Roberto Latini racconta Pagliacci All’uscita, tra Leoncavallo e Pirandello

TEATRO Fino all’8 ottobre al Teatro Vascello è di scena Pagliacci All’uscita da Leoncavallo e Pirandello, di e con Roberto Latini e con Elena Bucci, Ilaria Drago, Savino Paparella e Marcello Sambati. Le musiche e il suono sono di Gianluca Misiti mentre alle luci e alla direzione tecnica c’è Max Mugnai.
Latini accosta Pagliacci di Leoncavallo a All’Uscita di Pirandello
Pagliacci, dal libretto dell’opera di Ruggero Leoncavallo, con debutto a Milano nel 1892 e All’uscita, l’atto unico che Pirandello definisce “mistero profano”, andato in scena a Roma per la prima volta, nel 1922, sono due testi molto diversi per stile e contenuto, ma capaci di una comune sensazione che li rende profondamente accostabili: «il primo – spiega il regista, Roberto Latini – è immerso nel Verismo di fine ‘800, nella trama spietata del delitto d’onore e d’amore; il secondo è una parabola metafisica, quasi filosofica. Sembrano, per struttura e doti, collocabili da una parte all’altra di un ponte ideale, fondamentale per la letteratura teatrale, che a cavallo dei due secoli, riesce a trasformare i percorsi sintattici in prospettive drammaturgiche; uno accanto all’altro, creano un terzo materiale, indipendente, per evocazione e compromissione: il sipario meta teatrale che Pirandello aprirà sul nuovo secolo, viene scucito da Leoncavallo nel suo Pagliacci. Insieme, sono una dichiarazione d’indipendenza tra il Verismo e il teatro borghese».
Latini: «Abbiamo riscritto le parole originali e riscritto anche le riscritture»
«Il Teatro nuovo è all’indomani di una giornata di sole e coltello e di un notturno di cimitero e ombre – prosegue Latini -. All’uscita da Pagliacci, è il vero appuntamento. (O da dove abbiamo mosso il nostro mare). Quanto le scritture sceniche semineranno e raccoglieranno da lì in poi, nei nuovi cicli del Teatro, dei Teatri, sarà ciò che ci porterà nelle traiettorie del contemporaneo e in quel concetto di drammaturgia che oggi vanta una prossimità col linguaggio, più della regia stessa, o dell’occhio esterno, come indicato in tanti casi. La drammaturgia, allora, l’occhio interno, è quanto effettivamente in esplorazione, in esplosione. Lo abbiamo imparato sezionando il concetto, la funzione, le sfumature e le possibilità. Abbiamo moltiplicato l’occasione e l’abbiamo sollecitata, in lungo e in largo. Abbiamo ammesso i concetti di drammaturgia del testo, del suono, della scena. Abbiamo riscritto le parole originali e riscritto anche le riscritture».
«Ci siamo dotati di nuovi strumenti per cercare di definire l’indefinito»
«Ci siamo dotati di nuovi strumenti per cercare di definire l’indefinito – conclude Latini – e lo abbiamo fatto portandoci in proscenio, dove finisce il palco e comincia il Teatro. Nella frequentazione del confine, la prassi è il centro e la sua periferia.
Vorremmo comprometterci, letteralmente, oltre le barriere di genere che abbiamo costruito o contribuito a creare, per necessità o politica, ridefinendo il punto di vista, attraverso il punto dello sguardo. Fluidamente».
I biglietti sono disponibili al Teatro Vascello oppure online qui.
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