

Quirinale, Adornato: “Elezione diretta risolverebbe i problemi”

Di: Osvaldo Baldacci
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Gli italiani sono pronti all’elezione diretta del Presidente della Repubblica, cosa che aprirebbe una storia nuova, permettendo tra l’altro di superare i retorici dibattiti sull’elezione di una donna”. Lo pensa da tempo Ferdinando Adornato, uno che in politica ha spesso anticipato i tempi e che, quale ideatore di Alleanza Democratica e del movimento referendario di inizio anni Novanta, si può a pieno titolo annoverare tra i padri fondatori della Seconda Repubblica. In vista del Quirinale, con lui non si parla di questo o quel nome, ma si vola alto sull’analisi del sistema Italia.

Cosa significherebbe oggi per gli italiani, in questa fase storica e politica, l’elezione del Presidente della Repubblica?

Il compimento di un percorso ormai maturo. È infatti evidente da tempo una mutazione del rapporto tra italiani e Quirinale, mutazione che anche il recente episodio della Scala con gli applausi e la richiesta di bis a Mattarella ha evidenziato. A differenza di anni fa oggi gli italiani veramente hanno il giusto feeling per arrivare all’elezione diretta del Presidente.

Da cosa lo deduce?

Appaiono evidenti due cose. La prima è il cambio di paradigma determinato dall’avvento di Draghi. Nel mezzo di una politica confusa, priva di determinazione, prigioniera dei numeri al punto di fare due governi con lo stesso premier Conte ma con alleanze opposte, la nomina di Draghi ha rimesso al centro il valore di una politica seria e delle persone capaci di rappresentarla. C’è un grande consenso intorno a lui, non quello in qualche modo dovuto e a volte forzato dei partiti, ma proprio tra gli italiani i quali registrano il clamoroso stacco tra Draghi e il resto della comitiva. Lo stesso avviene con Mattarella: c’è amore verso la sua figura, molto umana, ricca di dignità, che stride con la generale situazione di decadenza della qualità delle persone in ogni ambito delle leadership. Nella politica di oggi sia Draghi che Mattarella si stagliano come dei superman, degli highlanders. Insomma, dopo anni di diffidenza per la “competenza” sta tornando in primo piano l’esigenza di promuovere persone di valore.

E la seconda?

Il ritorno di questa esigenza ha finito per assegnare alla scadenza del settennato di Mattarella un valore “popolare”:  i media propongono sondaggi sui vari nomi, proprio come se si trattasse di un’elezione diretta. Fino alla scorsa volta l’elezione del Presidente era appannaggio dei partiti, e anche oggi il riflesso condizionato della politica è quello di dire: “non se ne parla fino a gennaio”. Ma non ce la fanno perché in realtà la gente ne vuole parlare. Diciamo la verità: stavolta i media sono innocenti, stanno solo amplificando un effettivo sentimento popolare.

E quindi?

Da una parte l’effetto Draghi e il ritorno del valore della persona, dall’altra la diffusione del sentimento di voler partecipare alla decisione sul Quirinale: queste due cose hanno determinato una specie di simulazione di elezione diretta. Il che mi fa pensare che gli italiani ormai siano pronti.

Ma non potranno dimostrarlo a questa tornata…

Purtroppo negli scorsi decenni nessuno ha mai avuto la forza e il pragmatismo di dare vita davvero a questa grande riforma. Ci siamo andati vicino: fu persino approvata dalla bicamerale D’Alema, ma poi i partiti se la rimangiarono… E infine anche la riforma Berlusconi venne respinta dagli italiani. Il fatto è che finora tutte le riforme costituzionali sono state bocciate dai referendum, ma solo per odio verso chi le proponeva, non già per i contenuti. Ha sempre vinto un’ideologia da “guerra civile”, mai il riformismo.

Ma cosa cambierebbe con l’elezione diretta?

Essa si dimostrerebbe un toccasana vincente proprio di fronte alla radicale crisi della politica degli ultimi decenni. Per capirlo basta pensare all’esempio francese: se a Parigi non ci fosse stata l’elezione diretta, dopo le ultime elezioni politiche, visti i risultati, avremmo avuto un governo Le Pen-Mélenchon, perché estrema destra ed estrema sinistra erano state le protagoniste del voto. Proprio come in Italia ci siamo sorbettati il governo Salvini-Di Maio. Ma l’elezione di Macron ha evitato alla Francia quella sciagurata evenienza, noi invece abbiamo dovuto attraversarla senza riparo. Pur mantenendo inalterato il valore dell’assetto parlamentare, con l’elezione diretta del Presidente si possono attenuare in modo decisivo eventuali condizionamenti delle estreme. Purtroppo ci vogliono anni per mandare in porto questa riforma. Importante è comunque che essa non resti solo una bandiera della destra: inviterei anche il centrosinistra ad abbracciare questa prospettiva che del resto non è lontana dalle sue corde politiche.

Cosa pensa della tesi che sia giunto il momento di eleggere Presidente una donna?

Che se ci fosse l’elezione diretta il tema non si porrebbe, perché se ci fosse una leader politica che avesse voglia di presentarsi non le sarebbe certo precluso.

Oggi, certo, è più difficile, bisogna muoversi con il bilancino. Donna o uomo che sia, il Presidente deve avere due caratteristiche: essere dotato di un grande equilibrio e, nello stesso tempo, possedere esperienza, capacità e determinazione politica. Non vedo purtroppo donne dotate di tutte queste prerogative. Nel passato le poteva sintetizzare Emma Bonino. Ma in questo tempo è obiettivamente fuori gioco, come ha detto lei stessa.

E quindi quale deve essere l’identikit del prossimo Presidente della Repubblica?

La persona di cui più si parla, per i motivi che ho ricordato prima, è senz’altro Mario Draghi. Ma, in proposito non mi sbilancio: perché, ad essere onesti, ha ragione chi dice che è necessario che Draghi rimanga Presidente del Consiglio fino al 2023 per il lavoro fondamentale che deve svolgere, ma ha ragione anche chi dice che al 2023 manca solo un anno, mentre il Presidente della Repubblica offre 7 anni di leadership che evidentemente Draghi eserciterebbe anche dal Quirinale. Si scontrano due ragioni….

Draghi escluso chi potrebbe essere la persona giusta?

Non mancano figure che possono esercitare insieme l’equilibrio e l’esperienza che le renderebbero idonee. Dovendo scegliere, valutando il sentimento popolare, mi orienterei verso persone vicine per provenienza, stile, storia e carattere a Sergio Mattarella. Questa potrebbe essere la scelta migliore. Siamo nell’epoca del governo Draghi che è un governo di quasi tutti i partiti, per cui credo che la provenienza politica del prossimo Presidente abbia un suo peso. Non può essere quindi qualcuno di parte che rompa gli equilibri in essere. Serve un moderato e un moderatore che abbia esperienza politica e istituzionale. Questo è l’identikit giusto.

Cosa pensa dell’ipotesi Berlusconi, che lei ha conosciuto bene?

La sua candidatura secondo me avrebbe il segno di chiudere la “guerra civile ideologica” che c’è stata in Italia e risarcire una figura che è stata molto oltraggiata nel corso del tempo. Ma significherebbe regolare i conti col passato, non aprire un futuro diverso. Non si può in ogni caso dimenticare che molte persone –molte meno di prima per la verità- vivono Berlusconi come una persona di parte non adatto a rappresentare quell’equilibrio che il palazzo del Quirinale richiede.

C’è il rischio che questo particolare Parlamento così frammentato risulti ingovernabile e quindi incapace di esprimere un Presidente della Repubblica?

Do un’opinione controcorrente: non sarà così. Le forze politiche sentono il dovere di trovare una soluzione efficace e in tempi rapidi per non inquinare il clima della nomina del Presidente. Ci sono mal di pancia diffusi, divisioni dentro tutti i principali partiti, ma alla fine secondo me non peseranno più di tanto.  E poi, parliamoci chiaro: se l’accordo non venisse trovato, la colpa non sarebbe certo dei franchi tiratori. Sarebbe un naufragio politico, l’ennesima dimostrazione di incapacità e di impotenza delle forze politiche e dei loro leader. Non credo che ci sia qualcuno che voglia correre questo rischio.

17 Dicembre 2021
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