Milano
2:00 pm, 13 Novembre 22 calendario
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Chiude Vannucci, la boutique che vestiva i russi

Di: Sergio Rizza
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Vannucci chiude. La storica boutique in galleria San Babila è in liquidazione. Il titolare, Giovanni Pagliarello, con Metro si sfoga così: «Abbiamo avuto il Covid. Poi la mazzata del cantiere della M4. E infine la guerra, che ci ha tolto i ricchi clienti russi e ucraini».

Vannucci in liquidazione (foto Sergio Rizza)

San Babila, Vannucci in liquidazione dopo quasi mezzo secolo

Boutique multimarca di alta gamma, questa la definizione esatta. Vendeva (e vende ancora, finché dura la liquidazione) capi di qualità top. Come quelli della napoletana Kiton, ai vertici della sartoria italiana: giacche di lana ultra-fine (un abito può costare cinquemila euro) comode e leggere come pullover. Capi venduti per mezzo secolo, perché Vannucci è davvero un’attività storica. Fu fondata nel 1976 da Sebastiano Pagliarello, siciliano di Campobello di Licata, che scelse, per l’insegna, «non il proprio cognome, ma quello del Perugino», spiega Giovanni, il figlio. «Vannucci in effetti suonava elegante» (insieme, in alto, nella foto di Roby Bettolini).

“Vannucci” suona bene anche oggi, per la verità. Ma i tempi sono proprio cambiati. E la chiusura di una “bottega storica” offre il destro per fare il punto sull’oggi.

Pagliarello: «Pandemia e cantiere M4. Poi la guerra che porta via i clienti russi e ucraini..»

La guerra e la pandemia hanno inciso, ma c’è di più. «Non è un caso che boutique come la nostra stiano chiudendo una dopo l’altra», racconta Giovanni. «La clientela importante, quella che spende, non ha smesso di comprare: ma compra solo in svendita, negli showroom che nascono come funghi al di fuori del circuito dei negozi come il nostro», continua Giovanni. Che anni fa, al consiglio di Federmoda di cui faceva parte, dice di aver scritto, con anticipo preveggente, una allarmata relazione.

Tra “Family and friends” e “special sales” le boutique storiche in crisi

Punta il dito, Pagliarello, contro «le special sales, le friends & family, insomma quegli eventi lì. I grandi marchi della sartoria o della pelletteria, che hanno sede a Milano, una volta promuovevano in proprio vendite super scontate per tempi e casi limitati. Tutte taglie 38, faccio per dire. Ora tutto si è allargato a macchia d’olio. C’è un gruppo chiuso su Facebook, per esempio, che ha qualcosa come 40 mila iscritti. E non sono mica poverelli. Si precipitano sui capi di lusso a prezzi ribassati come mosche sul miele, contribuendo a devastare il mercato di quelli come noi. Noi facciamo ricarichi anche forti, ma corretti. E seguiamo il cliente come Dio comanda: una piegolina sulla giacca, un “difetto” qua, uno là…».

Ha anche pesato, e molto, diceva Pagliarello, l’eterno cantiere della M4, la quarta linea del metrò: «Ha diviso piazza San Babila in due», analizza, «a destra, una zona quasi normale, a sinistra, dove siamo noi, una terra di nessuno. Zero passaggio. E tanti disperati che dormono nei cartoni sotto i portici. Mi dicono: ma perché chiudi proprio ora? Il cantiere è alla fine. Sì, rispondo io. Ma siamo alla fine anche noi».

Giovanni Pagliarello (foto Sergio Rizza)

Giovanni Pagliarello: «Così Vannucci lavorava con i ricchi clienti russi»

La “fine” prende le sembianze, friends and family a parte, della guerra e della clientela che la guerra si è portata via. Ricchi da far paura: «Lo shopping di certi russi, o anche ucraini, era una parte rilevante del nostro fatturato». Gente altolocata, papaveri dell’industria: dalla grande distribuzione all’energia. Funziona (funzionava) così: «Lavoravamo con tutto il mondo, Parigi, Mumbai, Dubai, ma anche Kazakhstan, Kirghizistan…ma, appunto, tanta Russia e Ucraina. Il primo contatto avveniva in negozio». Il tutto veniva poi perfezionato a domicilio: «Venivo convocato a Mosca, a San Pietroburgo, a Sochi, in certe magioni super sorvegliate nei quartieri residenziali. Portavo con me anche un sarto o un calzolaio, i campioni dei tessuti, prendevo le misure». Poi il ritorno a casa, in bottega, «a passare l’ordine ai fornitori che confezionavano abiti, camicie, scarpe. A volte, anche, si faceva un viaggio-test per verificare taglie e abbinamenti. Infine, il ritiro in negozio. Di persona o tramite assistente».

L’impatto delle sanzioni contro i russi sul Quadrilatero della moda

La clientela ucraina, alle prese con un Paese devastato, ha altro cui pensare, oggi. Quella russa è rimasta tagliata fuori dalle sanzioni seguite alla guerra, per la pura e semplice impossibilità di usare una carta di credito. O anche solo per «il disagio di venire a Milano». La botta è stata pesante per tanti, nella città del Quadrilatero della Moda, anche se c’è chi ha elaborato stime rassicuranti. Global Blue, società leader nel settore dello shopping tax free, alla fine dello scorso mese di settembre garantiva come alla Settimana della Moda «il nuovo mix di nazionalità in ingresso (americani, arabi e britannici, con i cinesi in timida ripresa, ndr) sia riuscito a compensare lo scarso apporto che russi e cinesi hanno dispensato durante la manifestazione». Ma russi e cinesi, insieme, costituivano una volta ben il 40% del totale. Siamo proprio sicuri che vada tutto bene?

«Se tu mi farai sentire a mio agio, sarò sempre tuo cliente»

«Mi sembrano stime ottimistiche», nota Pagliarello, «possono forse valere per le boutique dei grandi marchi in via Montenapoleone, ma non per tutto quello che c’è attorno». Di sicuro, resta il rimpianto, e non solo economico, per compratori come i russi: «Amano tutto dell’Italia, fino alla follia: la moda, certo, ma anche l’arte, la vita, la cucina. Fra i miei clienti più affezionati c’era un “big” della grande distribuzione. Il “Caprotti” di tutte le Russie. Un giorno venne da me e mi disse: “Sai, a me piace molto l’eleganza italiana. Compro un mucchio di cose, ma non mi sento mai a mio agio. Se tu riesci a risolvermi questo problema, verrò sempre da te». Nacque così un rapporto fiduciario, «che andava oltre il semplice rapporto cliente-negoziante. Molti approcciano il big spender come uno che non vedranno mai più, uno al quale cercare di vendere il più possibile. Per me non è mai stato così». E’ cosi. E non sarà mai più così. Almeno per Vannucci e per Giovanni Pagliarello.

13 Novembre 2022
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