Folman Basta film con gli avatar
Da piccolo adorava la fantascienza e ora, da grande, vi si è tuffato a muso duro, creando un orwelliano incubo psichedelico dove gli umani accettano di perdere se stessi in nome dell’eterna giovinezza (o di un’illusione di vita eterna). Benvenuti nel fantasy mix di live action, animazione, motion capture, fantascienza, 3D, di “The Congress” (da oggi nei cinema), firmato da Ari Folman, pluripremiato regista di “Valzer con Bashir”. Nel film, Robin (Robin Wright che recita al fianco di Harvey Keitel), star hollywoodiana in caduta libera, accetta di vendere la propria immagine, essere digitalizzata e, attraverso la scansione del corpo e delle emozioni, diventare un campione che l’industria cinematografica userà per i successivi 20 anni.
Folman, com’è arrivato a pensare a questo futuro di un cinema senza attori?
Volevo voltar pagina per trovare un approccio nuovo che si impone nell’era “post Avatar” e mi è venuto in mente “The Futurological Congress” del grande Stanislaw Lem, dove una dittatura sudamericana mantiene il controllo sulla popolazione grazie alla distribuzione di sostanze stupefacenti presenti nell’acqua.
Un fantasy futuristico oggi può essere girato solo con un mix di tecniche?
Assolutamente sì, esige questa combinazione ipnotica. E, d’altra parte, già oggi molti attori ormai accettano di farsi scansionare per dare vita a un “avatar” che può lavorare in loro assenza.
Ma lei racconta un incubo…
Sì, è una disperata richiesta d’aiuto e un grido di nostalgia per il vecchio cinema.
Silvia di Paola
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