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5:38 pm, 26 Maggio 22 calendario

Tragedia funivia, mix di cause tecniche e umane

Di: Redazione Metronews
cause tecniche
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Tre cause tecniche dirette e altrettante indirette – umane e organizzative – sono state all’origine della tragedia della funivia del Mottarone, che il 23 maggio dello scorso anno causò la morte di 14 persone. Lo certificano le conclusioni della «relazione intermedia» pubblicata dalla commissione di indagine nominata dopo lo schianto dalla Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie e Marittime presso il Ministero delle infrastrutture. La commissione – composta dal professore Roberto Maja e dall’ingegnere Sergio Simeone – lungo i dodici mesi trascorsi ha effettuato approfondimenti, sentito persone coinvolte e raccolto documentazione (salvo quella riferita all’incidente probatorio, che è stata negata dal Gip).

Cause tecniche e umane

Per la tragedia sono state dunque individuate tre cause dirette: in primo luogo il «danneggiamento della fune traente in corrispondenza dell’attacco della testa fusa, particolarmente soggetta a progressivo invecchiamento dovuto a fenomeni di corrosione, fatica e dissesti o torsione per consumi anomali dei rulli di linea o per disassamento delle pulegge di rinvio della traente al contrappeso», poi «l’aumento di tensione della fune traente provocato dall’inerzia della massa del contrappeso appoggiato sul tampone inferiore per allungamento della stessa fune senza intervento del dispositivo di finecorsa di arresto urgente perchè reso inefficace dalla manomissione, o errato montaggio, dei dispositivi stessi», infine il «danneggiamento della fune traente per folgorazioni e correnti catodiche in prossimità degli attacchi a testa fusa». Vi sono poi due cause indirette, cioè «il fattore umano» ovvero la «inadeguata formazione e consapevolezza dei ruoli svolti dal personale di esercizio» e il «fattore organizzativo», cioè «l’esiguità del personale con mansioni di sicurezza e l’esternalizzazione di alcune importanti funzioni». C’è infine una «causa a monte», cioè la «assenza di un sistema di gestione della sicurezza con individuazione di ruoli e responsabilità nell’organizzazione».

Rotti due trefoli su tre

La relazione della commissione entra anche nel dettaglio della rottura della fune  esponendo quanto rilevato con l’esame visivo: «I trefoli sono aperti a pennello e i 114 fili presentano rotture di strizione e rotture a becco di flauto con tracce di ossido». «La configurazione a becco di flauto – proseguono i tecnici del ministero – è identificativa della rottura dovuta nel tempo a fatica per sollecitazione di flessione alternata e/o corrosione nel tratto di fune prossimo alla testa fusa, la rottura con strizione è identificativa di una rottura ultima per riduzione del numero di fili residui ancora integri». In base alla valutazione visiva, scrivono ancora i commissari «i fili con rottura a becco di flauto sono in rapporto circa di 2 su 3 rispetto ai fili che presentano rottura con strizione». Quanto al «fattore umano» i commissari scrivono che «tranne alcuni agenti con anzianità anagrafica e di servizio rilevante ma non sempre continua, gli altri anagraficamente più giovani risultano assunti da 2-3 anni. Soprattutto i più giovani e coloro addetti alla mansione di agente di stazione hanno denotato difficoltà e improvvisazione nel descrivere la propria attività».

Controlli e formazione insufficienti

La relazione rileva anche che la durata del turno di lavoro, da quando la società ha adottato l’esercizio senza agenti di vettura (cioè dall’agosto 2018), è, secondo i commissari, «insufficiente per svolgere le visite e i controlli previsti che precedentemente venivano svolti dai 4 agenti di cabina e dai 3 agenti di stazione». E in ogni caso, è stata rilevata una carenza formativa sui compiti che gli operatori sull’impianto dovevano svolgere. La commissione parla di «una formazione professionale della mansione insufficiente e lacunosa, conseguenza di un processo formativo esclusivamente impostato sul sapere fare (pratica) acquisito con poche giornate di apprendistato in servizio al seguito di un agente esperto o del Capo. Analoga e altrettanto insufficiente è risultata l’istruzione elargita relativa alla tipologia delle verifiche e dei controlli periodici di competenza dell’agente e alle modalità di registrazione di tali controlli».

Approccio superficiale e frettoloso

Anche le circostanze delle difficoltà dovute alla pandemia hanno determinato una certa leggerezza nelle operazioni di esercizio. Si legge nella relazione: «Le difficoltà economiche relative da una parte alla scarsa frequentazione dell’impianto in esercizio non continuativo durante l’intero anno, tale da indurre la società a richiedere e adottare l’esercizio senza agenti di vettura per ridurre i costi di esercizio, e dall’altra alle conseguenze dell’epidemia di Covid-19 nel mondo del turismo, possono aver inciso sulla percezione di insicurezza degli operatori circa il mantenimento del posto di lavoro determinando scarsa attenzione e cura durante il servizio. Tutti gli intervistati hanno confermato di aver dovuto eseguire la corsa di prova con viaggiatori presenti in cabina perchè l’inizio del turno di lavoro coincideva con l’apertura del servizio al pubblico». Quindi un approccio al lavoro approssimativo, deresponsabilizzato, superficiale e frettoloso. Nella parte finale della relazione, i tecnici del ministero tornano sulle cause tecniche e si soffermano sulla questione dell’inibizione dei freni di emergenza effettuata tramite l’inserimento dei cosiddetti forchettoni: «A prescindere dall’evento iniziale, si ribadisce che l’inibizione del freno di emergenza sulla portante ha reso disastrose le conseguenze della rottura della fune traente».

26 Maggio 2022
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