Claudio Pacifico stuntman
12:33 am, 4 Marzo 22 calendario
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Claudio Pacifico: «Una vita da stuntman sfidando i pericoli»

Di: Orietta Cicchinelli
Claudio Pacifico stuntman
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“Era uno che aveva uno strano alone di luce intorno a sé, era chiaro che non si sarebbe fatto neppure un graffio” (pensa Willard-Martin Sheen in Apocalypse Now alla vista di Kilgore-Robert Duvall). E non importa se schiva bombe, si lancia da un aereo o da un grattacielo che sta per esplodere, si butta nella mischia di un saloon o duella tra, scimitarre, sciabole e katane in un set orientaleggiante. Claudio Pacifico, classe 1963, nasce stuntman e vive di conseguenza. Che sia nella sua Accademia al Via Salaria Sport Village o in un hangar, tra i campi di volo del Fly Roma sulla Prenestina, insegnando, da vero maestro d’armi, un mestiere affascinante e antico. Un mestiere ancora molto in voga nonostante l’uso e abuso, sempre più invadente, delle tecnologie.

Come nasce uno stuntman secondo Claudio Pacifico

«Mio padre, Benito Pacifico (attore di spaghetti western e polizieschi per Corbucci, Lizzani, Lupo, Steno…, ndr), mi ha cresciuto tra un ciak e l’altro. Avevo 5 anni, quando mi portò sul set di un western: ai miei occhi quei cavalli e pistoleri parevano giganti. Papà indossava un sombrero da messicano e aveva una cicatrice sul volto che io volevo togliergli… Da lì è nato il mio amore. Ero un predestinato e a 17 anni ho iniziato a lavorare nel cinema».

Una professione molto dura, ma anche divertente.
«In quegli anni il mestiere di controfigura si tramandava di famiglia in famiglia, come quasi tutto nel mondo dello spettacolo. Oggi si può accedere alla professione con un corso ad hoc. Io ho aperto la mia Stunt Concept Academy 10 anni fa, e ho impiegato 15 anni per realizzarla. Sono orgoglioso di aver già creato una generazione di stunt professionisti, uomini e donne, che gira il mondo».

Tra i tanti set…

«Ho sempre fatto cose di azione: da Mission Impossible a Gangs of New York a Body of Lies, passando per Il ritorno di Sandokan… Tutto nasce da una scintilla. Anche se la maggior parte dei ragazzi oggi arriva da me pensando di saper fare, c’è una bella differenza tra passione e dedizione, perché le tecniche da imparare sono infinite: non c’è spazio per il pressappochismo».

Come si diventa stuntman.
«Per entrare in Accademia si deve superare un test selettivo: bisogna dimostrare di avere quel quid che permette di fare qualsiasi performance, conoscendo i propri limiti Per questo gli stunt puri sono pochi al mondo».
Qualità richieste.
«Una grande padronanza extrasensoriale: non basta saper fare una caduta o una capriola sull’auto in corsa, ma occorre farla magari con vento, fuoco, con un costume ingombrante… Insomma, bisogna affrontare avversità e imprevisti con preparazione adeguata. Valutare il fattore rischio e le circostanze. Non c’è spazio per i matti. La vocazione va comunque ammaestrata. Tutto quel che ho fatto fin qui è stato un gioco, dove la fatica e il sacrificio erano il sale».
La selezione di Claudio Pacifico.
«È continua: si parte dal 1° livello di 3 mesi con addestramento di 7-8 ore al giorno. Scherma, lavoro in acqua, parkour servono solo a creare una base. In due mesi gli allievi devono raggiungere un certo livello: andando avanti gli allenamenti si intensificano. Sono 6 gli step: Junior stunt, Assitent stunt, Stunt pro, Assistent coordinator, Stunt coordinator. A marzo è previsto il test per un nuovo 1° livello che partirà ad aprile».

Ma per fare la controfigura cosa ci vuole?

«Si deve stabilire un rapporto con l’attore: ci si deve amalgamare. C’è uno studio del personaggio da interpretare, del periodo storico nel quale ci si cala per non sbagliare l’impugnatura, ad esempio, di un’arma che cambia nelle epoche, o il modo di andare a cavallo. Insomma, fare da controfigura a Claude Van Damme o Bill Paxton non è lo stesso che “sostituirsi” a Geena Davis o Faye Dunaway…».

Attori e registi che hanno lasciato un segno

«Un set è un po’ come la vita: c’è di tutto! E in oltre 40 anni di mestiere ho incontrato il mondo. In particolare, mi sono trovato bene con Kabir Bedi (Il ritorno di Sandokan): lui è stato l’unico attore a telefonarmi a casa per ringraziarmi dell’ottimo lavoro. Un vero gentleman! Poi Daniel Day-Lewis (Gangs of New York), persona affabile e umile. In un film tutti impariamo da tutti comunque, e devo ringraziare grandi come Al Pacino: sul set de Il padrino-Parte III mi ha fatto venire la pelle d’oca. E, poi, registi fantastici, come Francis Ford Coppola e Martin Scorsese…».

Un sogno.
«Non ho mai lavorato con George Clooney e mi piacerebbe molto, perché lo seguo come attore e come persona: ammiro il suo impegnato nel sociale. Poi c’è il maestro Quentin Tarantino che ama e rispetta il cinema italiano: sarebbe bello misurarsi su un suo set. E, naturalmente, Clint Eastwood: un grande che fa le cose vere, e accetta la sua età. Lui viene da un cinema con la “C” maiuscola. Oggi ce ne sono pochi così: tra i nostri spicca Paolo Sorrentino che fa dei capolavori, ma è una gemma rara».

Quando la tecnologia è troppa…
«Il film non può diventare un cartoon nelle sue scene di azione: a meno che non si tratti di lungometraggi sui supereroi, dico no al computer. Capolavori come C’era una volta in America, Apocalypse Now resteranno per sempre, anche grazie alla loro autenticità. Poggiare troppo sulle tecnologie è un errore perché così scade il talento».

Com’è cambiato il modo di girare.
«Oggi su un set non ti rendi neppure conto di cosa si parli: il film viene fatto a pezzi e girato un po’ qui e un po’ lì, con un uso massiccio di effetti speciali e tecnologie, a discapito dell’arte. Il regista, vedi Coppola in Apocalypse Now, aspettava la luce buona anche una settimana. Oggi si corregge con filtri la scena che così perde in poesia. A volte perde perfino in realtà. Noi facevamo un mese di prove per una scazzottata e si viveva il set tutti insieme. Cosa impensabile oggi».

Claudio Pacifico “amarcord”…
«Non dimenticherò mai Il padrino III. A un certo punto, fine giornata, c’era la scena con i boss che parlavano tra loro. Coppola dà il ciak, senza dire prima ai protagonisti che cosa fare, e tutti si mettono a litigare di brutto insultandosi a vicenda. Finché il regista dà lo stop ed esclama: “Good!”. Già, perché quel litigio reale era perfetto così all’impronta!».

Claudio Pacifico
Claudio Pacifico in volo
Claudio Pacifico con Terence Hill sul set
Il ritorno di Santokan

Pacifico al Fly Roma

 

4 Marzo 2022 ( modificato il 3 Marzo 2022 | 15:23 )
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