Gli host di Airbnb non hanno mai pagato le tasse

La «gran parte» degli host di Airbnb non ha pagato le tasse relative all’affitto degli immobili non dichiarando il reddito percepito dall’affitto breve tra il 2017 e il 2021, affitti che hanno generato un giro d’affari per oltre 3 miliardi e 700 milioni di euro attraverso la piattaforma della multinazionale. È quanto risulta dalle verifiche fiscali effettuate dalla Gdf di Milano che hanno portato all’apertura di una inchiesta con al centro la filiale irlandese del colosso californiano e a disporre il sequestro di più di 779 milioni di euro.
Da quanto si è saputo un’alta percentuale di locatari era, da un lato a conoscenza dell’omesso versamento della cedolare secca da parte di Airbnb (ricevevano il canone depurato solo della commissione per l’offerta della piattaforma online), dall’altro si sarebbe ben guardata dal pagare le tasse. Per questo, nei loro confronti, si aprirà un procedimento tributario.
Stamane, invece, inquirenti e investigatori e tecnici dell’Agenzia delle Entrate, in una riunione in Procura, hanno fatto il punto della situazione. Si prevede l’avvio di rogatorie internazionali per riuscire a congelare i quasi 800 milioni di euro.
Inoltre Guardia di Finanza e pm, dopo l’esame delle carte acquisite, dovrebbero estendere gli accertamenti all’anno passato e a questo che sta per terminare e potrebbero ipotizzare per la società, accanto alle accuse di omessa dichiarazione, anche il riciclaggio e l’autoriciclaggio,
Infine commercialisti e avvocati della multinazionale hanno preso contatti con funzionari del fisco, cosa che fa pensare all’intenzione di saldare i conti. In passato, in procedimenti come questi, i grandi colossi internazionali hanno chiuso le inchieste versando molto, ma molto meno di quanto contestato. Per il fisco spesso si è trattato di una vittoria di Pirro.
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