Teatro Milano
4:31 pm, 8 Giugno 23 calendario

Davide Enia: «Con Eleusi si torna alla ricerca del Sacro»

Di: Redazione Metronews
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TEATRO Sabato 10 giugno, in contemporanea al Teatro Grassi e al Teatro Studio Melato, va in scena Eleusi di Davide Enia, nuova produzione del Piccolo Teatro: un dittico di ventiquattro ore, articolato come azione scenica frontale al Grassi, affidata a tre gruppi di 21 performer, per esplorare i temi della morte e della violenza, e come esperienza immersiva allo Studio, in una successione continua di circa 30 gruppi corali, che si esibiranno in repertori di musica sacra.

L’ingresso è libero fino a esaurimento posti, continuativamente, giorno e notte, dalle 21 di sabato 10 giugno alle 21 di domenica 11 giugno. Al Teatro Studio Melato si può accedere in qualsiasi momento, al Teatro Grassi le performance cominceranno a ogni inizio di ora e dureranno venti minuti ognuna.

Sul Sagrato dello Strehler e nel Chiostro di via Rovello, una costellazione di appuntamenti, a cura di mare culturale urbano: i riti collettivi per Eleusi, che si concluderanno con una festa finale, domenica sera, a partire dalle 21.

Eleusi di Davide Enia tra il Grassi e lo Studio

Eleusi – il titolo richiama i misteri celebrati nell’antica Grecia – è un dittico corale che affronta il
tema del sacro. Nasce da una riflessione su due luoghi del Piccolo: il primo è la sede di via Rovello,
il Teatro Grassi, dentro al quale, tra il ’43 e il ’45, i fascisti torturano e uccisero civili e partigiani;
Paolo Grassi e Giorgio Strehler, nel 1947, vollero farne un luogo dove l’umano tornasse a vivere.

Il secondo è il Teatro Fossati, oggi Teatro Studio Melato: risalente alla metà dell’Ottocento, ospitò
spettacoli dialettali, riviste e operette, fu trasformato in cinema e restò a lungo chiuso; fu riaperto da Strehler nel 1986, come luogo di sperimentazione.

La risignificazione dei due spazi

«La trasformazione di entrambi gli spazi in teatro – spiega Enia – fu una precisa opera di risignificazione dell’esistente: stare in un luogo modificandone la destinazione d’uso e la relazione
con il tessuto urbano e sociale, restituendo valore vivente al verbo abitare. Questi due luoghi, così
fortemente simbolici, in Eleusi risultano connessi tra loro e dialogano: quanto accade in uno si
confronta e si completa con ciò che avviene nell’altro. Il pubblico è invitato a muoversi tra i due
teatri, senza che ci sia un ordine stabilito, lasciando al caso, al desiderio, all’intuito, la scelta di dove recarsi prima».

Al Teatro Grassi, in una performance frontale, si esplorano i temi della morte e della violenza, partendo dall’assunto che l’edificio porta con sé un vissuto violento; al Teatro Studio gli spettatori vivono un’esperienza immersiva, accolti in sala da un’ampia corale che ininterrottamente canterà nell’arco di ventiquattr’ore.

«Eleusi – continua Enia – si configura anche come una riflessione sul dispositivo teatrale, sulla
necessità dell’osmosi tra tutte le sue parti, sui linguaggi possibili, sulla scrittura, sulla lettura, sulla
urgenza del desiderio, sui ruoli e sul loro ribaltamento. Dura ventiquattr’ore di fila, dal tramonto al tramonto, poi scompare».

«La scomparsa del sacro, ferita insanabile del contemporaneo»

«La grande ferita insanabile del contemporaneo è la scomparsa del sacro dall’orizzonte degli eventi. Per sparizione del sacro intendo la mancata relazione con quella oltranza che, prima o poi, ognuno di noi nella vita percepisce – e può scegliere se accettare o meno – ma che sempre è lo spiraglio dal quale filtra la luce».

Enia: «La mediazione artistica è la grande conquista dell’umanità»

«Il sacro – prosegue Enia – è un concetto spaventoso: in quanto vox media, indica ciò che tende sia al bene che al male. Per quanto lo si possa negare, il male esiste al pari del bene, e l’unica grande conquista dell’umanità è stata la mediazione artistica, attraverso la quale è possibile nominare verità altrimenti innominabili, così da riuscire a creare una prospettiva per il superamento delle ferite e delle fratture del contemporaneo. Tutto questo diventa, dal mio punto di vista autoriale, una riflessione sul linguaggio, sul teatro, sulla sua necessità e sul suo stare sul limite del sacro, evento che si consuma dal vivo, in un istante irripetibile, che è diverso se cambia anche un solo spettatore, che ne altera il respiro, la composizione, la temperatura».

«Oggi trionfa la logica dell’accumulo del bene di consumo»

«Bisognerebbe anche prendere coscienza che, parallelamente alla scomparsa del sacro, è avvenuta una mutazione antropologica – afferma ancora Enia -. Oggi, l’essere umano ha dignità in base alla quantità di consumi che può generare, tanto che assistiamo alla creazione di nuove definizioni, nate da un uso criminale del vocabolario. Il vocabolario è strumentalizzato secondo la logica del supermercato, che ha trionfato negli ultimi settant’anni. La domanda “che tipo di teatro fai?” nuovamente rientra nella logica del bene di consumo, perché si vuole trasformare anche il teatro in prodotto da incasellare».

Enia: «Il sacro insegna la ritualità nella ripetizione»

«Il sacro ci insegna la ritualità – spiega Enia -: in Eleusi, al Teatro Grassi, abbiamo un’azione che dura venti minuti ed è reiterata allo scoccare di ogni ora, per ventiquattr’ore, mentre allo Studio, nello stesso arco temporale, si ripete ogni quarto d’ora un testo che entra nel flusso del canto. Il primo documento di scrittura dell’umanità sono i Veda, antichissima raccolta di testi in sanscrito dove sono registrate le pratiche rituali del sacrificio. Pratiche che si ripetevano, ogni volta identiche».

«Il senso dello stare in scena è fare il vuoto per far spazio al testo»

«Ripetere, ripetere, ripetere – è ciò che facciamo in scena – è la pratica per svuotare se stessi e lasciar entrare il testo dentro di sé – conclude Enia -. In teatro, la ripetizione dell’azione è parte fondamentale della tecnica: il lavoro è capire che il vero obiettivo è svuotarsi, ribaltando il concetto dell’occidente capitalista dell’accumulo quale unica condizione della felicità. Il senso dello stare su un palcoscenico è fare il vuoto per lasciare entrare il testo, il personaggio, l’esperienza, i morti che ci hanno insegnato qualcosa, i morti che verranno, riuscendo a curvare il tempo, o meglio riuscendo a entrare nella logica della curvatura del tempo, nello strano cerchio dell’esistenza e diventarne un punto. Questo è il sacro».

Info su www.piccoloteatro.org

8 Giugno 2023
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