Teatro e società
6:01 am, 4 Aprile 19 calendario

Elio: «La mia amata Opera corre gravissimi rischi»

Di: Sergio Rizza
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MILANO – Si è definito «un guitto prestato a una nobile causa, la divulgazione dell’opera». In realtà Stefano Belisari, milanese, classe 1961, in arte Elio, è qualcosa di più che un divulgatore: è un divulgatore intelligente, divertente e competentissimo. E appassionatissimo. A Metro, allarmato, dice: «L’opera è un prodotto dell’ingegno italiano, esportato in tutto il mondo. Dovremmo esserne orgogliosi, ma da noi non la conosce nessuno. Il suo pubblico è di nicchia e invecchia: i nostri teatri corrono un gravissimo rischio».
Ora, dal 9 al 14 aprile, porta a Milano, al Teatro Menotti, “Opera buffa! Il Flauto Magico e centro altre bagatelle”, uno spettacolo in cui lui, comico e istrione, ma anche eccellente baritono e flautista con tanto di diploma di Conservatorio, duetterà con un soprano (si alterneranno Laura Macrì e Scilla Cristiano) accompagnato dal trio Bellu-Puxeddu-Dindo, violino, violoncello e pianoforte.

Elio, è uno spettacolo rivolto ai più giovani?

«Era stato pensato per loro. In realtà, alla prova dei fatti, il pubblico che viene è spesso adulto.  Il successo è travolgente. Ieri sera, a Empoli, non mi lasciavano più andare via. Ed erano adulti. Il 99% di loro non è mai stato all’Opera. Alla fine, leggo nei loro sguardi la sorpresa: l’Opera non è la grandissima rottura di coglioni che credevamo! E per me è una soddisfazione enorme».

Com’è strutturato?

«La prima parte è dedicata a una narrazione del Flauto magico di Mozart. Nella seconda c’è una serie di arie da Mozart a Rossini a Offenbach. Chiudiamo col Duetto buffo di due gatti di Rossini».

Elio, qual è il tuo pubblico prediletto?

«I bambini, in assoluto. Mi fanno ridere. E poi sono il pubblico di domani».

I teatri d’Opera sbagliano qualcosa, secondo te?

«Sì. Sta accadendo un po’ come per l’ambiente. Non ci rendiamo conto del pericolo che corriamo. Io vedo un allarme rosso, per il teatro d’opera. Ha un pubblico di nicchia, che invecchia, come potrà sopravvivere senza un ricambio? Se si facesse un lavoro strutturato, si potrebbe creare un pubblico enorme. E lavoro. L’assurdità è che ogni giorno frotte di stranieri arrivano in Italia convinti di essere nella culla del Belcanto, invece non sanno che dell’Opera non frega niente a nessuno».

Per la verità, da tempo, un po’ tutti i teatri si stanno muovendo con opere “ridotte” e altre iniziative di divulgazione. Ma il punto è: in un Paese in cui, alle scuole medie superiori, l’educazione musicale è del tutto assente, la divulgazione basta?

«La divulgazione è necessaria, perché getta le fondamenta, il primo interesse, senza il quale crollerebbe tutto. Certo, non è sufficiente per tutelare un patrimonio simile, un prodotto italiano per eccellenza, poi».

L’opera è il nostro petrolio.

«Esatto! Non a caso si fanno, all’estero, e per esempio negli Emirati Arabi, grandi investimenti in teatri e stagioni».

O a Muscat, in Oman. Si affaccia anche l’Arabia Saudita. Avresti fatto entrare Riad nel Cda della Scala?

«Sicuramente non ho molta simpatia per lo scarso rispetto dei diritti, o delle donne. Ma non ne so abbastanza. Per fortuna faccio un altro mestiere».

La tua divulgazione che risultati ottiene? Puoi fare un consuntivo? Riesci a creare il pubblico di domani?

«Non ho riscontri precisi, non sono nemmeno in grado di ottenere un risultato del genere da solo. L’unico risultato che vedo è l’entusiasmo delle persone. Una pulce nell’orecchio, almeno, gliel’ho messa».

Elio, tu hai condotto per Rai5 venti puntate dedicate all’Opera italiana, hai portato nei teatri, con il regista Francesco Micheli, lo spettacolo “Opera Cantiere”, sempre con Micheli hai scritto un libro super eccentrico come “L’Opera è polvere da sparo”, e ora hai questo nuovo spettacolo: ormai fai questo, di mestiere.

«Da almeno un anno in qua, sì. Ma mi occupo di questo da vent’anni. Iniziai nel 1998, quando, al Rossini Opera Festival di Pesaro, Azio Corghi mi chiamò per inserire elementi “pop” della sua opera Isabella, ispirata all’Italiana in Algeri di Rossini. Ho anche recitato la parte di Rossini in un corto di Lina Wertmüller».

Importanti compositori hanno scritto opere di teatro musicale per te. Nicola Campogrande, per esempio. O Luca Lombardi. Altri progetti?

«Di Campogrande, con cui ho già fatto Tempi burrascosi, con l’orchestra dell’ORT, forse riuscirò a portare in scena l’anno prossimo, finalmente, il De bello gallico».

Lombardi invece ha scritto per te “Il re è nudo”. E poi?

«Con Lombardi stiamo portando avanti il progetto Minima animalia: lui scrive la musica, e io i testi, di arie su animali trascurati, come il moscerino, la zanzara, il criceto, il pidocchio…dovremmo arrivare a otto, per ora siamo a quota cinque».

E la regia d’opera?

«Mi attira, come tutte le cose nuove. Ma ci vado cauto. Me l’hanno anche già proposta, ma non mi sentivo pronto».

Chi ti ha chiesto una regia? E per quale opera?

«Me l’hanno chiesta da Novara, il “Coccia”, e da Livorno. Non per un titolo particolare. Certo, mi troverei bene con un Rossini. Vorrei cimentarmi, quando sarà il momento giusto, con uno come Francesco Micheli».

Elio, tu hai un figlio autistico. Lo sapevi che il Museo Teatrale alla Scala e la Fondazione Villa Santa Maria hanno realizzato uno studio pilota facendo assistere dei ragazzi autistici a una rappresentazione in forma ridotta del Flauto magico?

«Non lo sapevo, è un’iniziativa bellissima. Io però voglio dire, nella settimana dedicata alla sensibilizzazione sull’autismo, che c’è bisogno assoluto non di iniziative “spot”, ma di percorsi di cura strutturali, istituzionali, pubblici. Come del resto prevede la legge, inapplicata. Le famiglie oggi sono sole. Per questo invito tutti a sottoscrivere la petizione di Uniti per l’autismo su change.org».

SERGIO RIZZA
Twitter: @sergiorizza

4 Aprile 2019 ( modificato il 7 Gennaio 2022 | 16:06 )
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