4:49 pm, 18 Luglio 23 calendario

Dopo la rottura dell’accordo sul grano prezzi stabili e diplomazia al lavoro

Di: Redazione Metronews
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La notizia è che all’indomani dell’uscita di Mosca dall’accordo sul grano il prezzo della materia prima resta stabile, senza il balzo in alto che si era temuto, anzi dopo un po’ di altalena cala: il grano duro viene scambiato a 810 dollari per ogni singola unità contrattuale da 5’000 staia, con un calo del 0,6%, mentre quello tenero cede lo 0,3% a 651 dollari. Resta febbrile il lavoro diplomatico, anche se per ora con pochi esiti:  Putin fa sapere di non voler parlare con Erdogan di grano ma intanto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ne ha discusso al telefono con il suo omologo turco, Hakan Fidan: sul tavolo pare si sia parlato di come esportare il grano russo attraverso rotte «che non siano suscettibili al sabotaggio di Kiev e dell’Occidente».  Mosca ieri ha annunciato l’uscita dall’accordo sull’export del grano ucraino attraverso il Mar Nero, sostenendo che l’Occidente non ha rispettato i propri obblighi previsti in merito allo sblocco dell’esportazione di grano e fertilizzanti russi a fronte delle sanzioni occidentali.  E per scongiurare il probabile insorgere di una crisi alimentare a livello planetario nei paesi in via di sviluppo sarebbe pronta, dice, a sostituire con le proprie scorte il grano ucraino, gratis, soprattutto per i Paesi africani.

Saltato l’accordo sul grano

Ma il pretesto per l’uscita dall’accordo, ossia che non siano stati rispettati obblighi su fertilizzanti e grano russo, oltre al fatto che Kiev userebbe i corridoi navali per scopi militari, sono smentiti dai paesi occidentali ma Mosca tiene il punto: «La Russia ha adempiuto ai suoi obblighi e ha prorogato l’accordo più volte, nonostante il fatto che le parti dell’accordo che riguardavano la Russia non siano mai state attuate -ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov -Mosca tiene in grande considerazione gli sforzi e i tentativi del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di persuadere i Paesi europei ad adempiere ai loro obblighi previsti dall’accordo sul grano. Apprezziamo molto il ruolo di Guterres; apprezziamo i suoi sforzi di persuadere i Paesi europei ad adempiere agli obblighi che si sono assunti. Tuttavia, sfortunatamente, ciò non è avvenuto».

Anche la Cina scende in campo, con la solita prudenza, auspicando che «le parti interessate risolvano adeguatamente la questione della sicurezza alimentare mondiale attraverso il dialogo e le consultazioni- ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning, aggiungendo che la Cina «è pronta a intensificare la comunicazione e la cooperazione con le altre parti” per “contribuire alla sicurezza alimentare mondiale”

La preoccupazione per l’Italia

Lo stop all’accordo interrompe le spedizioni anche verso l’Italia, bloccando i 2,1 miliardi di chili di mais per l’alimentazione animale, grano tenero e olio di girasole arrivati dall’Ucraina nell’anno di attuazione dell’intesa. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga in riferimento all’impatto dello stop al patto Onu tra Ucraina, Turchia e Russia, sul transito delle merci nei tre porti sul mar Nero di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa. In particolare, sottolinea la Coldiretti, si tratta di 1,4 miliardi di chili di mais, 434 milioni di chili di grano, 100 milioni di chili di olio di girasole e altri cereali. «Il blocco delle spedizioni di cereali sul Mar Nero è preoccupante dunque soprattutto – continua la Coldiretti – per la forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui l’Ucraina contende all’Ungheria il ruolo di principale fornitore dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle dove i costi di produzione sono saliti alle stelle. L’Ucraina – continua la Coldiretti – garantisce invece quote più ridotte dell’import nazionale di grano che però durante l’accordo sono aumentate di oltre 5 volte rispetto all’anno precedente. Lo stop al passaggio delle navi cariche di cereali sul Mar Nero alimenta il rischio carestia in ben quei 53 Paesi dove. secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Un rischio anche per la stabilità politica proprio mentre – sostiene ancora l’organizzazione – si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia».

«Il rifiuto della Russia di estendere la Black Sea Grain Initiative danneggia milioni di persone affamate in tutto il mondo. Usare il cibo come arma è irragionevole. Esortiamo la Russia a invertire la rotta». ha detto il  Segretario di Stato Usa Antony Blinken. Sulla stessa line il presidente francese Emmanuel Macron: «Penso che la Russia abbia deciso di prendersi una grande responsabilità di fronte a molti Paesi» ponendo fine all’accordo sul grano ucraino. Penso ai Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e anche dell’Asia, che molto dipendono da questo accordo e che subiranno un impatto dalla decisione unilaterale della Russia. E, in secondo luogo, per quanti ancora abbiano ancora dubbi sulla sincerità del presidente Putin e sul suo impegno per il bene comune la risposta è molto chiara: ha deciso di usare il cibo come arma, e penso che questo sia un grande errore».

 

18 Luglio 2023
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