Costretti a lavorare fino a 20 ore, azienda di vigilanza commissariata
Retribuzioni “sotto la soglia di povertà”, lavoratori impiegati fino a 20 ore al giorno, minacciati e trasferiti in sedi a decine di chilometri di distanza alla prima lamentela: parla di un “quadro preoccupante” il gip del tribunale di Milano, Domenico Santoro, che ha emesso su richiesta del pm Paolo Storari il decreto di controllo giudiziario sulla cooperativa Servizi Fiduciari del gruppo di vigilanza privata Sicuritalia.
La società, con sede a Como, applica ai suoi dipendenti un contratto da 5,37 euro l’ora, per una retribuzione mensile di 930 euro lordi, ”non proporzionata né alla qualità né alla quantità del lavoro prestato”, evidenzia il giudice. E così i lavoratori, molti dei quali con contratto part time (a gennaio 2021 erano 2.800 su un totale di 7.100 dipendenti), per “poter raggiungere uno stipendio che possa garantire un minimo di sopravvivenza”, sono costretti ad accettare ”prestazioni straordinarie di lavoro in quantità abnorme”. Questo, ‘‘nonostante l’azienda dichiari di versare in stato di crisi”. Condizione che stride anche con l’aumento costante della forza lavoro impiegata, cresciuta del 70% (+3.000 unità) tra il 2017 e il 2021. ”Altro che crisi”, commenta il gip in un inciso nel decreto di 78 pagine.
Spesso le ore di straordinario sono oltre 200.000 al mese. Nel 2021 la società arriva a denunciarne “2.247.338, corrispondenti alle ore che avrebbero potuto effettuare ulteriori 12.990 lavoratori nell’anno”. Emblematico il caso di una lavoratrice, L.L., che il 2 settembre 2017 viene impiegata per venti ore. E pochi giorni più tardi, l’11 settembre, lavora per più di 18 ore.
Minacce e intimidazioni
“Se non ti sta bene, stai a casa”: così sarebbero stati intimiditi e minacciati di licenziamento o di trasferimento in sedi lontane da casa i dipendenti della cooperativa . L’espressione ricorre spesso, infatti, nelle decine di testimonianze contenute nel decreto di commissariamento.
La riferisce ad esempio G.B, una lavoratrice impiegata fino a febbraio/marzo 2020 (stipendio da 400 euro al mese netti, che diventavano 800 con gli straordinari) in un impianto di distribuzione carburanti, in cui doveva aprire le cisterne e misurare le quantità giacenti. Priva – a quanto racconta agli inquirenti – di mascherine e guanti e senza una formazione specifica per il tipo di mansione svolto, la donna inizia a manifestare “problemi di salute consistenti in gravi forme allergiche provocate dall’esposizione agli idrocarburi”. Lo fa presente alla responsabile, che “mi rispose sostanzialmente che se non rientravo sul posto di lavoro, avrei potuto rimanere a casa. A questo punto, per non perdere il posto di lavoro, mi sono trovata costretta a rientrare dal periodo di malattia che mi era stato prescritto dal mio medico curante”.
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