Via Cesalpino, 70 persone senza un tetto dopo il maxi rogo
Via Cesalpino, 70 persone senza un tetto dopo il maxi rogo scoppiato questa mattina all’alba nel capannone in disuso.
Via Cesalpino, 70 persone senza un tetto dopo il maxi rogo
Erano una settantina le persone che vivevano nel capannone industriale in disuso in via Cesalpino, in zona Palmanova, andato a fuoco ieri notte. Tra queste – riferiscono all’Adnkronos gli attivisti della rete per il diritto alla casa “Ci siamo”, «abitavano anche “sette famiglie con bambini, una donna incinta, anziani, persone malate e con fragilità».
Sono tutti scappati quando verso le 4.30 di ieri mattina è scoppiato l’incendio. Qualcuno di loro nella fretta è riuscito a portare con sé documenti e qualche sacco con i propri averi, ma il più è rimasto all’interno: materassi, coperte, vestiti, farmaci e beni di prima necessità.
«Hanno perso quasi tutto», dicono gli attivisti, che dalle prime ore dell’alba hanno cercato di aiutare i tanti rimasti per strada con addosso solo gli abiti da notte. Domate le fiamme, i vigili del fuoco li hanno accompagnati uno alla volta all’interno per riprendere il poco che non è andato bruciato.
Tra le macerie fumanti tante bombole del gas
Sono state trovate anche diverse bombole di gas nel capannone, che fino a qualche anno fa ospitava i magazzini di una ditta del settore della plastica e degli uffici. Andate via le attività, lo spazio è stato progressivamente occupato.
Gli ultimi gruppi arrivati – raccontano gli attivisti della rete solidale – sono stati «gli abitanti sgombrati da via Esterle e da via Siusi. La maggior parte sono ragazzi africani, quasi tutti lavorano: riders, addetti alla sicurezza o impiegati in cucina. C’è anche chi va all’università.
Non gli piace vivere così, in 70 ammassati, avrebbero anche i mezzi per poter pagare una stanza in affitto, ma nessuno gliela vuole dare. Così come gli alloggi popolari», lamentano gli attivisti di “Ci siamo”, che quasi quotidianamente andavano nel capannone a offrire assistenza agli occupanti.
All’interno – raccontano – dei cartoni dividevano gli spazi destinati ai vari nuclei. Prima solo negli ex uffici abbandonati, poi con l’aumentare degli occupanti, anche nei magazzini al seminterrato, dove erano rimasti dei bancali.
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