Papa Francesco
2:49 pm, 19 Dicembre 21 calendario

Papa Francesco ai giovani: educare è accendere fuochi

Di: Osvaldo Baldacci
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«Come avevano ben compreso già gli antichi: educare non è riempire dei vasi ma accendere fuochi». Così Papa Francesco ai giovani nel videomessaggio all’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2021-2022, che ha luogo nella sede di Milano, nella ricorrenza del centenario dell’Ateneo.
«L’Università Cattolica custodisce questo fuoco e quindi – ha sottolineato il Pontefice – può trasmetterlo perché l’unico modo di farlo è ‘per contatto’, cioè attraverso la testimonianza personale e comunitaria. Prima ancora di trasmettere quello che si sa, si accende il fuoco condividendo quello che si è. Questo contatto avviene grazie all’incontro, al fatto di mettersi a fianco uno all’altro e fare qualcosa insieme». E questo «è il senso originario di ciò che chiamiamo ‘università’, l’uni-versitas: quando iniziarono a sorgere queste realtà nel Medio Evo esse nacquero per far convergere ‘verso’ un unico luogo le diverse scuole. Tanti che convergono ‘verso uno’, un luogo, un tempo, uno spirito».

“L’educazione umanizza il mondo”

«L’educazione è una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia, e credo che la vostra Università custodisca nel suo mandato questo insegnamento», ha detto Papa Francesco ai giovani nel videomessaggio all’Università Cattolica. «Ciò – ha sottolineato il Pontefice – è possibile grazie alla valorizzazione – rinnovata attraverso le generazioni – del patrimonio culturale e spirituale che costituisce la sua identità. Un’identità chiara e immutata, che però non rifiuta, anzi rispetta e accoglie le sensibilità differenti, nella consapevolezza che è da un franco e rispettoso confronto con l’altro che si porta a fioritura la condizione umana»

Papa Francesco ai giovani: “non fatevi rubare la speranza”

Papa Francesco ai giovani ha detto anche: «Non lasciatevi contagiare dal virus dell’individualismo. E’ brutto questo, e fa male». Occorre aprirsi e accogliere l’altro per vincere le paure «che rischiano di immobilizzarci» e combattere «le derive individualiste presenti nella nostra cultura». Il Pontefice si è rivolto agli studenti: «In questi tempi confusi, resi ancora più complessi dalla pandemia, vi ripeto: non lasciatevi rubare la speranza!». «L’università – ha sottolineato – è il luogo adatto per sviluppare gli anticorpi contro questo virus: l’università apre la mente alla realtà e alla diversità; lì potete mettere in gioco i vostri talenti e metterli a disposizione di tutti».

«Una comunità di persone aperta alla realtà, all’Altro trascendente e agli altri, aperta a conoscere, a scoprire, a porre domande e cercare insieme risposte, risposte di oggi», ha aggiunto. «Non spaventarsi di fare delle domande per cercare risposte. Una comunità aperta al mondo senza paure. La paura è brutta! Questo è speranza: scommettere sul futuro vincendo la naturale spinta che nasce dalle tante paure che rischiano di immobilizzarci, fissarci e chiuderci in un eterno e illusorio presente», ha continuato Francesco che ha precisato: «L’apertura e l’accoglienza dell’altro è quindi particolarmente importante, perché favorisce un legame solidale tra le generazioni e combatte le derive individualiste presenti nella nostra cultura. E soprattutto costruisce, proprio a partire dalle aule universitarie, una cittadinanza inclusiva, opposta alla cultura dello scarto».

“Servono nuovi modelli di pensiero”

«Noi non possiamo andare avanti con la categoria dell’illuminismo. Ci vuole un pensiero nuovo, creativo». Arriva da Papa Francesco ai giovani l’invito a “progettare nuovi modelli di pensiero, per definire soluzioni alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare: da quelle ambientali a quelle economiche, da quelle sociali a quelle demografiche“. “E qui ritorniamo alla relazione docenti-studenti – che è importante! -, che è una relazione dinamica, in tensione tra presente e futuro: insieme siete chiamati a pensare, programmare e agire avendo come orizzonte la casa comune di domani, a partire dalla realtà concreta di oggi”.
«Il mondo, oggi soprattutto, è totalmente interdipendente; tale condizione richiede uno sforzo inedito, perché questo cambiamento epocale ha reso obsolete le cornici interpretative del passato, che non sono più utili per comprendere il presente», ha osservato il Pontefice.

L’Angelus: “Per Natale basta autocommiserazione”

“Condurre le nostre giornate con passo lieto, guardando avanti con fiducia, senza trascinarci di malavoglia, schiavi delle lamentele, sempre alla ricerca di qualcuno da incolpare”. E’ l’esortazione di Papa Francesco in vista del Natale.

Un invito a reagire, ad «alzarci, soprattutto quando le difficoltà rischiano di schiacciarci. Alzarci, per non rimanere impantanati nei problemi, sprofondando nell’autocommiserazione e in una tristezza che paralizza». Non «piangersi addosso», essere «schiavi delle lamentele» e avanzare con il «passo stanco dei brontolii e delle chiacchiere» ma aiutare gli altri e portare gioia, «coltivando un sano umorismo». Così Papa Francesco prima della recita dell’Angelus in cui ha esortato a seguire l’esempio di Maria. Dopo l’annuncio dell’angelo, ha spiegato, per Lei «si profilava un periodo difficile: la sua gravidanza inattesa la esponeva a incomprensioni e anche a pene severe. Anche alla lapidazione nella cultura di quel tempo». Tuttavia Maria non si abbatte e per prima cosa pensa a chi ha bisogno, «invece di essere ripiegata su se stessa», si alza e va in cammino da Elisabetta, sua parente incinta.

«Ma perché alzarci? Perché Dio – ha sottolineato – è grande ed è pronto a rialzarci se noi gli tendiamo la mano. Allora gettiamo in Lui i pensieri negativi, le paure che bloccano ogni slancio e impediscono di andare avanti. E poi facciamo come Maria: guardiamoci attorno e cerchiamo qualche persona a cui possiamo essere di aiuto! C’è qualche anziano che conosco a cui posso fare un pò di compagnia, un servizio, una gentilezza, una telefonata? A chi posso dare aiuto? Ognuno pensi… Aiutando gli altri, aiuteremo noi stessi a rialzarci dalle difficoltà». Poi «camminare in fretta», come Maria, ha spiegato il Pontefice, che «non vuol dire procedere con agitazione, in modo affannato: si tratta invece di condurre le nostre giornate con passo lieto, guardando avanti con fiducia, senza trascinarci di malavoglia, schiavi delle lamentele, queste lamentele rovinano tante vite, le lamentele ti portano a cercare sempre qualcuno da incolpare. Andando verso la casa di Elisabetta, Maria procede con il passo svelto di chi ha il cuore e la vita pieni di Dio, pieni della sua gioia. Allora chiediamoci noi per il nostro profitto: com’è il mio ‘passò? Sono propositivo oppure mi attardo nella malinconia, la tristezza? Vado avanti con speranza o mi fermo per piangermi addosso? Se procediamo con il passo stanco dei brontolii e delle chiacchiere, non porteremo Dio a nessuno. Porteremo soltanto cose oscure…».
«Fa tanto bene, invece, coltivare un sano umorismo, come facevano, ad esempio, San Tommaso Moro o San Filippo Neri. Possiamo chiedere la grazia del sano umorismo», ha aggiunto a braccio. «Non dimentichiamo che il primo atto di carità che
possiamo fare al prossimo è offrirgli un volto sereno e sorridente. E’ portargli la gioia di Gesù, come ha fatto Maria con Elisabetta. La Madre di Dio ci prenda per mano, ci aiuti ad alzarci e a camminare in fretta verso il Natale!».

19 Dicembre 2021
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