Catasto
5:58 pm, 6 Marzo 22 calendario
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Negli archivi del Catasto censiti 66 mln di immobili con rendita

Di: Redazione Metronews
Agenzia delle Entrate
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Lo stock immobiliare censito negli archivi del Catasto è composto da poco meno di 76,5 milioni di immobili o loro porzioni. Ad analizzare la dimensione del patrimonio immobiliare italiano, sul quale sta infuriando la polemica politica relativa alla riforma del catasto, è un dossier elaborato  dal Centro Studi Enti Locali (Csel), basato su dati dell’Agenzia delle Entrate aggiornati al 31 dicembre 2020. Quasi 66 milioni di questi immobili – spiega Csel – sono censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita. La somma delle rendite catastali (cioè la somma imponibile dal fisco) degli edifici di gruppo A, eccezion fatta per gli uffici, è di 17,2 miliardi di euro.

Tre milioni e mezzo di edifici censiti nella categoria F

Circa 3 milioni e mezzo sono, invece, censiti nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee, anche se solo temporaneamente, a produrre ordinariamente un reddito, e circa 6,8 milioni sono beni comuni non censibili, cioè di proprietà comune e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione. Gli immobili censiti nel gruppo F sono quelli che, per varie ragioni, non producono reddito – ricorda Csel – e che non risultano pertanto avere una rendita ai fini della tassazione. Vi rientrano: aree urbane (F/1), lastrici solari (F/5), unità in corso di costruzione (F/3), di definizione (F/4) o in attesa di dichiarazione (F/6), cioè unità che trovano in queste categorie una collocazione temporanea, alla quale dovrà seguire una classificazione rispondente alle definitive caratteristiche che assumeranno quegli immobili.

Nel 2020, gli immobili che risultavano essere in corso di costruzione erano 692.035 e quelli in attesa di dichiarazione 149.764. L’iscrizione nelle categorie F/3 e F/4 dovrebbe avere carattere esclusivamente temporaneo: da 6 a 12 mesi, prorogabili solo previa presentazione di una dichiarazione che dimostri che effettivamente i lavori di costruzione o ristrutturazione non sono stati completati. “Nella prassi, però, questa norma è largamente disapplicata e la permanenza, per anni o addirittura decenni, in queste categorie è diventata uno stratagemma diffuso per godere indebitamente dell’esenzione dalla tassazione che ne deriva”, avverte Csel.

Catasto: immobili non dichiarati al Sud sono il 6,5% contro 2% al Nord e 3,2% al Centro

Tra i numeri che possono dare un’idea della vastità della ‘zona grigia’ del patrimonio immobiliare italiano, ci sono quelli relativi all’utilizzo delle unità immobiliari di proprietà di persone fisiche.  Stando all’ultimo rapporto sugli immobili del Mef e dell’Agenzia delle Entrate, diffuso nel 2019, le unità immobiliari per le quali non è noto l’utilizzo – riferisce Csel – sono quasi 2,7 milioni, vale a dire il 4,8% del totale.

“Chiaramente, questi non sono automaticamente riconducibili a comportamenti elusivi. Dietro molti di questi immobili ci possono essere proprietari residenti all’estero o informazioni sbagliate contenute negli archivi, ma sicuramente una fetta importante è da ricondursi, per citare il rapporto stesso, a ‘comportamenti omissivi (evasione) da parte del proprietario'”, avverte Csel.

La concentrazione di questi immobili, che sono presenti negli archivi catastali ma non vengono poi riscontrati nelle dichiarazioni dei redditi, è tendenzialmente maggiore nel Sud del Paese rispetto al Centro-Nord. Sempre con riferimento alle unità di proprietà di persone fisiche, il mancato riscontro riguarda il 2% del totale al Nord, il 3,2% al Centro e il 6,6% al Sud. “Un andamento che potrebbe, però, essere spiegato anche – precisa Csel – con la maggiore propensione all’emigrazione dei cittadini del Meridione, che, in misura maggiore, potrebbero oggi avere cittadini residenti all’estero e proprietari di case nelle regioni di origine”.

6 Marzo 2022
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