Nanni Moretti racconta il suo “Ecce bombo” che sarà a Venezia 81
Un “classico” del cinema italiano in versione restaurata verrà proiettata domenica primo settembre, alle 14, nella Sala Corinto del Lido di Venezia: si tratta di “Ecce bombo” di Nanni Moretti che sarà presente alla 81esima Mostra del cinema di Venezia con il suo “gioiellino” del 1978.
In uno scritto pubblicato per il dossier del Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale che ne ha curato il restauro, il regista romano si racconta.
Nanni Moretti: “Ho cambiato idea, è stato un onore raccontare una generazione”
“Fin dai miei esordi – scrive – è stato detto che io avrei raccontato con i miei film un’intera generazione. In quegli anni ero insofferente a questa lettura, che ritenevo troppo sociologica e poco attenta a come i miei film venivano realizzati. In poche parole, mi sentivo trascurato come regista e invece considerato una specie di portabandiera dei giovani. Bene, ho cambiato idea. Se davvero con i miei film sono riuscito a raccontare una generazione, i suoi desideri, i suoi inciampi e le sue paure, beh, considero questo fatto una fortuna, un privilegio e un onore”.
“In Ecce bombo la parodia di una mia esperienza con un gruppo di autocoscienza”
Nel film, ricorda Moretti, “c’è la parodia di un’esperienza che avevo fatto nel 1974: un piccolo gruppo di autocoscienza maschile (all’epoca non li faceva nessuno). Eravamo cinque e avevamo in comune tre cose. Uno: avevamo fatto politica nei gruppi della sinistra extraparlamentare. Due: avevamo smesso di fare politica, delusi da quell’esperienza. Tre: avevamo relazioni sentimentali con femministe. Quelle nostre riunioni durarono pochi mesi. Mentre scrivevo e giravo il film, ero consapevole di raccontare una piccolissima porzione di giovani, sapevo che i personaggi e l’ambiente che mettevo in scena erano una parte di realtà molto piccola e circoscritta. Il film inaspettatamente ebbe successo e ci fu una corsa all’immedesimazione con i personaggi e il clima di ‘Ecce bombo’. Il film piacque anche a spettatori molto lontani dai personaggi del film: spettatori diversi per estrazione sociale, età, anche idee politiche”.
“Mai preoccupato di eventuali strumentalizzazioni della destra”
Moretti chiarisce poi che “assolutamente non mi preoccupava la possibilità che un film ironico e critico sulla sinistra potesse essere strumentalizzato dalla destra: fin dai miei primi cortometraggi in super8 ero per ‘lavare i panni sporchi’ in pubblico, non in famiglia. Sono stato sempre contrario alla politica stalinista della doppia verità, e cioè che tra di noi, in privato, ci diciamo le cose che non vanno e poi in pubblico invece dobbiamo apparire monolitici”.
L’incontro tra Nanni Moretti e Mario Gallo
Nello scritto Moretti racconta che dopo le proiezioni di “Io sono un autarchico” (1976) al cineclub Filmstudio di Roma, suo esordio alla regia di un lungometraggio, “si fecero vivi molti produttori per propormi dei film. Dopo vari incontri, rimasi indeciso per un po’ di tempo tra Franco Cristaldi e Mario Gallo. Alla fine preferii Gallo: mi sembrava che lì ci fosse un’atmosfera più familiare e adatta a me. La produzione di Gallo si chiamava Filmalpha, ma aveva appena fondato anche un’altra società, Alphabeta, insieme a tre attori: Flavio Bucci, Michele Placido e Stefano Satta Flores. Questi attori, stanchi di essere scelti dai registi e da sceneggiature ideate da altri, volevano ribaltare il meccanismo: volevano essere loro a scegliersi i personaggi e le storie da interpretare. Bellissima idea, però alla fine l’unico film che produssero fu ‘Ecce bombo’, in cui non recitavano perché non c’era un ruolo per loro…Peccato, perché era una bella idea produttiva”.
“Per Ecce bombo non feci nessun provino, non li avevo mai fatti”
Per “Ecce bombo” Moretti non fece nessun provino: “Non li avevo mai fatti, era tutto nuovo per me, non avevo idea di quanto potessero essere utili. E poi mi imbarazzavo all’idea di fare un esame agli attori (dal film successivo ho cominciato a fare provini e non ho più smesso). Gli agenti cinematografici giravano con degli album con grandi foto in bianco e nero 18×24: le facce che mi sembravano più interessanti le incontravo. Un giorno andai a trovare il mio amico regista Peter Del Monte e gli feci vedere un po’ di queste foto. Dentro di me avevo già scelto l’attrice che avrebbe interpretato ‘giro, vedo gente, mi muovo, conosco…‘, ma lui, appena vide la foto di Cristina Manni disse: ‘Lei è una faccia giusta per un tuo film!’. Allora cambiai idea e presi lei. E fu una fortuna per me e per quel personaggio, perché lei si rivelò bravissima e molto giusta per quel ruolo”.
“Mi piaceva l’uso ‘brechtiano’ della macchina da presa”
“Peter Del Monte – prosegue Nanni Moretti – mi suggerì anche con decisione di girare con il suono in presa diretta, nonostante in Italia ci fosse da decenni l’abitudine di doppiare sempre i film. Mi piaceva molto l’uso – allora avrei detto: brechtiano e non naturalistico – della macchina da presa fissa che utilizzavano i fratelli Taviani. E così sul set, rigidamente ed esageratamente, vietavo all’operatore zoom, panoramiche o anche piccoli aggiustamenti di macchina. Mi pare che in tutto il film ci siano solo due movimenti, due carrelli indietro. Mentre giravamo, Lina Sastri – che interpretava una ragazza schizofrenica – mi chiedeva spiegazioni sul suo personaggio, sul perché stava male, cosa le era successo prima di ammalarsi, prima della storia che il film racconta…Io le dicevo di non preoccuparsi assolutamente di quegli aspetti e di limitarsi a recitare i dialoghi, e i silenzi, nel modo che a me sembrava più giusto. Oggi, dopo tanto tempo, penso di essere un po’ più vicino alle fragilità e alla sensibilità degli attori”.
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