Mèdèe alla Scala un ritorno e tante novità con Michieletto
Torna Mèdèe di Luigi Cherubini al Teatro alla Scala con una novità. L’opera, infatti, è diversa da quella andata in scena oltre 60 anni fa, con l’immensa Maria Callas. Anzitutto per la lingua: sarà nella versione originale francese. Diversa per la partitura che sarà eseguita integralmente e per lo stile. Per non parlare della scelta del regista, Damiano Michieletto, di dare spazio ai figli di Mèdèe, con i loro «pensieri», di farli dialogare, anche se brevemente, in modo quasi sussurrato. Sul podio il direttore Michele Gamba, con sette produzioni scaligere alle spalle.
Il nuovo allestimento è in scena dal 14 gennaio con Marina Rebeka e Stanislas de Barbeyrac protagonisti e sarà ripreso da Rai Cultura per essere trasmesso da Rai 5 (diretta radiofonica il 14, cui seguirà la differita televisiva). Come spiega Michele Gamba: «Mèdèe è un grande fregio classico. La difficoltà è resistere alla tentazione di romanticizzare una scrittura che è snella e sottile. La sfida con quest’opera è cercare di ritrovare un suono vicino a un contesto che sia quello del classicismo». «Eseguiamo la versione originale, senza i recitativi di Lachner – precisa il maestro –. I numeri musicali rimangono integri, secondo le indicazioni del compositore presenti sulla partitura autografa e sulle parti utilizzate alle prime di Parigi e Vienna. L’intento è aderire al dettato di una partitura già di per sè iperbolica nella scrittura, resistendo alle sirene dell’ipertrofismo retorico».
La Mèdèe 60 anni dopo
La storia di Mèdèe è soprattutto quella di un infanticidio. «Ecco perché per me era abbastanza immediata l’idea di dare più presenza ai figli – spiega Michieletto – che nel testo, sono in scena ma non parlano».
Eppure, per il regista sono figure principali, hanno rapporti con tutti i personaggi. «Tutto ruota attorno a loro, mi sono detto. Allora ho deciso di dargli più importanza. Al posto dei dialoghi recitati tipici della forma opèra-comique di Cherubini ho introdotto le voci e i pensieri dei bambini. La mia intenzione era quella di fare dei due bambini dei personaggi e non delle appendici liriche».
«Mi sono chiesto: Chissà cosa pensano questi figli di questa storia, di quello che sta succedendo. E da lì la – continua Michieletto – decisione di sostituire dei lunghissimi dialoghi con degli incisi, che durano al massimo un minuto. Ci sono i pensieri dei figli di Mèdèe. Le voci sono di due bambini francesi con cui abbiamo registrato questi dialoghi, scritti con il drammaturgo Mattia Palma. Sono sussurrati come se i personaggi non avessero diritto di parola, permettono di raccontare i passaggi narrativi che la storia prevede. Per un attimo entri nel punto di vista dei figli. L’intento è stato quello di dare dignità ai bambini che sono poi le vittime di questa tragedia familiare», conclude Michieletto.
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