Kazakistan
11:29 am, 7 Gennaio 22 calendario

Decine di morti in Kazakistan, arrivano i carri armati russi

Di: Redazione Metronews
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Sono decine i morti, ma per gli insorti sarebbero centinaia, per la repressione messa in atto dal Governo del Kazakistan  per sedare i disordini che dal 2 gennaio infiammano il paese inizialmente a causa dell’aumento del prezzo del Gpl.  I numeri ufficiali dati dal governo parlano di 26 persone uccise nella repressione, 18 feriti e 3000 arrestati. Le autorità nelle scorse ore avevano reso nota la morte di almeno 18 agenti delle forze dell’ordine, due dei quali sono stati trovati decapitati, sempre secondo la versione ufficiale.

Il presidente del Kazakistan parla di eliminazioni senza preavviso

Parole durissime quelle pronunciate dal presidente kazakho Kassym-Jomart Tokayev, durante il suo discorso alla nazione, il terzo dall’inizio dei disordini, che ha dichiarato di aver dato l’ordine di aprire il fuoco sui “terroristi” per eliminarli senza preavviso. Nell’appello al popolo, Tokayev ha anche ringraziato il presidente russo Vladimir Putin per la risposta pronta e “fraterna” al suo appello riguardo l’invio delle forze di pace dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) di cui fanno parte Russia, Kazakista, Armenia, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan. Si parla di 3000 soldati russi giunti sul posto.

Livello rosso

Il Consiglio di sicurezza nazionale del Kazakistan ha decretato il livello “rosso” di massima allerta per possibili attentati terroristici. Ieri il ministero degli Esteri ha diramato un lungo comunicato, nel quale sostiene che quella che il Paese sta fronteggiando è “un’aggressione armata” condotta da “gruppi terroristici addestrati all’estero”: «Inizialmente le dimostrazioni sono iniziate nella regione di Mangistau, i cui residenti hanno chiesto una riduzione del prezzo alla pompa del gas di petrolio liquefatto. In risposta, per ordine del capo dello Stato, il governo ha prontamente assunto misure per ridurre i prezzi e ha introdotto una moratoria sui rincari per i prodotti alimentari, per i carburanti e per altri beni socialmente importanti. Tutti coloro che sono stati arrestati nei primi giorni della protesta sono stati rilasciati», sostiene il comunicato

Le proteste non si fermano

Le forze di sicurezza kazake hanno sgomberato la piazza principale di Almaty cacciando i manifestanti presenti. Le autorità kazake, hanno riportato le agenzie di stampa russe, hanno ripreso il controllo del palazzo comunale e della residenza presidenziale, dati alle fiamme dai rivoltosi. Ci sono ancora difficoltà ad accedere a internet. Questa mattina la televisione pubblica aveva riferito che l’accesso era stato ristretto per ragioni di sicurezza. Nel pomeriggio il web era tornato a funzionare, ma due ore dopo era di nuovo bloccato nella capitale Nur-Sultan e nella capitale finanziaria, Almaty.

La preoccupazione internazionale

Gli Usa hanno invece avvertito Mosca che vigileranno sul rispetto dei diritti umani da parte dei soldati russi. «Sorveglieremo anche che non ci sia alcun atto che possa gettare le basi per la presa delle istituzioni nel Paese», ha aggiunto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price. L’Onu ha da parte sua chiesto a tutte le parti in Kazakistan di astenersi dalla violenza.

Anche l’Italia esprime «grande preoccupazione per i gravi eventi che stanno avendo luogo in Kazakistan, Paese al quale è legata da rapporti di amicizia e da un solido partenariato economico» e rivolge «un forte appello affinché si metta immediatamente fine alle violenze, chiedendo il rispetto degli standard “dei diritti e di pluralismo fissati dalle Organizzazioni Internazionali». E proprio dall’Onu arriva l’appello a entrambe le parti a cessare l’uso della violenza. «Le persone hanno diritto alla protesta pacifica e alla libertà di espressione. Allo stesso tempo, i manifestanti non dovrebbero ricorrere alla violenza contro gli altri», ha detto l’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet.

Kazakistan, gigante energetico in crisi per i bitcoin

Delle cinque repubbliche dell’Asia centrale che hanno ottenuto l’indipendenza in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, il Kazakistan è di gran lunga la più grande e la più ricca. Si estende su un territorio delle dimensioni dell’Europa occidentale e si trova in cima a colossali riserve di petrolio, gas naturale, uranio e metalli preziosi. Ma una delle cause scatenanti, sia delle proteste che della situazione in cui si trova il Paese a livello energetico, sarebbero i Bitcoin. Infatti, da quando la Cina ha inasprito le sue politiche nei confronti delle criptovalute vietandone il mining, ossia l’estrazione attraverso vere e proprie megacentrali di computer che consumano molta energia,  molti miners, si parla di 88mila, si sono trasferiti sul territorio kazako per estrarle. Ciò ha portato ad una formidabile richiesta di energia.

7 Gennaio 2022
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