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4:27 pm, 7 Dicembre 22 calendario

In un anno i ghiacciai arretrati di 40 metri sulle Alpi Occidentali

Di: Redazione Metronews
In un anno
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In un anno l’effetto è vistoso: il 2022 è stato terribile per i Ghiacciai alpini. Nelle Alpi Occidentali si registra in media un arretramento frontale annuale di circa 40 metri. Tra i sorvegliati speciali i ghiacciai del Gran Paradiso con un arretramento frontale di 200 metri e i ghiacciai Planpincieux e Grandes Jorasses in Val Ferret (AO) per il rischio di crolli di ghiaccio. Alla vigilia della Giornata internazionale della montagna, Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano presentano il report finale della Carovana dei ghiacciai 2022. In ciascuno dei tre settori alpini (occidentale, centrale e orientale) i ghiacciai registrano un arretramento e i più piccoli e alle quote meno elevate stanno perdendo il loro “status” di ghiacciaio, riducendosi ad accumuli di neve e ghiaccio o poco più. Nelle Alpi Occidentali si registra in media un arretramento frontale annuale di circa 40 metri. Importante è il ritiro di ben 200 metri della fronte del Ghiacciaio del Gran Paradiso. E ancora i ghiacciai del Timorion (in Valsavaranche) e del Ruitor (La Thuile) con una perdita di spessore pari a 4,6 metri di acqua equivalente, la peggiore perdita degli ultimi ventidue anni. Accentuati i ritiri glaciali del Ghiacciaio di Verra (Val d’Ayas), del Ghiacciaio del Lys e degli altri corpi glaciali del Monte Rosa, come il Ghiacciaio di Indren, che in due anni, ha registrato un arretramento frontale di 64 metri, 40 solo nell’ultimo anno. Il Pré de Bar, che dal 1990 ad oggi registra mediamente 18 metri di arretramento lineare l’anno e il Miage che in 14 anni ha perso circa 100 miliardi di litri di acqua.

In un anno il ghiaccio ridotto all’osso

Nel settore centrale, emblematico il Ghiacciaio del Lupo che, solo nel 2022, nel suo bilancio di massa registra una perdita del 60% rispetto a quanto perso nell’arco di 12 anni. Il Ghiacciaio di Fellaria (Gruppo del Bernina, Val Malenco) perde in 4 anni quasi 26 metri di spessore di ghiaccio. Tra i fenomeni di collasso delle fronti spicca quello del Ghiacciaio del Ventina (Gruppo del Monte Disgrazia), che in un anno ha perso 200 metri della sua lingua. Per quanto concerne le Alpi Orientali, del grande Ghiacciaio del Careser (Val di Pejo), rimangono placche di pochissimi ettari, la sua superficie si è ridotta dell’86%. Numerosi gli arretramenti delle fronti, in gran parte dovuti alla cesura delle parti frontali, oltre un chilometro per la Vedretta de la Mare e a 600 metri per il Ghiacciaio di Lares (Gruppo dell’Adamello). E il Ghiacciaio della Marmolada tra quindici anni potrebbe scomparire del tutto, dopo che nell’ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume. In linea con gli altri due settori le perdite di spessore registrate per i ghiacciai di Malavalle e della Vedretta Pendente. Unica eccezione è il Ghiacciaio Occidentale del Montasio, piccolo ma resistente che, pur avendo subito in un secolo una perdita di volume del 75% circa e una riduzione di spessore pari a 40 metri, dal 2005 risulta stabilizzato, in controtendenza rispetto agli altri ghiacciai alpini.

Pichetto: «Subito Piano per mitigazione del rischio»

«Anche a livello nazionale è necessario attuare una strategia che ci permetta il raggiungimento degli obiettivi di mitigazione del rischio e che ci porti a rafforzare la capacità di adattamento al cambiamento climatico». Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, in audizione in Commissione Ambiente al Senato. «I dati scientifici identificano l’Italia e l’intero Mediterraneo come aree critiche, ovvero particolarmente esposte agli effetti dei cambiamenti climatici. Alcuni progetti di adattamento al cambiamento climatico sono già in corso, ma è necessario dare seguito alla Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici mediante l’approvazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici che a giorni dovrebbe essermi consegnato dopo una lunga procedura di valutazione delle strutture». Inoltre, «dovremo procedere all’adozione dei decreti attuativi della legge Salvamare, necessari per dare seguito alle iniziative di risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare. Analogamente è necessario procedere con misure tese alla tutela del suolo, in quest’ottica sarà fondamentale l’approvazione di una legge nazionale sul consumo di suolo. Intanto, la costituzione del Fondo per il contrasto al consumo di suolo nella legge di bilancio per il 2023 con uno stanziamento complessivo di 160 milioni di euro per il periodo 2023-2027 dimostra l’impegno del governo sul tema».

Un milione di specie a rischio estinzione

Ha preso ufficialmente il via a Montreal, in Quebec, la conferenza Onu sulla biodiversità, la Cop15, che fino al 19 dicembre mette 196 Paesi di fronte alla sfida di raggiungere un accordo mondiale decennale per salvaguardare la natura e le risorse indispensabili alla sopravvivenza dell’umanità. «Un pianeta in crisi»: così la segretaria esecutiva della Convenzione Onu sulla diversità biologica (Cbd), Elizabeth Maruma Mrema, ha descritto lo stato della biodiversità globale. In effetti la missione è colossale: riuscire a concludere entro due settimane un’intesa storica già considerata come l’ultima possibilità per salvare decine di specie e habitat da una distruzione ormai irreversibile. Studi e rapporti lanciano l’allarme sul fatto che si tratti di una corsa contro il tempo: un milione di specie sono minacciate di estinzione, un terzo dei terreni è gravemente degradato e i suoli fertili stanno scomparendo, mentre inquinamento e cambiamenti climatici stanno accelerando il degrado degli oceani. «L’umanità è diventata un’arma di estinzione di massa a causa del nostro appetito sconfinato per una crescita economica incontrollata e ineguale», ha tuonato Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, durante il pre vertice tenutosi dal 3 al 5 dicembre.

7 Dicembre 2022
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