6:01 am, 10 Gennaio 14 calendario

LE ARMI SIRIANE NEI PORTI ITALIANI

Di: Redazione Metronews
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Roma. L’unica cosa certa, per adesso, è il silenzio del ministero della Difesa. Mentre bisogna rincorrere le voci e le dichiarazioni sparse dei politici per capire in quale porto italiano faranno scalo le armi chimiche siriane che in queste ore stanno viaggiando a bordo di una nave danese dirette nel Mediterraneo, per la delicatissima  operazione sotto l’egida dell’Opac (l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche che ha ricevuto il Nobel per la Pace 2013). Ed è il capo della missione Onu-Opac Sigrid Kaag a confermare: «L’Italia ha messo a disposizione un porto».Settecento tonnellateIl carico (su due navi) consiste in 700 tonnellate di armi chimiche che saranno distrutte nel Mediterraneo a bordo di un’altra nave, la statunitenze Cape Ray, che dovrebbe arrivare tra il 24 e il 26 gennaio.“Aiuto italiano” Tra una nave e l’altra, i rifiuti saranno stoccati in un porto civile italiano, dopo il no dell’Albania. Ma dove? Cagliari e Brindisi hanno detto no. Le ipotesi più accreditate parlano della Sicilia e di Santo Stefano, l’isola sarda che fino al 2008 ha ospitato i sommergibili nucleari Usa. Mercoledì il presidente della Sardegna ha chiesto numi al governo. Prima di lui era intervenuto Giuseppe Bonanno, presidente dell’ente Parco. Proprio ieri è stata presentata un’interrogazione parlamentare al ministero della Difesa, a firma del senatore trentino della lega Nord Sergio Divina.Residui pericolosi Il problema non è solo lo stoccaggio dei rifiuti. Le armi chimiche, una volta caricate sulla nave Usa, saranno trattate con il Field Deployable idrolisi System, un sistema in uso dagli Stati Uniti, per lo smaltimento degli agenti chimici e installato sulla nave militare. È la prima volta che quest’operazione avverrà in mare aperto: l’Fdhs neutralizza gli agenti chimici mescolandoli con acqua e altri reagenti.
Come ci spiegano gli esperti di Geopoliticalcenter, il processo genera rifiuti chimici che devono essere trattati dal paese del porto di transito, cioè noi. Dove? A rompere il silenzio ci ha pensato non il nostro governo ma la società tedesca Geka, con sede in Bassa Sassonia, che ieri ha dato la disponibilità, confermata dal governo di Berlino, a distruggere i rifiuti chimici prodotti. il porto italiano – qualunque esso sia – a questo punto dovrebbe essere solo un mero transito di veleni. Dovrebbe.
(Stefania Divertito)

10 Gennaio 2014
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