Mihajlovic, a Roma i funerali con il gotha del calcio
I funerali di Sinisa Mihajlovic, scomparso tre giorni fa a 53 anni a causa della leucemia, si sono tenuti questa mattina a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in a piazza della Repubblica (nella foto la moglie, Arianna). Nella camera ardente allestita nella sala della Protomoteca in Campidoglio, sono arrivate migliaia di persone ieri. Tifosi da tutta Italia, appassionati e addetti ai lavori hanno omaggiato l’ex campione serbo. E tutti hanno rimarcato la sua schiettezza e lo spirito battagliero.
Mihajlovic, quanti amici ai funerali
Quanti volti noti al funerale di Sinisa. Tanti i compagni di squadra del passato, in chiesa: tra questi Luca Marchegiani (che si è commosso quando ha appreso la tragica notizia in una live su YouTube sul canale di Fabio Caressa) e Stefano Fiore, che hanno giocato nella Lazio insieme al serbo. Il tecnico scomparso ha vinto, da calciatore, lo scudetto del 2000 con i biancocelesti.
Presenti al completo le squadre del Bologna, della Lazio (con l’Aquila olimpia ed il presidente Lotito in testa) e della Stella Rossa di Belgrado, la squadra con cui Mihajlovic ha vinto la Coppa dei Campioni da calciatore, nel 1991. C’erano Francesco Totti (che per esserci ha anticipato il ritorno da Doha), Daniele De Rossi, Angelo Di Livio, Bruno Conti ed una rappresentanza ufficiale della Roma con lo standardo.
E poi ancora il ct della nazionale italiana Roberto Mancini (un fratello per Mihajlovic, tanto che all’uscita ha portato la bara), il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, Vincenzo Montella, il presidente del Coni Giovanni Malagò, Franco Baresi, vicepresidente onorario del Milan, Massimo Ferrero, ex presidente della Sampdoria ed il ministro dello Sport Andrea Abodi. E poi ancora Luca Cordero di Montezemolo, Urbano Cairo, Dejan Stankovic e Vladimir Jugovic, compagni di nazionale e di club, Attilio Lombardo (ex compagno dei tempi della Samp).
Le parole del cardinale Zuppi
Il cardinale Zuppi, che ha officiato la funzione, ha detto che: «La sua autenticità spesso lo ha portato al limite. A Medjugorje disse: ho cominciato a piangere, come un bambino, non riuscivo a trattenermi e mi sono sentito piu forte e più uomo quel giorno che in tutta la mia vita. Su quella panchina mi sono ripulito, ho iniziato a pregare e da lì l’ho fatto sempre. Non per dire voglio, ma grazie. Mi sono sentito appagato e puro, come un bambino appena nato. Le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Sinisa non scappava, l’ha affrontato con coraggio e credo che ha dato tanto coraggio parlandone, piangendo davanti agli altri, condividendo il passaggio verso la fragilità. Il guerriero ha vinto con la dolcezza della fragilità. La fragilità è una porta, non un muro. Voglio dire a tutte le persone di non abbattersi. Grazie Sinisa. Il fischio finale per ogni credente è che, con la morte, si apre il secondo tempo della vita. Spero tu stia bene. Oggi Sinisa è libero con te».
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