Maria Grazie Cucinotta torna al cinema con “Il meglio di te” e si racconta

CINEMA Maria Grazia Cucinotta torna sul grande schermo con Il meglio di te, il film di Fabrizio Maria Cortese, in uscita il 9 novembre: «una storia che parla d’amore a 360 gradi e nella quale tutti si possono identificare», racconta l’attrice.
Nel cast insieme alla Cucinotta, Vincent Riotta per raccontare un amore a 360 gradi
Nel cast, accanto alla Cucinotta, Vincent Riotta per raccontare la storia di «un amore bellissimo che poi si frantuma a causa di un tradimento – spiega la Cucinotta -; le strade dei due protagonisti quindi si dividono e i due vivono la loro vita fatta di rimpianti e di rabbia perché quando pensi di avere trovato l’amore assoluto, quello della tua vita, ti affidi completante all’altra persona e quando tutto improvvisamente crolla senti quel vuoto che cerchi di colmare anche con altre storie di amore».
Insieme alla Cucinotta e a Riotta, tra gli altri, anche Daphne Scoccia (Sara), Anita Kravos (Paola), Simone Montedoro (Simone) e Giusy Merli (Mimì). A firmare la colonna sonora del film è Giusy Ferreri con l’omonimo brano Il meglio di te.
Il meglio di te racconta la fine di una storia d’amore
Il film racconta le vite di Nicole (Maria Grazia Cucinotta), donna brillante, e di Antonio (Vincent Riotta), una coppia che si ama intensamente e che prima di arrivare al “vissero per sempre felici e contenti” vede il proprio mondo frantumarsi in mille pezzi.
L’ inevitabile separazione dura qualche anno e traccia un confine molto netto tra le loro vite. Ma il destino ha spesso una trama nascosta da tirare fuori al momento più opportuno per ribaltare piani, scompaginare progetti e per far ritrovare coloro che si sono smarriti.
Cucinotta: «È una storia semplice che appartiene a tutti noi»
«È una storia semplice che appartiene a tutti noi – dice ancora la Cucinotta -, è un vero e proprio percorso di vite fatto di emozioni fortissime. Quando l’ho letta stavo attraversando un periodo molto difficile della mia vita: c’era mio suocero che stava morendo, quindi l’ho letta in modo molto superficiale, ma mi colpì molto. Poi ho incontrato Fabrizio (Maria Cortese, ndr) che è una persona talmente empatica e scherzosa che mi ha messa subito a mio agio, per questo ho accettato anche se non avevo capito bene la storia».
«Alla fine delle riprese ho pianto molto»
L’attrice parla poi della sua esperienza su un set che definisce «perfetto, non avrei mai voluto che le riprese finissero – rivela -. Abbiamo girato prima a Maratea e poi ci siamo trasferiti a Rifreddo, in provincia di Potenza, che è una località situata su una montagna molto isolata dove c’era solo l’albergo e la villa in cui giravamo il film. Eravamo completamente isolati, in mezzo al nulla, per cui ci siamo ritrovati tutti insieme vivendo grandi emozioni. Mi sembrava di stare all’interno di una bolla di emozioni che non avevo mai provato prima. Riguardavamo continuamente il film, piangevamo e ridevamo, è stato un vero e proprio percorso psicologico un pò per tutti».
«Ho pianto molto e dopo 37 anni di carriera è stato strano – ammette la Cucinotta -: non pensavo che mi sarebbe venuto il magone di lasciare quello che per me è stato il set perfetto, non avrei mai voluto che le riprese finissero. È una storia nella quale mi sono immedesimata moltissimo con le paure di quello che una donna non vorrebbe mai vivere».
Maria Grazia Cucinotta ricorda Il Postino
«Ho fatto uno dei film più belli della storia del cinema italiano (Il postino con Massimo Troisi la rese celebre nel mondo, ndr) – prosegue la Cucinotta -. Poi però c’è stata l’invidia degli italiani che invece di dire “ok brava” trovarono il difetto, così me ne andai in America. Verso di me c’erano tanti pregiudizi, mi chiamavano “la miracolata”, “la vedova”, furono poche le persone che mi sostennero».
«All’inizio della mia carriera ero dislessica, Massimo mi ha spiegato il cinema»
«Massimo Troisi era “Il postino” per il suo stile di vita – ricorda l’attrice – era esattamente come lo vediamo nel film. Amavo il suo humor, faceva ridere davvero tanto. Era un uomo di una semplicità disarmante. Durante le riprese del film ha avuto la pazienza di mettersi accanto a me: leggemmo insieme il copione e mi spiegò passo dopo passo cosa è il cinema perché io non ne sapevo nulla. Ha avuto la pazienza di trasformare i miei difetti in qualcosa di “unico”, come amava dire lui”. All’inizio della mia carriera – prosegue la Cucinotta – ero dislessica, timida a causa del mio forte accento siciliano e avevo gli attacchi di panico. Non tutti hanno la pazienza di immedesimarsi e capire la situazione. Dopo “Il postino” la mia strada fu tutta in salita. Cosa potevo volere di più dopo avere recitato in un film che aveva ottenuto 5 nomination all’Oscar di cui uno vinto? Oliver Stone si inginocchiò davanti a me e mi prese le mani: ricordo che mi parlò del film in inglese nonostante io non capissi niente».
L’esperienza della Cucinotta a Los Angeles
Poi, Maria Grazia Cucinotta racconta la sua esperienza a Los Angeles, dove ha vissuto per dieci lunghi anni e dove ha recitato accanto ai grandi attori di Hollywood. Esperienza non facile, spiega: «gli americani sono precisi ma anche molto più freddi di noi, non hanno la stessa empatia che abbiamo in Italia. All’epoca recitavano solo tra loro e io ero una estranea. Già se avevi un accento diverso non ti accettavano. Recitare in inglese è stata molto dura».
Riferendosi al set di Just One Night, il film diretto da Alan Jacobs nel 2000 in cui ha recitato al fianco di Timothy Hutton, la Cucinotta ricorda: «Abbiamo girato per cinque settimane a San Francisco di notte, io non parlavo ancora bene l’inglese e avevo un phonetic coach che mi faceva studiare cinque ore al giorno, per cui non dormivo mai. Il regista era di quelli un pò Psyco – scherza l’attrice – un giorno la pensava in un modo e il giorno successivo cambiava totalmente idea. Anche gli attori americani, devo confessare, che quando gli prende male, rompono parecchio».
«Sono andata via da Los Angeles per amore di mio marito»
Sul perché non abbia inseguito il “sogno americano” la Cucinotta spiega di averlo fatto per amore: «Me ne sono andata via da Los Angeles perché ero rimasta incinta e mio marito (l’imprenditore e produttore cinematografico Giulio Violati, ndr) non si sarebbe mai trasferito in America. Contemporaneamente, mia figlia Giulia è nata il 9 settembre, c’è stato il crollo delle Torri Gemelle e da allora l’America è cambiata. E’ quando accadono queste cose così importanti, come è stato anche il post Covid, che ti chiedi quali siano le priorità della tua vita».
«Ho avuto successo molto giovane e a 25 anni mi sono ritrovata con gli Oscar»
«Ho avuto la fortuna di avere successo molto giovane – ammette l’attrice -, a 24 anni ho girato il mio primo film e a 25 anni mi sono ritrovata a Los Angeles con gli Oscar. Sono rimasta incinta a 31 anni, per cui avevo già soddisfatto tutto il mio ego – scherza ancora la Cucinotta -, per me “il sogno americano” era solo quello di prepararmi. Quello che mi manca dell’America? La meritocrazia, eppure basterebbe gioire del successo degli altri e in Italia questo non avviene spesso».
«Il nostro cinema non è inferiore a quello americano: spero che la Cortellesi vinca l’Oscar»
«Il nostro cinema e i nostri attori non sono inferiori a quelli americani. In Italia non siamo secondi a nessuno. Basta guardare il successo che sta riscuotendo C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Spero che vinca l’Oscar». E ancora: «Il suo è un film coraggioso. La Cortellesi ha avuto il coraggio di fare un bel film ed è la dimostrazione che il talento non ha sesso. Mi auguro che lei arrivi agli Oscar e porti a Hollywood questa nostra Italia, fatta di storie semplici e di grandi emozioni».
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