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2:38 pm, 9 Dicembre 21 calendario

Giornalisti perseguitati, arrestati e uccisi nel mondo

Di: Osvaldo Baldacci
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Giornalisti perseguitati nel mondo. Nei giorni in cui viene consegnato il Premio Nobel per la Pace a due giornalisti coraggiosi e perseguitati – alla filippina Maria Ressa e al russo Dmitry Muratov “per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è una condizione preliminare per la democrazia e una pace duratura” – e mentre si tiene negli Stati Uniti il vertice delle democrazie voluto dal presidente Joe Biden, si punta l’attenzione anche sulla difficoltà a volte letale del lavoro dei giornalisti nel mondo, giornalisti perseguitati, arrestati e a volte uccisi, la cui colpa è quella di avere come lavoro e missione la ricerca della verità. E la verità è scomoda per molti che vogliono tenerla nascosta ad ogni costo. A volte è il sistema a tagliarti fuori, a volte una somma di piccoli interessi e meschinità, ma nel mondo ci sono ancora realtà potenti e violente sia statuali sia di criminalità che ricorrono ad ogni mezzo per chiudere la bocca ai giornalisti scomodi.

Giornalisti perseguitati e in carcere

Sono in tutto 293, nel 2021, i giornalisti in carcere nel mondo. La Cina è in testa con 50 reporter dietro le sbarre, seguono il Myanmar, l’Egitto e il Vietnam. Il triste resoconto dell’ong indipendente con sede a New York Cpj (Committee to Protect journalists), diffuso alla vigilia del Summit delle democrazie e svelato in anteprima da La Voce di New York. Il numero di giornalisti incarcerati è aumentato di ben 13 unità, passando dai 280 del 2020 ai 293 di quest’anno: un vero e proprio record.

Cina, Myanmar ed Egitto

Pechino guida la classifica per il terzo anno consecutivo. E nella lista dei detenuti non figurano solo cronisti della cosiddetta Cina continentale, ma anche giornalisti di Hong Kong. Tra i cronisti vittime della stretta cinese (la Legge sulla Sicurezza Nazionale approvata nell’estate del 2020), c’è anche Jimmy Lai, editore del tabloid indipendente Apple Daily.

Al secondo posto compare il Myanmar dove i giornalisti incarcerati sono 26 nel giro di 12 mesi, diretta conseguenza del colpo di Stato militare del primo febbraio che ha deposto l’esecutivo civile di Aung San Suu Kyi.

Al terzo posto, con 25 detenuti, l’Egitto che ha appena concesso allo studente Patrick Zaki la scarcerazione dopo 22 mesi di detenzione. Seguono il Vietnam (239 e la Bielorussia (19) e a poca distanza la Turchia di Erdogan (18), l’Eritrea di Afewerki (16), l’Arabia Saudita del de facto regnante Mohammad bin Salman (14), la Russia di Putin (14), e l’Iran di Raisi (11).

Guardando allo scenario africano, il Cpj esprime viva preoccupazione per l’escalation della guerra civile in Etiopia, che ha portato a nuove restrizioni sui media. Sono nove, secondo la mappa del Cpj, i giornalisti imprigionati quest’anno in Etiopia. Seguono il Rwanda, con sette giornalisti dietro le sbarre, e il Camerun, con sei colleghi detenuti.

Crescente intolleranza verso i giornalisti

«Sconvolgimenti politici e la repressione dei media riflettono la crescente intolleranza nei confronti dei giornali indipendenti nel mondo», scrive il comitato. In generale, le accuse di attività ostile nei confronti dello Stato rimangono le più comuni, ma quest’anno il Cpj ha anche documentato almeno 17 giornalisti incarcerati accusati di cybercrimine, o reati informatici, che in alcuni casi possono portare a procedimenti penali per qualsiasi contenuto pubblicato o diffuso online. «Questo è il sesto anno consecutivo che CPJ ha documentato un numero record di giornalisti incarcerati in tutto il mondo. Questo numero riflette due sfide inestricabili: i governi sono determinati a controllare e gestire le informazioni e sono sempre più sfacciati nei loro sforzi in questo senso», ha detto il direttore esecutivo del Cpj, Joel Simon. «Incarcerare i giornalisti per aver seguito l’attualità è il segno distintivo di un regime autoritario. E’ straziante vedere i molti Paesi sulla lista anno dopo anno, ma è particolarmente orribile che il Myanmar e l’Etiopia abbiano sbattuto la porta alla libertà di stampa in modo così brutale».

Giornalisti assassinati

Oltre al dato sui giornalisti incarcerati, il CPJ ha rilasciato anche una statistica sui cronisti assassinati in diretto o presunto collegamento con la loro attività di reporting. Rispetto allo scorso anno, il dato è lievemente diminuito, da 22 a 19. Da sottolineare come i Paesi più pericolosi a livello globale siano due partecipanti al summit delle democrazie: India (4) e Messico (3). Nel Paese centro-americano, tuttavia, il numero potrebbe essere largamente sottostimato, dato che altre 6 morti sono avvenute in circostanze che lasciano presagire un collegamento con l’attività giornalistica, specialmente inchieste sui gruppi narcos.

Il CPJ sottolinea inoltre come proprio nella regione latino-americana sia in corso «un allarmante declino della libertà di stampa», dato che, in aggiunta ai decessi messicani, un totale di sei giornalisti è attualmente detenuto tra Cuba, Nicaragua e Brasile.

9 Dicembre 2021
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