Moda
5:00 am, 13 Settembre 24 calendario

Tantussi e Zanesi: «Mala Milano ovvero un’elegante ribellione»

Di: Patrizia Pertuso
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Enrico Tantussi e Davide Zanesi sono due imprenditori che, con Tino Stefanini, Osvaldo Monopoli e Renato Vallanzasca, ex della banda della Comasina, hanno creato il brand Mala Milano.

Di che si tratta?

Zanesi. «Mala Milano è un progetto sociale che ha l’obiettivo di raccontare la malavita milanese degli anni ‘70 non per i fatti di violenza noti alle cronache, ma focalizzando l’attenzione su quelli che erano i principi che hanno legato le batterie, nello specifico quella del gruppo Vallanzasca, della Comasina»

Cos’è una batteria?

Zanesi. «È il termine gergale per indicare la banda. L’idea nasce da Tino Stefanini: ci ha detto subito di aver avuto un passato di un certo tipo ma voleva dare un’opportunità ai ragazzi che si rovinano la vita perché lo sentono nelle canzoni o perché il tessuto sociale, l’ambiente dei social li spinge a fare determinate attività. Il messaggio nasce con l’idea di dire “non utilizzare l’arma, indossala”. Così, siamo andati a spolverare quei principi che negli anni 70 hanno tenuto insieme le batterie: l’amicizia, la lealtà e la fraternità. Parliamo di persone che hanno fatto più di 50 anni di carcere o che tuttora sono reclusi e che non si sono mai “traditi” tra loro».

Facciamo chiarezza su quello che si intende con “tradimento” e “valori”….

Tantussi. «Prima di tutto vorrei sottolineare che oggi Tino Stefanini è un uomo libero dopo aver scontato 50 anni di carcere; lo stesso discorso vale per Osvaldo Monopoli e le condizioni di Renato Vallanzasca sono tali per cui ci auguriamo che esca presto per potersi curare. Nessuno di loro è andato a raccogliere mazzolini di fiori, certo, ma tutti hanno pagato per quello che hanno fatto. Non dimentichiamoci che esiste un articolo della Costituzione che sancisce che il carcere dovrebbe puntare al reinserimento. Almeno così dovrebbe essere. Il tradimento a cui facciamo riferimento si collega al vissuto “comunitario” di queste persone, così come i valori che vogliamo riproporre. Nessun inno alla violenza, anzi. “Non usare le armi, indossale”, ripetiamo».

In questo progetto c’è una sorta di  “recupero lessicale” all’insegna dell’ironia…

Zanesi. «Il termine ironia è il termine più giusto. Siamo andati a cercare tutta quella terminologia, quelle abitudini, quelle situazioni tipiche degli anni 70 milanesi ormai obsoleti nella moderna Milano che piace a tutti, ma che ha perso le sue origini. Siamo partiti da qui per la parte creativa della linea d’abbigliamento riproducendo i termini che si usavano allora e li abbiamo accostati alle immagini».

Qualche esempio?

Zanesi. «Banalmente: la marmotta è la cassaforte, il biscione è l’Alfa Giulia degli anni ‘70, l’ananas è la bomba a mano.  Ripercorreremo quegli anni anche dal punto di vista dello stile e li confronteremo con quella che è la situazione attuale in cui il mondo social ha reso tutto più effimero e superficiale rispetto ai principi che esistevano allora. Lo faremo sia con degli eventi, sia con un canale di comunicazione che andrà a ripercorrere tanto il punto di vista di chi ha vissuto quel periodo quanto attraverso un discorso culturale che li accosterà ai messaggi musicali, a quelli dei social o alla violenza domestica che si vive oggi».

Tantussi. «Il nostro progetto ricalca un progetto di ribellione: noi diciamo “elegante ribellione”. Di fatto c’è un messaggio di ribellione non armata, non violenta, ma contro un sistema che probabilmente non va bene a nessuno o solo a pochi».

A proposito di ribellione, sul vostro sito riportate una frase di Martin Luther King: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”. Cosa pensate di cambiare con Mala Milano?

Zanesi. «L’obiettivo è quello di svegliare le coscienze della gente. Ci siamo accorti che tutto il mondo vive su concetti molto superficiali e ha perso quel  senso profondo d’appartenenza che c’era negli anni ‘70. Il nostro obiettivo è quello di creare una community nella quale affluiscano persone che fanno fatica a riconoscersi in questa grande superficialità».

Una comunità al posto dell’individualismo?

Zanesi. «Assolutamente sì, noi parliamo di batteria, non di Vallanzasca o di Stefanini come personaggi a sé».

Tantussi. «L’obiettivo di un risveglio sociale sarà anche pratico perché grazie ai messaggi di Tino pensiamo di poter aiutare le persone a non ricadere negli stessi errori. Lo faremo anche con la comunità carceraria alla quale siamo molto vicini: abbiamo intenzione di andare a lavorare con e per questi ragazzi attraverso le tante associazioni che se ne occupano».

 Sia leggendo il manifesto sul sito che poco fa avevate accennato a “messaggi violenti che nascono dalla musica”. A quali vi riferite?

Zanesi. «A tutto quello che è il mondo trap in generale, al fenomeno delle gang giovanili che anche e soprattutto a Milano sta tenendo banco. Non li mettiamo in croce, sia chiaro: ogni periodo storico ha avuto la propria musica e i propri messaggi, però quello che sta succedendo dimostra tanto disagio».

Come nascono queste magliette?

Tantussi. «Tutta la parte creativa di design e di comunicazione viene curata Davide e dal suo team. Poi, per la produzione fisica ci appoggiamo a terzi e quando possiamo coinvolgiamo aziende di proprietà di ex carcerati».

Su tutte le magliette c’è un proiettile avvolto da tre fili. Cosa rappresenta?

Zanesi. «È un concept abbastanza complesso. Abbiamo scoperto che quello che fa paura di un’arma non è tanto l’arma in sé ma la conseguenza e la conseguenza è il proiettile. Quei tre fili intorno rappresentano i valori che vogliamo veicolare: lealtà, fratellanza e amicizia».

Tantussi. «È come se questi messaggi avvolti attorno al proiettile lo frenino, è come se rimanesse intrappolato all’interno di quei valori».

Le magliette sono andate sold out in poche ore.

Zanesi. «Abbiamo fatto il primo lancio domenica scorsa, dopo una prima stampa con il passaparola e le abbiamo finite tutte. Poi, le abbiamo messe in vendita dal sito e son volate via in una mattinata. Abbiamo dovuto chiudere la vendita perché dobbiamo strutturarci per stamparne di nuove e gestire tutta la parte che riguarda un chip inserito al loro interno. Riapriamo il 15 settembre».

Tantussi. «Il rilancio del drop della prima maglietta, quella con il ferro riapre il 15, ma entro ottobre partirà il lancio di tutta la collezione urban street: non solo magliette ma anche felpe,  piumini e molto altro».

Cos’è questo chip che viene inserito sulle magliette?

Zanesi. «Lanciamo un tipo di prodotto che non c’è: sotto al proiettile, su ogni maglietta, viene inserito un chip brevettato da noi. Se gli si avvicina il cellulare si attiva una connessione verso uno spazio web dedicato a quella specifica maglietta. In questo spazio c’è una parte pubblica con i contenuti che noi costruiremo e veicoleremo, e una privata attraverso cui si possono scambiare messaggi».

Tantussi e Zanesi, al di fuori di Mala Milano, qual è una cosa che rimpiangete e una che condannate degli anni ‘70?

Zanesi. «Rimpiango sicuramente tutto l’aspetto culturale e musicale. Sono un design e il designer di quegli anni, soprattutto quello italiano, ha fatto la storia. Quello che condanno è l’ambiente violento che si viveva in quel periodo lì».

Tantussi. «Io rimpiango la capacità che avevano gli italiani di manifestare il proprio senso di ribellione che abbiamo completamente perso oggi. Per quanto riguarda la condanna, difficile dire qualcosa di diverso da Davide. Condanno sicuramente l’eccessiva manifestazione di violenza che c’era all’epoca».

PATRIZIA PERTUSO

13 Settembre 2024 ( modificato il 12 Settembre 2024 | 11:36 )
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