La Commissione Ue rivede al ribasso il Pil italiano nel 2023: +0,7%. Gentiloni: “Nuovo Patto di stabilità ci è utile”

La Commissione Ue prevede che il rapporto tra debito pubblico e Pil dell’Italia torni a salire, sia pure lentamente, nel prossimo anno e anche nel 2025. Secondo le previsioni economiche d’autunno diffuse a Bruxelles, l’economia italiana dovrebbe crescere dello 0,7% nel 2023, in linea con la revisione pronosticata dal ministro Giancarlo Giorgetti, rispetto al +0,9% atteso nel settembre scorso, e dello 0,9% nel 2024, in lieve miglioramento rispetto allo 0,8% atteso in settembre. Nel 2025 la crescita attesa è dell’1,2%. L’Italia l’anno prossimo è attesa dunque in crescita, ma meno della media della zona euro (+1,2%), come nel 2025 (+1,2% contro +1,6%). Le previsioni sono soggette ad un aumento dell’incertezza, dovuta alle guerre in corso in Ucraina e Medio Oriente. Faticano a prendere ritmo, in particolare, gli investimenti, che nel nostro Paese sono attesi in crescita dello 0,6% nel 2023 (+1,2% nell’area euro), dello 0,1% nel 2024 (+1,3% l’Eurozona), per poi accelerare nel 2025 (+2,6% contro il +2% dell’area euro).
La Commissione Ue ribassa le previsioni
Il deficit/Pil passa, secondo le stime, dall’8% del 2022 al 5,3% del 2023, al 4,4% nel 2024 e al 4,3% nel 2025. Come risultato, il rapporto debito/Pil non è previsto in miglioramento. Al contrario, nel 2024 dovrebbe salire, sia pure di poco, tendenza destinata a proseguire nel 2025: il debito è atteso al 139,8% del Pil nel 2023, al 140,6% nel 2024 e al 140,9% nel 2025. Nel 2020 era esploso al 154,9%, causa pandemia; da allora, con il patto di stabilità sospeso e con una crescita sostenuta, il rapporto è costantemente migliorato: 147,1% nel 2021, 141,7% nel 2022, 139,8% nel 2023 (stima). L’anno venturo, con una crescita economica inferiore al punto percentuale, per la Commissione tornerà a salire lentamente. Nel 2025, secondo le stime dell’esecutivo Ue, il differenziale tra il debito/Pil dell’Italia e quello della Grecia si ridurrà a 7 punti percentuali: 140,9% l’Italia, 147,9% la Grecia, che quest’anno è stimata al 160,9%.
Ue prevede costi per cuneo fiscale
Tra le stime del governo italiano e quelle della Commissione Europea «effettivamente c’è una differenza» per quanto concerne il deficit e il debito in rapporto al Pil. «La differenza si basa fondamentalmente su tre punti – ha spiegato il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni – il primo è che le nostre stime includono un incremento più alto del costo degli interessi sul debito, rispetto alle alle stime italiane, nel 2025 rispetto al 2024. La seconda è che la Commissione include nelle proprie stime un prolungamento della misura sul cuneo fiscale, che è stata adottata per l’anno scorso e quest’anno, perché è stata rinnovata sistematicamente in questi anni». Inoltre, «il governo l’ha presentata come una misura permanente, quindi noi ne includiamo il costo». Infine, «perché la stima della Commissione assume un incremento nel valore degli stipendi pubblici maggiore di quello che è previsto nelle stime italiane. Queste sono le tre ragioni principali per le differenze nelle proiezioni di Roma e di Bruxelles», ha aggiunto Gentiloni.
Monito di Gentiloni sul Patto di stabilità
La Commissione Europea è impegnata «da molto tempo a riformare le regole di bilancio – ha poi ricordato Gentiloni – perché riteniamo che quelle preesistenti abbiano mostrato una evidente difficoltà: se abbiamo avuto una crescita molto lenta e un debito che è andato crescendo continuamente nel corso degli ultimi 25 anni, non sarà colpa delle regole fiscali, ma certamente non hanno impedito il verificarsi di questa situazione». L’intesa che gli Stati membri stanno cercando sulla riforma del Patto di stabilità «non deve stravolgere i punti fondamentali della proposta avanzata dalla Commissione Europea – ha messo in guardia il commissario europeo all’Economia – che è molto avanzata, certamente utile per tutti i Paesi e, in modo particolare, anche per l’Italia». Il governo Meloni, infatti, continua a fare resistenze mentre viaggia veloce l’alleanza franco-tedesca.
Il Mes torna alla Camera
In questo quadro si innesta l’ostruzionismo italiano anche sul Mes, che però sembra sbloccarsi. L’esame della riforma del Mes infatti tornerà nell’Aula della Camera la prossima settimana, a partire da mercoledì 22 novembre. È quanto emerso al termine della riunione della Conferenza dei capigruppo. In Parlamento il dibattito sul Mes «attualmente non mi pare che stia slittando. È all’ordine del giorno, è calendarizzato, vedremo». Quanto alla ratifica del meccanismo europeo di stabilità «per me non è cambiato niente». Ha precisato la premier Giorgia Meloni, confermando di non aver cambiato idea sul Mes. A chi gli domandava se il dibattito sulla ratifica del Mes sbarcherà dunque settimana prossima in Parlamento, «i lavori parlamentari quelli sono – ha risposto – se la settimana prossima è calendarizzato la settimana prossima si discuterà».
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