MAFIA CAPITALE
10:28 pm, 20 Settembre 16 calendario

Mafia Capitale, il teste: “Minacce? Non mi risultano”

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Mio figlio non mi ha mai detto di essere stato minacciato da Carminati. Ma io non volevo che lo frequentasse». Protagonista dell’udienza di ieri del processo Mafia Capitale è stato Antonio Seccaroni, chiamato a testimoniare nell’aula bunker di Rebibbia dai legali di Massimo Carminati, Ippolita e Giosuè Bruno Naso. Secondo la procura, suo figlio Luigi Seccaroni, impiegato nell’autosalone di famiglia, sarebbe stato vittima di una tentata estorsione per non aver venduto un terreno a Massimo Carminati e Riccardo Brugia, un lembo di terra sulla via Cassia che Seccaroni non poteva vendere, in quanto di proprietà del padre, contrario alla cessione.
Nella ricostruzione dell’accusa, di fronte al rifiuto della famiglia Seccaroni, sarebbero nati i contrasti. «A noi ce serve – si legge in un’intercettazione del maggio 2013 – sennò ti mandiamo a fuoco tutto». Ma Antonio Seccaroni di queste indimidazioni al figlio non ha mai sentito parlare. «Mi aveva informato che Carminati aveva un interesse su quel terreno. Loro forzavano e cercavano di sollecitare l’intervento di Luigi nei miei confronti, che ero il proprietario. Ma non mi ha mai detto nulla di questa minaccia di incendio».
Più volte Antonio avrebbe consigliato a Luigi di non avere rapporti con i due. «Stai lontano, non ti i impicciare, gli avevo detto», anche se, secondo la deposizione resa sempre ieri in aula dai fratelli di Massimo Carminati, Sergio e Micaela, l’amicizia fra la famiglia del “Nero” e Seccaroni jr, avrebbe avuto radici profonde.  «Conosco Luigi da 18 anni – ha affermato Sergio Carminati, fratello di Massimo – da lui negli ultimi anni ho comprato cinque auto, mentre i parenti di mia moglie sei. Tre anni fa, mio fratello Massimo, che frequentava Luigi molto più di me, mi disse che si erano mandati a quel paese senza spiegarmi le ragioni. Non gli ho chiesto il perchè, mi diceva quello che voleva dirmi, quando voleva lui. Ma, nonostante questo, io ho continuato ad andare da Luigi per il tagliando della mia auto».
Secondo la linea della difesa di Massimo Carminati, quindi, la tentata estorsione nasconderebbe in realtà un semplice disguido tra vecchi amici, come aveva provato a spiegare anche il protagonista della vicenda Luigi Seccaroni. Proprio Seccaroni, ascoltato dai giudici il 21 marzo 2016, aveva tentato di sminuire il tenore delle minacce subite, prendendo le distanze dalle sue stesse dichiarazioni fornite in fase d’indagine. «In quel periodo ero depresso e mi sentivo frastornato. Ho interpretato male», aveva detto in aula. La sua versione dei fatti, tuttavia, non convinse del tutto i pm, che alla fine del suo intervento chiesero ai giudici della X sezione penale di aprire nei suoi confronti un procedimento per falsa testimonianza. (La deposizione di Luigi Seccaroni del 21 marzo 2016).
MARCO CARTA

20 Settembre 2016
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