Cannes 2023
2:30 pm, 26 Maggio 23 calendario

Cannes, Alice Rohrwacher racconta La chimera

Di: Redazione Metronews
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CINEMA Dopo Marco Bellocchio con Rapito e Nanni Moretti con Il Sol dell’avvenire, nell’ultimo giorno di concorso, l’Italia torna in gara al Festival di Cannes con Alice Rohrwacher.

La regista 41enne concorre per la terza volta  e porta il suo La Chimera, film che racconta la storia di un giovane archeologo che si intrufola in un gruppo di tombaroli nell’Italia degli anni Ottanta.

Rohrwacher: «La mia chimera? Capire che viviamo in un paradiso»

«La mia chimera? Dal punto di vista personale – spiega Alice Rohrwacher – il desiderio è che ognuno di noi possa diventare consapevole che viviamo in un pianeta incredibile, una sorta di paradiso, che invece continuiamo a trasformare in un luogo infernale. Nel lavoro invece ogni mio film rappresenta il desiderio di raggiungere qualcosa che sfugge continuamente, chiedersi che cosa sia l’umanità, ciò che ci rende umani, ciò che ci unisce nonostante le nostre diversità».

«Fin da piccola sentivo parlare dei tombaroli»

Rispetto alla storia film Alice Rohrwacher racconta: «Fin da piccola nella nostra regione sentivamo raccontare di questi “maledetti” tombaroli che andavano in giro di notte e la mia impressione più grande non era tanto pensare a questa attività contro la legge dei vivi, ma soprattutto contro la legge dei morti, la legge della notte, dell’invisibile. Com’è possibile, mi chiedevo, che dopo 2-3mila anni alcune persone sentano l’autorità di poter trafugare queste cose? Forse perché non vedono più la sacralità di quegli oggetti, come se si fossero staccati da quel passato. Da quello che hanno lasciato gli etruschi ci immaginiamo che l’uomo facesse parte di un sistema, non che fosse protagonista di un sistema, con arabeschi profondi che legano l’elemento umano a quello della natura, e quando questo legame si spezza ci si ritrova soli».

«Ma non volevo fare un film nostalgico»

Ma non è un film nostalgico, La chimera: «Non mi sento nostalgica – prosegue la Rohrwacher -, ho raccontato un personaggio che incarna la nostalgia, che sente il vuoto, il vuoto di un amore, ed è il personaggio nostalgico per eccellenza. Non ho sentito però il desiderio di tornare al passato, piuttosto un desiderio ironico di guardare al passato in maniera viva, né celebrativa né contrassegnata dall’oblio. Nel film c’è questo luogo, questo nucleo di speranza, nella costruzione del mondo che poi compie il personaggio di Italia (la comune femminista dentro una stazione abbandonata, ndr), un’attitudine diversa nella costruzione delle cose. Sono molto curiosa del futuro e felice di essere nel presente».

Alice Rohrwacher: «Volevo fare un film libero»

La regista ragiona anche sulla questione relativa al suo sguardo unico, e riconoscibile: «Volevo fare un film libero – dice -, perché credo che in questo momento con tutte queste catene imposte alla narrazione, il cinema debba invece liberare, non deve preoccuparsi dei cosiddetti “ganci” di cui si parla per le piattaforme. Il cinema non ha ganci, è sganciato e in questa terra di libertà che è il cinema ho immaginato una storia molto locale – che diciamo non fa impazzire i produttori sulla carta – però avevo bisogno dello Straniero, anche un po’ per omaggiare il Grand Tour, la fascinazione degli uomini del nord per il Mediterraneo e le sue antichità. Arthur è un uomo che non ha radici, non sappiamo nulla di lui, ma cerca la sua radice, che è Beniamina. E quindi ho pensato che questa fusione tra un uomo così e un gruppo di uomini, i tombaroli, così attaccati alla propria terra, potesse creare una buona alchimia».

«Se c’è innocenza, si crede anche alle storie incredibili»

Sull’aspetto immaginifico, anche affidato alla tradizione orale e dei cantastorie nel film, la regista spiega: «Il personaggio incarnato da Isabella Rossellini, ad esempio, crede nelle storie, e questo fa sì che queste storie diventino vere. Naturalmente Arthur sa che è anche una storia, però è preda di questo incanto, incanto che la madre di Beniamina emana. E che lo costringe quasi a cercarla ovunque. Quello che mi interessava era sì raccontare una realtà mistica, ma in maniera poco realistica: è sempre una questione di innocenza e se c’è innocenza nel modo in cui si raccontano anche storie incredibili, io a quelle storie finisco per crederci».

Il ritorno di Alice Rohrwacher a Cannes

L’altra storia, che ormai però è consuetudine, dopo Le meraviglie e Lazzaro felice, è la presenza in concorso a Cannes. Rohrwacher ha ricevuto il Grand Prix del festival nel 2014 con Wonderland e nel 2018 il premio per la migliore sceneggiatura ex-aequo per Lazzaro feliz. Nel 2019 è stata membro della giuria presieduta dal regista messicano Alejandro Gonzàlez Inàrritu.

«Sono sempre felicissima, emozionata di essere qui a Cannes – afferma Alice Rohrwacher – ma quando si presenta ad una platea così vasta, internazionale, un lavoro che è durato anni c’è sempre un momento di sano panico, sano terrore, gioia e terrore. Però sono accompagnata da persone che amo profondamente, attori che stimo in una maniera incredibile. E sono davvero onorata di essere in gara con maestri come Bellocchio e Moretti, ma penso anche a Ken Loach e Aki Kaurismaki. Sono tutte persone che hanno alimentato la mia libertà di sguardo e continuano a farlo».

La chimera uscirà al cinema in autunno

Prodotto come sempre da tempesta di Carlo Cresto-Dina con Rai Cinema, in coproduzione con Ad Vitam Production e Amka Films Productions, La chimera uscirà prossimamente nelle sale italiane (verosimilmente in autunno) con 01 distribution. Nel frattempo, su Mubi è sempre disponibile l’intera retrospettiva sulla regista, In cerca della meraviglia.

 

 

 

 

 

26 Maggio 2023
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