Luciano Puzzo e il destino dell’opera
Scripta manent di Luciano Puzzo; perché manent? Rimangono perché dinanzi allo svanire di ogni cosa massacrata dal tempo , si innalza l’opera. Libro prezioso questo dell’artista, libro che ci riguarda assai da vicino, direi visceralmente. Libro che unisce poesia, pensiero, racconti, tutti legati strettamente (e non potrebbe essere altrimenti) all’opera d’arte. Il punto di partenza non è solo la mala sistemazione della società, ma il disessere stesso, cioè la realtà nella sua miseria ontologica. Infatti “Come se tutto, intorno a noi, vivesse in uno stato di inguaribile afonia”. Che cosa può mettere fra parentesi, per un attimo, l’afonia del tutto? L’opera appunto. “Parole moltiplicate l’una sull’altra, illeggibili, / prive di suoni conosciuti, / sembrano non voler raccontare nulla / finchè un gesto attonito (il corsivo è nostro) / squarcerà il loro silenzio”. E ancora, riferendosi al proprio lavoro di fotografo: “Ho scattato una sequenza di fotogrammi immaginari, / dettagli senza tempo per raccontare una storia, / una storia altra”. Di seguito: “ Le forme esterne, spesso cubi e assi di legno dipinte o ricoperte di carta dipinta, vogliono essere un tentativo gestuale di conferire all’opera un momento intimo “altro”, una ipotetica speranza”. Da qui nasce l’amore del nostro per l’aquilone: “Quando lo vide lontano, la sua mente volò alta. Si immaginò appeso all’aquilone di carta colorata andare incontro all’immaginario infinito”. Perché l’immaginario è infinito? Perché l’immaginario, che è la vera nostra sostanza, rivela il desiderio umano di essere Dio. L’uomo si scopre, sostiene Sartre, mancanza d’essere; il progetto fondamentale per colmare questa debolezza radicale è però un ideale impossibile: appunto realizzarsi come pienezza d’essere, quella pienezza che appartiene esclusivamente e trionfalmente solo a Dio. Il libro non si risolve però unicamente all’interno della metafisica e dell’ontologia; il pittore è interessato anche alla storia che stiamo vivendo. Vediamo come.
Luciano Puzzo intende essere contemporaneo al proprio tempo, secondo l’indicazione di Manet; essere contemporanei al Ventunesimo Secolo significa affrontare I’Antropocene, l’epoca che vede l’uomo distruggere il pianeta sul quale posa i piedi. Da qui la partecipazione e l’organizzazione delle mostre “Maree” del 2020 e di “Come osate?” del 2021. Poco prima delle due mostre ecco Mare di plastica del 2019; “il mare è ormai ostaggio della plastica. La sua purezza cristallina… non esiste più. E’ una fake news. Condannato a vita, continuerà ad accogliere la barbarie quotidiana di esseri umani indistinguibili, nascosti tra le pieghe del’insensibilità della globalizzazione senza freni inibitori”. A tutt’oggi il nostro continua ad operare in tale direzione; dato questo che lo porta a denunciare spes contra spem i pericoli immani che gravano sull’umanità. Luciano Puzzo sa che certo l’arte da sola non può risolvere i problemi; la sua arte, può però compiere il proprio dovere di esplicitazione fino in fondo. Infatti se il pianeta sprofondasse nella sua apocalisse non sarebbe possibile, per l’artista, aprire quegli spazi di essere che gli competono e che sono una grandiosa ragione di vita. Non sarebbe possibile ripetere, in un altro luogo, il miracolo di Ortigia accaduto nel 2018. “Sono solo, neanche un minimo rumore interno, concentrato… lo scrigno è aperto”. Il disessere tace; la guerra del mondo e dell’uomo per un attimo si spegne. L’opera scaturisce dalla fotografia che rivela il mare cristallino, le architetture barocche, le meraviglie di Ortigia. Un’altra esistenza, una esistenza compiuta si sovrappone a quella che ha la contingenza per sua amara essenza. L’opera edifica così un Altrove che si celebra nell’irrealtà di un quid strepitoso. Braccati dall’esistenza e dalla possibile fine del pianeta, mentre veniamo gettati nella Ortigia dell’artista, troviamo un varco per una salvezza a cui aspiravamo da sempre e che ci dona, lo ripetiamo con forza, l’epifania momentanea ma lancinante dell’opera. Quando il tempo dell’opera sbarra il tempo dell’esistenza, la nausea di Antoine Roquentin, il protagonista del capolavoro sartriano del 1938, si nasconde e l’amico Luciano Puzzo ci offre il suo solido braccio per andare avanti, per attraversare il mare tenebroso dell’insensato con una lampada che emana una luce intensa, viva, palpitante; una luce di cui non possiamo fare a meno nella nostra più sottile profonda umanità .
Robertomaria Siena
presentazione dell’Artista
sabato 19 novembre 2022 ore 17,30
Micro Arti Visive, Roma, Viale G.Mazzini 1
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