Vamos Chape
Sono trascorsi sette anni dal tragico incidente aereo che azzerò la squadra brasiliana della Chapecoense, in quel momento all’apice della sua storia. Un ricordo per non dimenticare quegli eroi paladini anche del riscatto sociale del loro popolo; essenza non apparenza rispetto ad un calcio largamente malato.
In Sudamerica come in nessun altro angolo del mondo, il calcio è soprattutto un filtro di riscatto sociale, in dinamiche spesso fuori legge e con la voglia di emergere per costruirsi un futuro migliore.
Non tutti i ragazzini ci riescono, ma seguire la squadra del cuore, cantare i cori e sapere che quella maglia porta il nome del proprio popolo, vale quanto essere in campo, qualcosa di cui parlare e potersi vantare.
Figuriamoci quando senza velleità, quella squadra, la tua squadra, arriva all’apice della sua storia, salvo poi essere protagonisti di una storia, comunque storia loro malgrado, tanto da costituirne l’immortalità.
Era la mattina di circa sette anni fa, quando si divulgò la notizia dell’incidente aereo che trasportava la squadra della Chapecoense diretta a Medellin, per disputare la finale della Copa Sudamericana, equivalente per intenderci dell’Europa League del continente europeo.
Il silenzio, il terrore, le preghiere affinchè qualcuno fosse sopravvissuto.
Si salvarono in pochissimi, dei settantasette a bordo scamparono alla morte in sei, tra questi i calciatori Hélio Hermito Zampier Neto, Jakson Ragnar Follman ed Alan Luciano Ruschel.
“Possiamo affermare chiaramente che l’aereo non aveva carburante al momento dell’impatto, per questo iniziamo un processo di indagine per poter stabilire il motivo” disse alla stampa, il segretario della sicurezza dell’Aeronautica civile della Colombia.
Parole forti ma soprattutto sconcertanti, quelle che aprivano un fascicolo d’inchiesta legale, ma intanto tante persone, altrettante famiglie ed una comunità intera avevano perso per sempre i loro idoli che poco prima dell’imbarco, ai social, avevano affidato le loro emozioni, gli scatti, i video ed i sorrisi in vista di quel viaggio storico.
Le tribune dello stadio divennero luogo di preghiere, fino ad accogliere le bare dei calciatori per l’ultimo saluto sotto un’incessante pioggia, quasi a dimostrare anche la tristezza e disperazione del cielo per quell’inspiegabile ed evitabile tragedia.
Sui gradoni riecheggiò forte “Forza Chape”, mentre un’altrettanta folla omaggiava sulle strade il percorso di quei calciatori che piuttosto rientrare in bare funebri, avrebbero meritato un bus scoperto tra balli, musica e divertimento.
Poi l’orgoglio, con tanti calciatori e club che offrirono un aiuto alla ricostruzione di quella squadra che sportivamente era stata azzerata senza preavviso, la volontà di farcela da soli in campo 53 giorni dopo la tragedia, cui seguirono moltissime amichevoli in giro per l’Europa, tra cui quella col Torino entrambe unite dall’analogo destino di quell’imbattibile squadra granata che nel maggio 1949, andò a schiantarsi sul muraglione posteriore che costituisce il terrapieno della Basilica di Superga.
Evento luttuoso che colpì anche il Manchester United a fine anni ’50, dove morirono 23 persone tra cui 8 calciatori, sopravvisse Bonny Charlton che poi vince mondiale e pallone d’oro.
Come non dimenticare nel 1972 il disastro sulle Ande protagonista suo malgrado, una giovane squadra di rugby, i superstiti all’impatto finite le ricerche, misero in atto un istinto di sopravvivenza fatto dell’immane spirito di sacrificio, tipico delle squadre di rugby, da una parte la ricerca degli aiuti dove intorno a loro c’era solamente neve e montagne da scalare con rigidissime temperatura, facendo fronte alla fame con episodi di cannibalismo verso le vittime riversate da settimane sulla neve, spunto per il film “Alive” diretto ad inizio anni ’90 da Frank Marshall.
Ancora il businessman thailandese Vichai Srivaddhanaprabha che nel ruolo di presidente, con Rainieri allenatore ha scritto la storia del Leicester vincitore di quella irripetibile Premier League 2015-26, destino infausto nel gennaio 2019 per il calciatore argentino Emiliano Sala, mentre volava a bordo di un piper verso Cardiff per le visite mediche del club che l’aveva pochi giorni prima acquistato, infine come non ricordare l’incidente nel gennaio 2020 che tolse la vita alla star del basket Kobe Bryant insieme alla figlia e altre sette persone.
Le indagini dell’incidente che azzerò la Chapecoense, ebbero l’esito sconfortante di alcuni dettagli del rapporto finale che contraddistinsero quel volo LaMia 2933, tra questi la compagnia non aveva pianificato correttamente il piano di volo compresa la quantità sufficiente di carburante per la destinazione, per questo motivo i quattro motori del veicolo smisero di funzionare, quindi scarsezza dei dipendenti della compagnia come pure dei piloti che nonostante il basso livello di carburante segnalato negli indicatori, proseguirono la rotta senza considerare un sosta intermedia per il rifornimento.
Una tragedia con connotati assurdi che poteva essere evitata con un minimo di attenzione, che portò a fine 2021 all’arresto di una donna a quel tempo ricercata da cinque anni, responsabile della sicurezza per non avere fatto rispettare i requisiti del piano di volo.
L’edizione 2016 della Copa Sudamericana venne assegnata ad honorem alla Chapecoense: cosa fanno oggi i tre calciatori superstiti?
A Jackson Follmann l’amputazione di una gamba ha segnato la fine della carriera agonistica, nel 2019 ha vinto un concorso di musicale intraprendendo la strada artistica, Neto dopo l’incidente ha provato a calcare i campi salvo poi ritirarsi pochi anni dopo, Ruschel è ritornato a giocare in vari club tra cui anche la Chapecoense fino alla stagione 2019-20.
A questo proposito, facendo una ricerca sul web, lascia esterrefatti la notizia risalente al 2022, di pendenze economiche tra lo stesso club e l’ex difensore arrivate fino in Tribunale, per una difesa basata sul fatto di essere stato l’unico a riprendere la sua attività in maniera identica al periodo precedente l’incidente, che nel frattempo gli avrebbe dato notorietà d’immagine aumentandone i guadagni.
Recentemente la fortuna, ha ripagato i tifosi della Chapecoenese seppur in maniera minima da quel tragico 28 novembre, il club retrocesse in B nel 2019 poi nuovamente due stagioni dopo, mentre pochi giorni addietro è stata incredibile la circostanza che ha decretato la salvezza dalla terza divisione.
I biancoverdi brasiliani, dovevano battere il promosso Vitoria e sperare che almeno due delle tre concorrenti (Ponte Preta, Tombense e Sampaio Correa) non vincessero, puzzle difficile da controllare fino al minuto 89 quando, Luiz Otavio 31enne centrale a suo tempo acquisto dopo la tragedia poi ceduto, ha segnato il gol decretando la salvezza all’ultima giornata.
Certamente sono lontani i fasti di anni addietro, resta costante la passione sugli spalti dell’Arena Condà di quei tifosi che nel futuro prossimo, tramanderanno le gesta di quegli eroi anche intorno alla figura del portiere Marcos Danilo Padilha, la cui madre così parlò dopo la tragedia: “in nome della Chapecoense, vorrei ringraziare tutti per l’affetto e per le preghiere: che i futuri guerrieri che verranno a giocare per questa squadra possano essere come quelli che l’hanno lasciata”.
Il figlioletto oggi, sogna di diventare come papà e giocare nella Chapecoense per una storia, tutt’altro che conclusa.
Andrea La Rosa – SportOne
Ti ricordiamo che è disponibile su Amazon il libro “Sport One Greatest Hits”, che raccoglie i migliori articoli pubblicati nei primi 8 anni di vita del nostro blog.
© RIPRODUZIONE RISERVATA