Julian Assange, via libera della Gran Bretagna all’estradizione
Julian Assange, via libera della Gran Bretagna all’estradizione. La ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha concesso questa mattina a Londra l’estrazione negli Stati Uniti di Julian Assange. Il via libera finale da parte della responsabile dell’Home Office britannico era considerato abbastanza scontato, nonostante negli ultimi mesi manifestazioni di piazza svolte praticamente in tutto il mondo hanno chiesto il no all’estradizione.
Julian Assange rischia una condanna pesantissima
Il via libera arriva dopo che la Giustizia del Regno Unito ha completato la procedura giudiziaria sulla vicenda dell’attivista australiano, fondatore di Wikileaks. Il quale, adesso, rischia una pesantissima condanna negli Usa per aver contribuito a diffondere tramite la piattaforma online documenti riservati. Documenti contenenti anche informazioni sull’operato delle forze americane in Iraq e Afghanistan.
Julian Assange ha due settimane per presentare ricorso
Assange, che compirà 51 anni il 3 luglio non verrà comunque consegnato immediatamente agli Stati Uniti. Ha a disposizione 14 giorni per presentare ricorso. Nel caso di un rigetto (quasi scontato), potrà provare a rivolgersi pure alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, organismo che fa capo al Consiglio d’Europa di cui il Regno Unito fa tuttora parte. Insomma, le speranze sono esigue, ma ci sono.
«Un giorno buio per la libertà di stampa»: in questo modo laconico Wikileaks ha commentato la decisione finale della Gran Bretagna. Il fondatore di Wikileaks è da oltre 1100 giorni nel durissimo carcere londinese di Belmarsh, alla periferia di Londra. Qui, nei mesi scorsi, ha avuto anche un ictus. Moltissime organizzazioni, tra cui Amnesty International, stanno lottando per il tuo rilascio.
«Il governo americano vuole mettere a processo un editore australiano in una corte di sicurezza degli Stati Uniti. Il rischio è di una condanna a 175 anni di carcere, in condizioni di tortura e isolamento. Semplicemente perché – ha più volte affermato la moglie Stella Moris – ha svolto il suo lavoro. Perché ha ricevuto vere informazioni sulle vittime e i crimini delle operazioni americane a Guantanamo, in Afghanistan e Iraq da Chelsea Manning e le ha pubblicate», ha denunciato Morris. Quest’ultima, ex avvocato di Assange, gli ha dato anche due figli.
Familiari e sostenitori avvertono il pericolo che il giornalista e hacker -possa togliersi la vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA