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9:27 am, 2 Marzo 24 calendario
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Ricerca sull’empowerment femminile in Italia

Di: rumorsmetro a cura di ACS
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Sono state condotte diverse ricerche sul tema della parità di genere e la condizione femminile. Questa ricerca, nel suo piccolo, prova ad andare oltre il racconto dei classici vincoli delle disparità di genere (purtroppo esistenti), raccogliendo anche le storie positive riguardo l’empowerment, con l’obiettivo di definire ipotesi sulle condizioni non solo della parità di genere, ma anche quelle di pieno sviluppo delle potenzialità femminili, per le donne e per la società intera.

Il team di ricerca

La ricerca è stata condotta da Research Dogma, un istituto con forte specializzazione sui temi human capital, nato 3 anni fa per offrire ad imprese ed istituzioni un supporto – basato sugli strumenti della ricerca sociale – più orientato alle strategie ed al problem solving. Il team che ha seguito la ricerca è composto da ricercatrici e ricercatori senior provenienti dalle migliori esperienze italiane ed internazionali.

Gli obiettivi della ricerca

La ricerca ha esplorato l’opinione della popolazione femminile italiana di età fino a 55 anni riguardo la condizione femminile in generale e riguardo gli elementi che consentano alla popolazione femminile una piena auto-realizzazione, definita per brevità dal concetto di empowerment.
In questa prospettiva, la ricerca ha esplorato l’opinione delle donne sui grandi temi della parità di genere, condizione necessaria per la piena realizzazione del potenziale femminile.

Ma ha provato ad andare oltre, ragionando con le donne oltre il tema della loro difesa, affrontando anche i temi della piena autorealizzazione e auto-determinazione della donna come persona e come portatrice di uno specifico femminile: le condizioni, gli ambiti sociali fondamentali per l’esercizio del protagonismo femminile, i soggetti sociali e le istituzioni a supporto del percorso.

La metodologia

Universo: popolazione femminile 18-55 anni (quindi le fasce di popolazione femminile più attiva, lavorativa e non lavorativa)
Campione: nazionale e rappresentativo per quote di territorio, ed età. Dimensione del campione: 500 casi. Questionario strutturato. Interviste CAWI, rilevazione febbraio 2024.

A latere del campione nazionale di donne è stato esplorato, su un medesimo questionario, un campione di donne impegnate in posizioni professionali medio-alte del terziario (dalle consulenti finanziarie alle agenti di commercio, a professioniste ed imprenditrici). Lo scopo: completare l’analisi con un mirroring sulle altre professionalità femminili e comprendere meglio la relazione fra empowerment femminile, attività e ruolo professionale. Questo secondo campione ad oggi è ancora in fase di rilevazione.

L’empowerment femminile ed i suoi vincoli

Il tema dell’empowerment femminile è molto sentito dalle donne ma non da tutte con una convinzione ed una azione attiva e continua. L’empowerment della donna viene principalmente legato a tematiche di difesa e di protezione e meno spesso alle tematiche di sviluppo positivo e di autoaffermazione.

Ma quando le donne ragionano sull’importanza delle azioni e sulle loro aspettative, le aspettative si rivolgono soprattutto alle tematiche positive orientate non solo alla difesa ma anche alla realizzazione delle potenzialità.
Le tematiche di realizzazione ed auto- realizzazione sono particolarmente forti e prevalenti negli ambiti di azione sociale della donna, ad esempio l’azienda ed il lavoro.

I soggetti che dovrebbero agire per supportare l’empowerment sono innanzi tutto le istituzioni, poi il mondo del lavoro e la scuola. Per la metà delle donne, anche la donna deve essere protagonista. Ma il bicchiere pare mezzo pieno: il rischio è quello che si deleghi ad altri il proprio empowerment, assumendo una posizione tendenzialmente passiva e per definizione poco protagonista. Il protagonismo femminile… richiede protagoniste.
Accettare questo principio significa rivolgere una parte significativa delle “politiche attive” e delle sensibilità sociali che le accompagnano, in una direzione che supera la “semplice” difesa della donna.

Anche l’orizzonte della parità di genere (per definizione un tema «difensivo») viene considerato raggiungibile in «pochi decenni». Di per sé la prefigurazione è ragionevole, ma può nascondere un sistema di aspettative abbastanza fragile ed esposto alla naturale evoluzione della società. forse ci si potrebbe dare obiettivi più sfidanti?

Rinforzare l’autostima femminile, una via verso l’empowerment?

Usando un classico test OCEAN (o Big Five, come spesso viene definito dalla letteratura sui test di personalità), le donne si descrivono – mediamente- come organizzate, curiose ed empatiche. on tutte si dicono espansive e socievoli ed una minoranza non marginale si ritiene spesso a disagio, in ansia e stressata.

Il test di personalità su una intera popolazione dice poco, ma ci ricorda comunque alcuni elementi caratteriali che richiamano fortemente tratti di intelligenza emotiva, che spesso sono associati al mondo femminile.

Ma i tratti caratteriali descritti non sembrano così robusti da determinare – almeno per tutte le donne – una autostima elevata, di sé e degli obiettivi che ci si è posti e ci è realizzato nella vita.

Il tema dell’empowerment personale e di una migliore finalizzazione delle doti caratteriali all’autorealizzazione appare un tema aperto ed una prospettiva di supporto importante che merita attenzione sia dal mondo delle istituzioni, della formazione e delle stesse aziende.

Il test, pur nella sua approssimazione, e gli indicatori di autostima femminile ci segnalano però un aspetto importante: analizzando donne che lavorano (qualsiasi lavoro) e donne che non lavorano , le donne che lavorano sembrano avere livelli di autostima e di personalità ben pi strutturata delle loro colleghe non-lavoratrici. Il lavoro si conferma anche oggi il “luogo” sociale – concreto e simbolico – nel quale l’empowerment della donna ha terreno pi fertile, malgrado gli oggettivi limiti ancora da superare.

Nelle donne per fortuna non manca la tenacia e la voglia di superare gli ostacoli posti dalla società o da una ancora incompleta piena consapevolezza di sé e dei propri mezzi.
In ogni caso, un aiuto esterno sembra opportuno ed è apprezzato. Un aiuto che per fortuna una società sana riesce anche ad offrire (anche se da diffondere e rinforzare) come vedremo nel prossimo paragrafo.

Le storie di empowerment: i racconti delle donne

Non sono tante le ricerche che provano a raccogliere le esperienze positive delle donne, soprattutto su base di campioni nazionali statisticamente affidabili. Lo scopo è duplice: capire se e quanto sono diffuse “best practice” sociali di supporto alle donne e capire di che tipo sono e come funzionano (per poterle nel caso diffondere e sostenere attraverso vere e proprie “politiche attive”). Sono molte le donne – per fortuna – che raccontano di essere passate da diverse esperienze positive che hanno contribuito ad alzare consapevolezza ed auto-stima, ma, come visto, ne servono molte di più.
Le storie e le esperienze positive che una società sana deve saper creare e sviluppare si svolgono soprattutto nei luoghi sociali pubblici: il lavoro e la scuola, anche se il coté privato è molto importante.
I fattori chiave (che devono essere sviluppati in tutto il percorso di crescita): la determinazione assieme all’equilibro (stare bene con sé stesse)e la creatività. e necessario anche la capacità di gestire il conflitto.
I soggetti partner di questo percorso «educativo» di realizzazione e consapevolezza: la famiglia, il gruppo delle amiche colleghe, ma un ruolo non marginale lo hanno anche gli uomini: compagni, padri, amici, colleghi e capi.

Il risultato di questo percorso, quando le storie positive si producono: una nuova consapevolezza di sé, che genera immediatamente un livello maggiore di autostima e di aspettative, di poteri e responsabilità nella propria auto- determinazione (e richiesta di diritti alla società).

L’autonomia economico finanziaria: un elemento importante nelle storie di empowerment

L’autonomia economico e finanziaria è una delle condizioni indispensabili per non accettare uno status dipendente da altri o da condizioni esterne. on tutte le donne possono dire di averla raggiunta, ci ricorda la ricerca. Ma chi l’ha raggiunta, anche solo parzialmente, dimostra di aver fatto un importante passo avanti nella auto-realizzazione e nell’autostima.

Se l’indipendenza economica è importante, altrettanto lo è l’indipendenza e l’empowerment finanziario, ovvero la capacità di leggere ed interpretare i propri bisogni di gestione del denaro in una prospettiva non solo basata sui consumi, sull’oggi, ma anche sulla capacità di far rendere e proteggere i propri risparmi.

In questo il mondo femminile della prudenza e del risparmio, ma questo mondo fatica ad elaborare una progettualità finanziaria dotata di maggior respiro, nelle soluzioni, come nella valorizzazione del supporto dato da un buon consulente finanziario (o consulente finanziaria).
I temi di educazione finanziaria alle giovani ed alle donne adulte, ma anche la capacità del sistema finanziario e della consulenza di parlare alle donne con linguaggi e sensibilità vicine alle loro esigenze rappresentano una parte importante del processo di empowerment, presente e futuro.

Un commento finale, al femminile (dalle ricercatrici del team)

L’empowerment femminile nella visione delle donne rappresenta un fattore chiave per impattare positivamente sulla società, sul futuro, sul mondo del lavoro. Un circolo virtuoso: migliorando l’empowerment, migliora tutto il resto.
Ciò detto, la ricerca mostra come le donne non sono ad oggi una «compagine» compatta, bensì polarizzata e attraversata anche da ambivalenze.

Ad un estremo troviamo infatti una fascia di donne che si vivono come una parte sociale attiva, affrancate (almeno in certi ambiti), dal tema sociale del patriarcato, e che è portatrice di una spinta in avanti propulsiva; dall’altro, una fascia di donne che si percepisce fragile, «inadeguata» e che fatica a riconoscersi la possibilità di far sentire la propria voce, attendendo che siano altri a fare da cassa di risonanza.

Se i supporter dell’empowerment sono soprattutto le persone della rete primaria, un cambio di passo culturale deriverà probabilmente dall’affermazione progressiva delle nuove generazioni, con le loro nuove istanze più orientate all’inclusione e alla diffusione del lavoro portato avanti da alcune aziende (es. congedo di paternità obbligatorio). Ma ciò richiede un tempo lungo, nel corso del quale si perderanno delle opportunità. E ciò va evitato. Il tema centrale è facilitare la presa di consapevolezza delle donne (il «io valgo» usato in comunicazione), aiutarle a sviluppare fiducia in sé stesse, nelle proprie capacità. Tutto ciò che contribuisce a favorire questa presa di coscienza va promosso. In una logica che non esclude assolutamente gli uomini, ma li vede alleati. Non è la contrapposizione ciò che serve. Le donne stesse ci dicono che si va avanti meglio insieme, con l’altra metà del cielo.

Tale consapevolezza ad oggi trova un terreno fertile nel luogo di lavoro, poiché è quello dove più frequentemente le donne possono esprimere abilità, competenze e quindi scoprire quel senso di autoefficacia che sostiene l’autostima. costruirsi una indipendenza economica, seppure magari parziale, ma fondamentale per esercitare libertà di scelta. Un altro campo di gioco che vede le donne in partita, è la famiglia che si sono create, grazie ad una probabile revisione dei ruoli tradizionali.

Ma occorre fertilizzare anche la società. Non tutte le donne lavorano; non tutte le donne riescono a capitalizzare l’esperienza lavorativa. Relativamente poche ancora le donne che trovano nella loro nuova famiglia il luogo dove sviluppare consapevolezza.
Ben venga quindi il «movimento spontaneo» rappresentato ad es. da film quali « ’è ancora domani» e influencer e testimonial che espongono in prima persona le loro difficili storie. Ben vengano le donne che fanno da tedoforo in tante associazioni ed organizzazioni impegnate a lavorare sull’autostima del mondo femminile.

Questo non vuol dire certo sminuire le tante iniziative sociali di natura più istituzionale, a difesa delle donne e delle pari opportunità. Non si può pretendere di trasformare Davide in Golia, e quindi rappresentano un must della società civile.
Ben venga la proposta dell’introduzione dell’”educazione sentimentale” a scuola che segue la logica dell’alleanza e della sensibilizzazione a tutto tondo. Ben venga la moltiplicazione delle case protette per donne maltrattate che, attraverso l’apprendimento di una professione possono reintegrarsi nella società.

Ben vengano esempi come la massiva campagna TV sul 1522 del centro antiviolenza e stalking, e, collegata, la collaborazione appena nata della Città Metropolitana di Milano con note marche di Fast Food per inserire nei bagni di tutti i punti di ristorazione il medesimo numero di soccorso. Oltre a dare un punto di riferimento importante a cui rivolgersi e offrire solidarietà, il messaggio cerca di promuovere consapevolezza, sottolineando che le donne in difficoltà non sono sole.

È più che auspicabile che questi due «filoni» si moltiplichino e riescano ad intercettare le donne che ancora si sentono marginali, sollecitandole, fornendo dei grip, ed anche gli uomini. Poi chiaramente sta anche alle donne coglierli (così come agli uomini).

© Research Dogma 2024

in collaborazione con Enasarco

2 Marzo 2024 ( modificato il 2 Aprile 2024 | 22:52 )
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