Etiopia
5:00 pm, 12 Settembre 22 calendario

Etiopia, il Tigray pronto a negoziare la pace

Di: Redazione Metronews
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ROMA I ribelli del Tigray si sono detti pronti a negoziare con il governo di Addis Abeba, sotto l’egida dell’Unione africana, per porre fine alla guerra nel nord dell’Etiopia. Una notizia che è stata accolta favorevolmente dalle parti in causa, con sfumature diverse, e in particolare dalla comunità internazionale che ha chiesto di cogliere «l’opportunità» per la pace in Etiopia.

Dall’inizio del conflitto nel novembre 2020, numerosi sforzi diplomatici per portare sullo stesso tavolo le autorità ribelli del Tigray e il governo federale sono rimasti vani. E la ripresa dei combattimenti il 24 agosto scorso, dopo una tregua di cinque mesi, aveva ulteriormente oscurato le prospettive di una pace negoziata.

Il Fronte di liberazione popolare del Tigray e l’Unione africana

Ma in una dichiarazione rilasciata domenica sera, le autorità del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) si sono dette pronte «a partecipare a un solido processo di pace sotto gli auspici dell’Unione Africana» (Ua). Finora avevano sempre rifiutato la mediazione dell’inviato speciale dell’Ua, l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, denunciando la sua «vicinanza» al primo ministro etiope Abiy Ahmed.

Questo cambio di rotta è senz’altro una notizia positiva. Il governo, che a fine luglio aveva ribadito di essere pronto a discutere «in qualsiasi momento e ovunque» con la mediazione dell’Ua, per ora non ha ancora reagito ufficialmente, anche se il ministro della Pace etiope, Taye Dendea, ha descritto l’annuncio del Tplf come «uno sviluppo positivo», ma ha insistito sul fatto che le Forze di difesa del Tigray «devono essere disarmate prima dell’inizio dei colloqui di pace».

L’Unione africana ha accolto con favore l’annuncio del Tigray, definendolo «un’opportunità unica». Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nonché il capo della diplomazia europea Josep Borrell hanno chiamato «a cogliere questa opportunità».

Gli Stati Uniti, in una dichiarazione del segretario di Stato, Antony Blinken, hanno anche invitato «i leader del Paese a mettere l’Etiopia su un sentiero che ponga fine alla sofferenza e porti a una pace duratura» e invitando «l’Eritrea e altri a smettere di esacerbare il conflitto».

I combattimenti nel nord dell’Etiopia

I combattimenti nel nord dell’Etiopia hanno imperversato su più fronti dalla ripresa delle ostilità il 24 agosto, anche se entrambe le parte ne negano la responsabilità. I ribelli accusano gli eserciti etiope ed eritreo di aver lanciato un’offensiva congiunta dall’Eritrea, paese che confina con il Tigray settentrionale, e che ha già dato una mano alle forze etiopi durante la prima fase del conflitto. Notizia che non è stata confermata da fonti indipendenti, anche perché i giornalisti non hanno accesso al nord dell’Etiopia.

A fine luglio, il consigliere per la sicurezza nazionale di Abiy Ahmed, Redwan Hussein, ha affermato che «il governo era pronto a discutere sempre e ovunque», aggiungendo che «le discussioni dovrebbero iniziare senza precondizioni».

Le autorità del Tigray verso un processo di pace «credibile»

Nel loro comunicato le autorità tigrine non hanno menzionato alcuna precondizione, affermando il loro desiderio di un processo di pace «credibile» con mediatori «reciprocamente accettabili» e osservatori internazionali.

«Siamo pronti a rispettare una cessazione immediata e concordata delle ostilità, al fine di creare un’atmosfera favorevole», si legge nella nota delle autorità tigrine.

Il leader del Tplf, Debretsion Gebremichael, in una lettera inviata quattro giorni fa al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva offerto, però, una tregua condizionata, chiedendo in particolare «l’accesso umanitario senza ostacoli» e il ripristino dei servizi essenziali in Tigray, colpito da una grave carenza di cibo e privato di elettricità, comunicazioni e servizi bancari, chiedendo, anche, la partenza delle forze eritree presenti sul territorio etiope e il ritiro delle forze regionali amhara che hanno preso posizione dalla fine del 2020 nel Tigray occidentale, regione contesa e rivendicata da Tigray e Amhara.

Il conflitto secondo le Nazioni Unite

Non si conoscono i numeri dei morti causati dal conflitto; di sicuro si sa che ha provocato lo sfollamento di oltre due milioni di persone e ha fatto precipitare centinaia di migliaia di etiopi in condizioni prossime alla fame, secondo le Nazioni Unite.

Sempre secondo l’Onu, la ripresa dei combattimenti ha completamente interrotto il trasporto stradale e aereo degli aiuti umanitari nella regione del Tigray (https://it.wikipedia.org/wiki/Regione_dei_Tigr%C3%A8). Il conflitto nel nord dell’Etiopia è scoppiato nel novembre 2020, quando Abiy Ahmed ha inviato l’esercito federale nel Tigray per rimuovere le autorità dissidenti dalla regione, accusandole di aver attaccato basi militari. Inizialmente sconfitte, le forze ribelli del Tigray hanno ripreso il controllo della maggior parte della regione nel 2021.

Il conflitto nel Tigray – tutte le date

Il conflitto nel Tigray ha provocato centinaia di morti e migliaia di sfollati. Ora le speranze di un cessate il fuoco sono riposte in questo annuncio delle autorità del Tigray di voler avviare colloqui di pace sotto l’egida dell’Unione africana, per porre fine alle ostilità. Sono queste le date chiave del conflitto iniziato quasi due anni.

L’intervento militare
Il 4 novembre 2020, il primo ministro etiope Abiy Ahmed, premio Nobel per la Pace 2019, ha lanciato un’operazione militare contro le autorità regionali del Tigray, il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (Tplf), che accusa di aver attaccato due basi dell’esercito federale.

Il 13 novembre 2020 l’Onu è allarmata da una «crisi umanitaria su vasta scala» dopo la fuga di decine di migliaia di civili. Si segnala la presenza di truppe provenienti dalla vicina Eritrea, nemica giurata del Tplf già dalla guerra di confine tra il 1998 e il 2000.

Il 28 novembre 2020, Abiy Ahmed ha dichiarato «conclusa» l’operazione militare dopo la presa del capoluogo regionale Mekele, ma i combattimenti non si sono fermati. A fine febbraio 2021, Amnesty International ha accusato i soldati eritrei di aver ucciso «centinaia di civili».

Il 10 marzo 2021 Washington ha denunciato «atti di pulizia etnica» nel Tigray occidentale.

Il 23 marzo 2021, Abiy Ahmed ha riconosciuto la presenza di truppe eritree nel Tigray, quindi ne ha annunciato la partenza.

La controffensiva dei ribelli
Il 28 giugno 2021 i ribelli hanno ripreso Mekele, dieci giorni dopo aver lanciato un’offensiva che ha permesso loro di recuperare gran parte del Tigray.

Il 5 agosto 2021 i ribelli hanno preso la città di Lalibela, nella vicina regione di Amhara, inserita nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Mobilitazione generale.

Il 10 agosto 2021 Abiy Ahmed ha invitato la popolazione a unirsi alle forze armate.

Alla fine di ottobre 2021, il Tplf ha rivendicato la presa di Dessie e Kombolcha, città strategiche di Amhara sulla strada che porta alla capitale. Il governo nega, ma dichiara lo stato di emergenza all’inizio di novembre.

Il 3 novembre 2021, un rapporto Onu-Etiopia ha concluso che crimini contro l’umanità erano stati commessi da «tutte le parti».

Dal 24 novembre 2021, Abiy Ahmed ha condotto una «controffensiva» al fronte per due settimane.

All’inizio di dicembre 2021, le autorità hanno annunciato l’acquisizione di Lalibela, Dessie e Kombolcha.

Il 20 dicembre 2021 i ribelli hanno annunciato il loro ritiro nel Tigray per «aprire la porta» agli aiuti umanitari. Si è aperta così una tregua umanitaria.

L’8 gennaio 2022 i ribelli accusano l’Etiopia di aver ucciso decine di persone in un bombardamento che ha colpito un campo per sfollati a Dedebit.

Il 24 marzo il governo decreta una «tregua umanitaria» per consentire l’accesso agli aiuti. I ribelli si impegnano a rispettare un cessate il fuoco.

Il primo aprile i convogli di aiuti internazionali sono ripartiti verso il Tigray, ma secondo le Nazioni Unite sono insufficienti.

Il 26 aprile, i ribelli affermano di essersi ritirati dalle aree che occupavano ad Afar. Il governo lo nega. Nascono le prime speranze per i negoziati.
Alla metà del mese di luglio scorso, si tiene la prima riunione di un comitato governativo incaricato di condurre i futuri negoziati di pace. I ribelli affermano di formare una squadra per possibili colloqui.

Il 25 luglio una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani nel conflitto inizia la sua prima visita in Etiopia. Intanto, riprendono i combattimenti.

Il 24 agosto, la guerra ricomincia in un’area a sud del Tigray, poi altrove a ovest e a nord nei giorni successivi. Governo e ribelli si accusano a vicenda di aver infranto la tregua. Secondo l’Onu, queste ostilità interrompono la consegna degli aiuti umanitari.

All’inizio di settembre i ribelli denunciano un’offensiva «congiunta» delle forze etiopi ed eritree contro il Tigray settentrionale dall’Eritrea.
I ribelli annunciano l’11 settembre di essere pronti a partecipare ai colloqui di pace sotto l’egida dell’Unione Africana (Ua), una «opportunità unica» per porre fine a quasi due anni di guerra, secondo il presidente della Commissione dell’Unione africana.

12 Settembre 2022
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