Per L’innocenza Kore’eda porta al cinema un puzzle di realtà
Premiato al Festival di Cannes 2023 per la Migliore Sceneggiatura firmata da Sakamoto Yuji, è arrivato al cinema L’innocenza (il titolo originale, Kaibutsu, vuol dire “mostro” tradotto nel titolo internazionale Monster) di Kore’eda Hirokazu, regista già premiato a Cannes nel 2018 con la Palma d’Oro per Un affare di famiglia e con il Gran Premio della giuria per Father and son.
La storia de L’innocenza di Kore’eda Hirokazu
La storia de L’innocenza ruota attorno ad un bambino di 11 anni, Minatoë (Soya Kurokawa), che vive insieme a sua madre Saori (Sakura Andō) rimasta vedova. Ad un certo punto, il piccolo comincia a comportarsi in modo strano: è triste e torna a casa dalla scuola sempre più avvilito. Tutto lascerebbe pensare che il responsabile sia un insegnante, Hori, (Eita Nagayama). Così la madre si precipita a scuola per scoprire cosa sta succedendo. Ma la verità, come spesso accade nei film di Kore’eda, si rivelerà essere un’altra e i fatti sveleranno una profonda e toccante storia di amicizia e non solo.
I temi cari al regista giapponese
Anche in questo caso tornano i tempi cari a Kore’eda Hirokazu che punta sull’infanzia e sulla decostruzione del nucleo familiare che si ricompone oltre i vincoli di sangue, ma anche sull’abbandono, sull’identità di genere e sul crimine.
Il racconto ne L’innocenza diventa un puzzle di realtà
L’innocenza, ventiseiesimo lungometraggio del regista giapponese, primo a non avere una sceneggiatura scritta da lui, racconta la stessa storia vissuta da più punti di vista come un puzzle di realtà, rinunciando alla narrazione lineare: dopo l’immagine di un grosso edificio in fiamme che ospita una casa “per soli adulti”, la vicenda viene raccontata prima dagli occhi della madre, poi da quelli dell’insegnante e, infine, dal giovanissimo protagonista che interpreta Minato. Accanto a lui, un suo compagno di scuola, Eri (Hinata Hiiragi), che sembra un po’ un folletto.
La collaborazione di Kore’eda con il Premio Oscar Ryuichi Sakamoto
Questa struttura, che strizza l’occhio a Rashōmon diretto nel 1950 da Akira Kurosawa, gode di un paio di collaborazioni di tutto rispetto. A partire da quella con il Premio Oscar Ryuichi Sakamoto che, per L’innocenza, ha composto la sua ultima colonna sonora: è scomparso due mesi prima dell’uscita del film, il 23 marzo 2023.
Kore’eda ha avanzato la sua richiesta a Sakamoto il quale aveva risposto di non avere energia a sufficienza per realizzare tutta la colonna sonora. Tuttavia, c’erano un paio di melodie che si erano formate nella sua mente. Così, la colonna sonora comprende due brani nuovi che Ryuichi Sakamoto ha composto appositamente per L’innocenza, oltre quelli dai suoi precedenti album, compreso il suo ultimo, “12”.
«Se Ryuichi Sakamoto avesse respinto la mia richiesta – racconta il regista -, avrei dovuto cambiare il concetto fondamentale della mia regia. Sono entusiasta del fatto che l’uomo di cui rispetto musica e altre attività abbia fornito le sue musiche per questo film».
«La collaborazione che avevo sognato per molti anni si è finalmente avverata – prosegue Kore’eda -. Questa volta, non avevo in mente un tipo di musica particolare perché non avevo scritto io la sceneggiatura. Ma durante le riprese e il montaggio ascoltavo la musica per piano di Ryuichi Sakamoto nella mia camera d’albergo e ho pensato che non avrei potuto fare questo film senza questa musica. La sua colonna sonora è una parte importantissima del film: è riuscito a recuperare suoni materiali per poi svilupparli nella musica».
L’innocenza gode della sceneggiatura di Sakamoto Juji che ne co-firma il copione
L’altra collaborazione che rende questo film un vero “gioiello” è quella con lo sceneggiatore Sakamoto Juji, che co-firma il copione.
Nelle note di produzione del film, Kore’eda descrive così l’essersi sentito accomunato ai temi espressi dalle sceneggiature di Juji: «Era come se inalassimo la stessa aria ma la esalassimo diversamente. Abbiamo coordinato il nostro respiro». E la coordinazione di cui parla il regista è arrivata a modificare anche il lavoro con gli attori: stavolta, a differenza delle altre, tutti hanno dovuto seguire alla lettera la sceneggiatura.
«Lo stile dei dialoghi – spiega Kore’eda – era diverso dalle mie sceneggiature e i protagonisti erano più complicati per cui ho pensato di dover cambiare il modo in cui i bambini entravano nel loro personaggio. Ho preso in considerazione approcci diversi: mi sono reso conto di qualcosa di importante, che era il modo in cui memorizzavano le loro battute. Durante i provini, ho cercato di insegnare loro verbalmente le battute come facevo prima ma sembrava come se Kurokawa Soya e Hiiragi Hinata si trovassero più a proprio agio nel leggere la sceneggiatura prima di interpretare il proprio ruolo. Non cerco di imporre il mio metodo ad ogni attore, ognuno ha il proprio modo di rendere l’interpretazione migliore, e questa volta ho pensato che sarebbe stato meglio far leggere loro il copione in anticipo. Credo che alla fine sia andata bene».
PATRIZIA PERTUSO
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