Una nuova luce sulla vita quotidiana degli antichi romani
Una nuova luce per vedere con occhi diversi il passato e rivivere le atmosfere che illuminavano – a dire il vero assai fiocamente – le notti, le case e i templi degli antichi romani: un percorso fra tecnologia ed estetica, sull’onda di una materialità luminosa che va oltre il tempo, plasma con i chiaroscuri la realtà circostante e si fa essa stessa arte. L’affascinante suggestione inseguita da Ruth Bielfeldt e Johannes Eber, docenti dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera, è diventata una mostra che dalla Germania ora approda a Villa Caffarelli nei Musei Capitolini dove sino all’8 ottobre 2023 si potrà visitare l’allestimento intitolato “Nuova Luce da Pompei a Roma”, promosso da Roma Capitale con l’Assessorato alla Cultura, la Sovrintendenza Capitolina e l’organizzazione di Zètema.
Una nuova luce tra passato e presente
Un percorso suddiviso in nove sale che è insieme tangibile e virtuale, attraverso oltre 180 reperti originali in bronzo provenienti in gran parte da Pompei, città dell’antichità che più di tutte ha restituito pregevoli vestigia legate ai sistemi di illuminazione: lucerne di ogni foggia (spiccano quelle a pipistrello), candelabri, portalucerne, torce e due rare sculture “lampadofore”. Opere custodite presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Pompei, sino ad oggi mai esposte in pubblico e molte restaurate per l’occasione. In aggiunta anche una trentina di reperti provenienti dalle collezioni dell’Antiquarium dei Musei Capitolini. L’esposizione è infine arricchita da riproduzioni che si possono toccare (realizzate dalla Fonderia d’Arte San Gallo), da modelli che offrono un’idea delle condizioni di penombra delle domus romane, da simulazioni digitali su modelli tridimensionali (come il triclinio da visitare con occhiali 3D accendendo torce virtuali) e da alcune opere “provocatorie” e bizzarre dell’art light designer Ingo Maurer, scomparso nel 2019.
Tra materia e decorazione
«La mostra affronta un tema originale, allo stesso tempo materiale e intangibile – ha detto l’Assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor, presentando l’esposizione – il ruolo della luce richiama aspetti significativi della vita quotidiana delle persone, sia nella sfera privata che in quella pubblica; richiama il mito dell’ombra tra conoscenza e immaginazione, allude per contrario alla morte e alla paura». «Il punto di forza è stato quello dell’approccio multidisciplinare – ha sottolineato il Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce – dagli approfondimenti sui materiali e le lavorazioni degli oggetti luminosi, sino agli aspetti decorativi come quelli dei manici e dei riflettori, o ai legami con la scansione quotidiana del tempo». In mostra, con riferimento al tema degli incendi, ci sono anche due reperti (una pompa e una torcia) provenienti dalla Caserma dei Vigili della VII Coorte in Trastevere. «Con i dovuti accorgimenti contiamo di aprire finalmente al pubblico quel luogo straordinario entro il 2026, ma forse già per il Giubileo – ha detto Parisi Presicce – il progetto di recupero è inserito tra gli interventi del Pnrr ed è in via di definizione».
L’ambiguità sensuale delle fiammelle
«Abbiamo voluto predisporre un allestimento tra tecnologia, estetica e atmosfera – ha spiegato la studiosa tedesca Ruth Bielfeldt – spaziando tra ricerca archeologica, analisi di laboratorio, archivi e simulazioni digitali. Una nuova luce per avere una nuova prospettiva sul passato, per far riconsiderare l’illuminazione da un punto di vista qualitativo e non solo da quello quantitativo come si fa oggi. Una luce antropologica, di condivisione, che accendeva la semioscurità della vita sociale e politica degli antichi romani. E ancora, il potere magico della fiamma e l’immaginazione sensuale ed emotiva delle lucerne che oscillano, con la loro ambiguità e il loro effetto di straniamento». Un bagliore che unisce festa e religione, magia ed erotismo, sogno e notte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA