Caso Pifferi: «Alessia era ed è capace di intendere e di volere»
Alessia Pifferi «è capace di partecipare coscientemente al processo» e «al momento dei fatti era capace di intendere e di volere». Lo scrive lo psichiatra forense di Torino, Elvezio Pirfo nelle 126 pagine di perizia psichiatrica redatta insieme alla collega Chiara Bele, sulla 38enne, imputata per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana di 18 mesi, abbandonata in casa una settimana a Milano nel luglio del 2022 e morta di stenti.
«Alessia Pifferi era ed è in grado di intendere e di volere»
Secondo il perito, incaricato dalla Corte d’assise di Milano, la donna «non è stata né è affetta da disturbi psichiatrici maggiori» e «non è portatrice di gravi disturbi di personalità». La «motivazione principale» che muove Alessia Pifferi è quella di «assecondare i suoi bisogni di donna e non i suoi doveri di madre, poiché ella sente e vive come prevalente la donna rispetto alla madre», si legge nella perizia psichiatrica.
«Nessuna empatia e cordoglio verso sua figlia»
«La stessa lucidità c’è d’altronde oggi – prosegue la perizia – ed è stata perfettamente dimostrata. Nei colloqui peritali l’attenzione (di Pifferi, ndr) è stata costantemente viva e pronta a recepire le domande e rispondere in base a quanto ritenuto più utile, ma non è stata in alcun modo diretta ad una anche minima attestazione di reale empatia e cordoglio verso sua figlia, morta in modo tanto orribile».
Le valutazioni testistiche su Alessia Pifferi «sono inattendibili»
Inoltre, scrivono ancora Pirfo e Bele, «le valutazioni testistiche da cui derivava l’ipotesi di una disabilità intellettiva» di Alessia Pifferi non sono «state effettuate secondo una metodologia corretta e risultano inattendibili». Secondo il perito della Corte d’Assise di Milano «lo studio già eseguito sulle capacità cognitive» della donna in carcere e «comprensivo del monitoraggio e dei colloqui che hanno preceduto la somministrazione del test di Wais» per misurarne il quoziente intellettivo «non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento e alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici e quindi l’esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell’imputata per come emergono dagli ulteriori atti del procedimento e dall’osservazione peritale. Non è possibile dare una valutazione compiuta» sulla «induzione o suggestione» della 38enne, si legge ancora nella perizia di Pirfo e Bele.
Le psicologhe di SanVittore indagate per quei test
Le psicologhe di Pifferi a San Vittore sono indagate per favoreggiamento e falso dal pm Francesco De Tommasi per quei colloqui e test, somministrati in cella. Secondo il consulente della Corte non è possibile stabilire se la donna sia stata indotta a fornire una certa versione della morte della figlia Diana, di 18 mesi, «in assenza di video-audio registrazioni dei colloqui e degli accertamenti testistici e disponendo di soli aggiornamenti sintetici».
La perizia verrà discussa alla prossima udienza del processo per omicidio volontario pluriaggravato del 4 marzo.
Alessia Pifferi si era dichiarata come «il pulcino nero di casa»
Il 6 dicembre 2023, Alessia Pifferi avevano risposto ai consulenti della Corte d’assise di Milano, incaricati di svolgere su di lei una perizia psichiatrica affermando: «Sono una bambina cresciuta in famiglia solo che sono sempre stata il pulcino nero di casa». Il verbale di sintesi del colloquio è stato allegato alle 126 pagine di relazione di Pirfo. Alla prima domanda rivolta dallo psichiatra forense per sapere se fosse a conoscenza del perché è stata sottoposta a perizia, la donna ha risposto: «per quello che è successo, per la perdita di mia figlia. Dire se in quel momento, quando ho lasciato la bambina ero lucida o non ero lucida, ho capito questo».
La ricostruzione dell’abbandono della figlia di 18 mesi
Ripercorrendo quello che era accaduto quando aveva abbandonato la figlia, Alessia Pifferi aveva affermato: «Era come se la mia mente si annullava dal ruolo di mamma quando invece io ero una mamma protettiva che stava sempre con sua figlia, tant’è che mia figlia veniva anche in bagno con me. Succede che anziché tornare a casa l’indomani i giorni si prolungano (la bimba è stata lasciata a casa da sola per sei giorni, ndr). Perché la mia mente aveva come dimenticato il ruolo di essere mamma, si era come spenta verso la bambina».
La difesa di Pifferi: «Con questa perizia è ergastolo. Confido nella Corte d’Assise»
La donna, imputata per omicidio aggravato, dalla sua cella affida un messaggio al suo difensore, Alessia Pontenani: «Non sono un’assassina. Voglio che esca la verità». E Pontenani, dal canto suo, afferma: «Con questa perizia è ergastolo sicuro. Ma confido nella Corte d’Assise. Ritengo che il clima sia ormai viziato dal fatto che il pm ha indagato me e le psicologhe, cosa che ha intimorito tutti».
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