Teatro Milano
12:30 pm, 30 Novembre 22 calendario

Marco Tullio Giordana e Lo Cascio raccontano Pasolini

Di: Redazione Metronews
condividi

TEATRO All’Elfo Puccini fino a domenica è di scena Pa’, drammaturgia di Marco Tullio Giordana anche regista e di Luigi Lo Cascio anche interprete. Lo spettacolo parte dai testi di Pier Paolo Pasolini ponendosi alcune domande: quanto attuale rimarrà Pasolini dopo questo centenario? E cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito dal tempo?

Marco Tullio Giordana e Luigi Lo Cascio cercano risposte attraverso una cernita nell’immenso opus pasoliniano partendo da quell’epiteto, Pa’, con cui lo chiamavano i ragazzi.

Marco Tullio Giordana e Pier Paolo Pasolini

«Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario dalla nascita, quanto attuale rimarrà Pasolini – spiega Marco Tullio Giordana – cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura. Io sono stato uno di quei ragazzi che lo chiamavano Pa’, un contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse considerato un maestro irraggiungibile. Nella sua poesia ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli, ma come se tutto fosse stato risolto in una Forma e apparisse perciò meno doloroso, meno disperato di quanto trapelava negli articoli o nella prosa militante. Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente dotato, amatissimo e indisponente».

«Pasolini non voleva essere un profeta»

«Dopo il suo assassinio – prosegue Marco Tullio Giordana – non mi sono mai chiesto cosa restasse di lui, mentre me lo chiedevo sempre per i suoi detrattori. La perdita di una formidabile e autorevolissima figura pubblica era sotto i nostri occhi, pazienza per quelli che non l’hanno capito al volo. Per molti fu necessario aspettare l’avverarsi delle “profezie”, il giungere puntuale di ciò che aveva visto da lontano. Ma Pasolini non voleva essere profeta: il suo era un grido di battaglia che bisognava raccogliere per fronteggiare il declino anziché trattarlo come un visionario jettatore».

Marco Tullio Giordana: «Ognuno ha il suo Pasolini»

«Più che la desolata rappresentazione dell’Italia che non c’è più – conclude il regista -, mi colpisce oggi quanto fosse per lui necessario consumarsi e mettersi a repentaglio, addirittura fisicamente, per poter decifrare e descrivere il suo Paese. Qualcosa che non riguarda solo l’intelligenza ma il corpo, la carne, il sangue. Questo spettacolo cerca di dar conto proprio di questa disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di apparire parziale o arbitrario. D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro. Anzi il “suo”, perché non c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera tanto che potremmo definirlo un’autobiografia in versi».

 

30 Novembre 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo