Addio a Claudio Garella, super portiere di Verona e Napoli
Lutto nel mondo del calcio. Si è spento a 67 anni Claudio Garella, protagonista negli anni Ottanta fra i pali del Verona prima e del Napoli di Maradona poi. Con l’Hellas conquistò lo scudetto nel 1985, quando alla guida della squadra c’era Osvaldo Bagnoli, con i partenopei fece il bis due anni dopo, alzando al cielo anche la Coppa Italia. Cresciuto nelle giovanili del Torino, ha giocato anche con Lazio, Sampdoria e Udinese prima di chiudere la carriera all’Avellino.
Claudio Garella detto “Garellik”: parava anche con i piedi
Torinese di nascita, era soprannominato Garellik, ed era famoso anche per l’abilità con cui parava con i piedi. La notizia della sua scomparsa è stata data proprio dal Verona, che «piange la scomparsa di una autentica Leggenda della propria storia ultracentenaria». Aveva gravi problemi cardiaci, che alla fine, dopo un’operazione chirurgica, gli sono stati fatali.
Il ricordo commosso di Salvatore Bagni
Salvatore Bagni, grande mediano del Napoli scudettato e suo compagno, parlando con LaPresse lo ricorda così: «Claudio era un gigante buono, una persona umile che andava d’accordo con tutti. Una persona troppo per bene. Non lo sentivo da un po’, lui si era isolato, aveva un carattere molto riservato. Ma lo ricordo con grande affetto, si faceva voler bene e andava d’accordo con tutti. L’ultima volta l’ho visto nel 2005 alla partita d’addio di Ciro Ferrara. Era un compagno ideale e ha vinto tanto, stava nel suo e aiutava i compagni in ogni momento. Non potevi non avere un rapporto positivo con lui, era impossibile».
Il Napoli saluta in Garella uno dei suoi «protagonisti assoluti»
Il Napoli di De Laurentiis lo ricorda così: «Fu tra i protagonisti assoluti del primo scudetto azzurro nella stagione 1986/87. Era arrivato a Napoli nell’estate del 1985, all’alba della radiosa era maradoniana. In azzurro ha disputato 3 stagioni vincendo il tricolore e la Coppa Italia. Soprannominato “Garellik”, per il suo stile unico e inconfondibile». Ne esalta il primato, che «definisce i contorni non solo sportivi ma anche umani, emotivi e professionali di un portiere che resterà sempre nella leggenda azzurra»
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