Musica
6:20 pm, 22 Giugno 22 calendario

Gualazzi: «Al Bar del Sole non si fanno cover»

Di: Redazione Metronews
condividi

MUSICA Raphael Gualazzi presenta il nuovo disco Bar del Sole. Il titolo la dice già lunga. Ad Urbino, la sua città natale, Gualazzi era solito suonare il pianoforte in un vecchio bar, decorato da soli di porcellana regalati negli anni da turisti e studenti del posto. Le prime settimane il suo pubblico era composto da un amico, la fidanzata di questo, e i soliti signori del bar. Nello spazio di un anno, centinaia di persone affollavano la via del Bar del Sole per ascoltarlo suonare.

Il Bar del Sole, un luogo e un disco per Raphael Gualazzi

Fu l’inizio di una lunga, bellissima, carriera, e così oggi Gualazzi, jazzista di fama mondiale ma anche ormai uno dei più sbrilluccicanti nomi del pop italiano, ha deciso di ritornare, perlomeno concettualmente, al passato con un disco in cui rielabora dieci capolavori del repertorio cantautorale italiano, un disco intitolato proprio Bar del sole.

«Per favore, non chiamatele cover»

Rivisitazioni, non cover, questo Gualazzi (https://it.wikipedia.org/wiki/Raphael_Gualazzi) ci tiene a specificarlo: «La parola cover mi ricorda mio cugino che diceva negli anni ’90: “Se vuoi venire a suonare Roma devi fare ‘e cover”. Devo dire che questa musica ci è stata di ispirazione ed è stato proprio nutrimento dell’anima fare questo progetto. Nel percorso musicale da interprete, da musicista e da cantante è veramente importante essere ispirati e stimolati da esperienze musicali, proprio come mi è successo quando ho fatto il direttore alla Notte della Taranta o ho suonato alla scala di Milano».

«Prima di un album di inediti, volevo tornare alle origini»

«In questo periodo – confida Raphael Gualazzi – sto lavorando ad un album di inediti e anche ad un sacco di collaborazioni, ma questo album e l’incursione dentro un repertorio del genere mi hanno permesso di acquisire un sacco di stimoli e di sensazioni nuove rispetto la musica. Mi ha rimesso in contatto con le mie origini e con la mia infanzia: era un repertorio che ascoltavo da bambino prima di cominciare ad ascoltare la musica africana, americana, prima di ascoltare quella roba lì, da bambino, ascoltavo cantautori italiani, eravamo negli anni ’80 e con i miei genitori ascoltavo Pierangelo Bertoli, Antonello Venditti, Cocciante e così via».

La scelta delle canzoni per Bar del Sole

Difficile per un musicista  scegliere nell’immenso repertorio cantautorale della nostra storia. «In realtà questa scelta è stata fatta insieme con un team – spiega Gualazzi – ovviamente con il produttore artistico Vittorio Cosma e insieme al team editoriale e di produzione di Sugar; si sentiva l’esigenza di creare un progetto che descrivesse un pochino una via di uscita da questo periodo di Covid, dall’emergenza sanitaria e dalle emergenze politiche e ambientali. Insomma, in un momento di grande confusione e caos la musica accompagna, come avrebbe detto Freud, “una sublimazione degli stati emotivi sociali”; quindi ho cercato proprio la sublimazione, la leggerezza, nel concetto del Bar del Sole, che è un luogo dell’anima ancor prima di essere il luogo reale ed essere il bar del cuore di chiunque nasce in un paese e ascolta buona musica».

«Quindi – continua Gualazzi  – questo repertorio è stato scelto soprattutto in base ai testi. Poi sicuramente ci sono anche degli aspetti emotivi, personali, legati alla mia infanzia, oltre che la grande stima verso alcuni artisti».

L’omaggio di Gualazzi ai grandi

Gualazzi si riferisce a Pigro, capolavoro di Ivan Graziani che insieme a Velio Gualazzi, batterista e papà di Raphael, fondò gli Anonima Sound nel 1964.

«Ivan Graziani era amico di mio padre – racconta il musicista – che negli anni ’60 ha collaborato con lui come batterista. Sono rimasto amico con lui, ho la stessa età di Filippo Graziani, che è il secondo figlio, ed avevo questa canzone che era la mia preferita quando ero piccolo. Per la scelta dei brani ci siamo concentrati in un periodo storico preciso, gli anni ’60/’70/’80, dove il cantautorato si è espresso al suo massimo».

Da lì è partita la tracklist che annovera brani fondamentali come Se perdo anche te, versione di Gianni Morandi di un brano di Neil Diamond, Centro di gravità permanente di Franco Battiato, Il mondo di Jimmy Fontana o Amore caro, amore bello, composto dalla premiata ditta Battisti/Mogol.

«Io quello che ricercavo – spiega ancora Gualazzi – era un contatto con le mie origini; da quando avevo 9 anni fino ad ora ho sempre ascoltato e suonato prevalentemente in inglese, ma non perché non riconoscessi la bellezza della musica italiana, ma proprio perché sono stato ispirato da un mondo diverso. Avevo la necessità di ricollegarmi con me stesso, con quello che fa parte di un’infanzia che si dimentica, che si rimuove da un certo punto di vista, e ho usato questo periodo cantautorale che mi ricollegava all’infanzia proprio per fare questo».

22 Giugno 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo