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3:44 pm, 11 Novembre 21 calendario
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Alice, l’allieva alter ego di Gazzola e la maternità difficile

Di: Antonella Fiori
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Alice ha attraversato lo specchio e dopo dieci anni, otto libri, tre stagioni televisive, è diventata grande. E se adesso Alice AlleviL’allieva – ha un rapporto stabile con il suo capo Claudio Conforti e vorrebbe mettere su famiglia, Alessia Gazzolala sua creatrice – ha una carriera formidabile di scrittrice, un marito, due figlie. «Alice? E’ il mio alter ego ma anche no» dice Gazzola che torna in libreria conLa ragazza del collegio” (Longanesi, p.320 euro 18,60) nuovo romanzo della serie “L’allieva”.

Ha scritto “L’allieva”, quando, come Alice Allevi, era specializzanda in medicina legale. Che periodo era?

«Complicato. Quando sei precaria da un lato desideri l’autonomia ma allo stesso tempo hai anche paura: avere qualcuno che ti guida e si assume la responsabilità può essere rassicurante anche se ti tratta come l’ultima ruota del carro. Inventarsi Alice, una specializzanda che si improvvisa detective, che mette il naso ovunque, esce dagli schemi, è stato un po’ uno sfogo».

Alice è sempre stata molto instabile nelle sue relazioni. Cosa è cambiato in questo romanzo?

«Come diceva Alberoni dall’innamoramento si passa all’amore. La sfida è stata raccontare una vita di coppia che non ha bisogno di tira e molla o terzi incomodi per funzionare. Alice è stata a New York con Claudio dove hanno convissuto per due anni. Hanno perso un bambino e c’è stata una crescita».

Alice riprova a diventare madre, non ci riesce e arriva a fissarsi tra cure ormonali e rapporti a comando.

«Io credo che la maternità non sia il coronamento della relazione, la condicio sine qua non una donna non è donna. Tuttavia Alice entra in un loop dove si infilano molte giovani donne e volevo far vedere come all’interno della coppia questo problema è vissuto e gestito».

In questi dieci anni lei si è sposata, ha avuto due bambine, ha cambiato città: da Messina a Verona. Ed è diventata scrittrice best seller. Come è riuscita a tenere insieme tutto?

«Non si sono riuscita. E proprio perché avevo paura che facendo tutto, mi riuscisse tutto male, ho messo in ordine le priorità. Al primo posto per me c’erano le bambine e riuscendo a fare della scrittura la mia attività ho rinunciato alla mia carriera di medico legale».

Questo libro è stato scritto durante la pandemia. Il momento più difficile?

«Il rapporto con le mie bambine. Quando sono stata chiusa in casa con loro è stata durissima. Ho capito che non potevo sostituirmi a tutte le figure di riferimento di cui hanno bisogno. C’è il proverbio africano che dice: per crescere un bambino ci vuole un villaggio».

Non una mamma?

«No, una mamma non basta, una mamma non può essere tutto».

 

11 Novembre 2021 ( modificato il 1 Dicembre 2021 | 20:54 )
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