Myanmar
10:58 am, 6 Dicembre 21 calendario

Aung San Suu Kyi condannata al carcere dai generali del Myanmar

Di: Osvaldo Baldacci
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L’ex leader del Myanmar e Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, è stata condannata a 4 anni di carcere da un tribunale birmano. I reati commessi sono due: per avere incitato la popolazione che ha poi provocato disordini pubblici la condanna è di due anni, che si aggiungono ad altri due per la violazione delle regole sanitarie per contrastare il Covid previste nel quadro di una legge di calamità naturale, secondo quanto indicato da un portavoce della giunta militare tornata al potere dallo scorso febbraio. Il verdetto è il primo di una serie che potrebbe costarle il carcere a vita, sottolinea la Bbc. La Premio Nobel per la pace ha confutato tutte le accuse racchiuse negli undici capi di imputazione a suo carico.

Un processo infinito

Anche l’ex presidente Win Myint è stato condannato a quattro anni con le stesse accuse, ma entrambi gli ex leader non sarebbero ancora stati portati in prigione: prima, ha spiegato il portavoce della giunta militare, dovranno affrontare altre accuse dai luoghi in cui si trovano attualmente, nella capitale birmana Naypyidaw. La giunta ha successivamente aggiunto una serie di capi d’accusa, tra cui la violazione della legge sui segreti ufficiali, la corruzione e la frode elettorale: l’ex leader rischia decenni di carcere se sarà condannata per tutto quanto le è imputato. I giornalisti non hanno potuto assistere ai procedimenti del tribunale speciale nella capitale, e agli avvocati di Suu Kyi è stato vietato di parlare con i media.

Il golpe militare contro Aung San Suu Kyi

La 76enne premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi è detenuta da quando i generali hanno deposto il suo governo nelle prime ore del primo febbraio scorso, ponendo fine alla breve parentesi democratica del Myanmar. Dal giorno del colpo di stato militare, oltre 1.300 persone sono state uccise e più di 10.000 arrestate nel corso di una drastica repressione del dissenso secondo le stime di una Ong locale che tiene i conti sulla base di testimonianze e denunce degli oppositori. Pochi giorni fa sono cinque i manifestanti che innalzavano cartelli con il ritratto di Aung San Suu Kyi uccisi a Yangon da un’automobile dell’esercito birmano che si è scagliata contro un gruppo di persone che protestavano pacificamente contro la dittatura militare. Lo ha riferito Reuters. «Avevano aumentato la velocità mentre si avvicinavano ai manifestanti, era come se li avessero investiti», ha raccontato a France Presse un giornalista locale, «quindi i soldati sono saltati fuori dall’auto e hanno iniziato a sparare».

Le reazioni per la condanna ad Aung San Suu Kyi

Condannando l’ex leader e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi a 4 anni di carcere, la giunta militare che governa il Myanmar «soffoca le libertà». Lo ha scritto in una nota l’organizzazione Amnesty International. «Le dure condanne inflitte a Aung San Suu Kyi sulla base di accuse fasulle sono l’ultimo esempio della determinazione dei militari di eliminare ogni opposizione e soffocare le libertà in Myanmar», secondo Amnesty.

Anche il governo britannico ha bollato come «uno terribile tentativo di soffocare l’opposizione» la condanna dell’ex icona del movimento democratico birmano, Aung San Suu Kyi, a quattro anni di carcere per incitamento a disordini pubblici e violazione delle norme sanitarie legate al Covid. «La condanna di Aung San Suu Kyi è un altro terribile tentativo del regime militare in Myanmar di soffocare l’opposizione e sopprimere la libertà e la democrazia. Il Regno Unito chiede al regime di rilasciare i prigionieri politici, di avviare il dialogo e consentire un ritorno alla democrazia», ha affermato il ministro degli Esteri, Liz Truss, in una nota.

L’attacco ai cristiani

In questo contesto di repressione contro i manifestanti, che in passato aveva visto anche la durissima persecuzione dell’etnia Rohynga, l’esercito della giunta militare in Myanmar continua a prendere di mira le chiese nelle regioni prevalentemente cristiane del Paese, ignorando gli appelli della Chiesa cattolica e dei leader mondiali. Secondo quanto riporta questa mattina l’agenzia di informazione «Ucanews», rilanciata dal Sir, la chiesa cattolica di San Nicola nella città di Thantlang, nello Stato Chin del Myanmar, è stata bruciata dai militari il 27 novembre scorso. L’attacco alla chiesa di San Nicola è solo l’ultimo di una lunga serie: secondo la Chin Human Rights Organization (Chro), tra agosto e novembre, nello stato di Chin, almeno 22 chiese sono state bruciate o distrutte dai militari insieme a più di 350 abitazioni civili. Il Chin, Stato birmano a maggioranza cristiana, è in prima linea nella resistenza alla giunta e ha assistito a feroci attacchi da parte dell’esercito, inclusi attacchi aerei, artiglieria pesante e attacchi indiscriminati ai civili. Centinaia di persone sono state arrestate arbitrariamente e decine uccisi.

6 Dicembre 2021
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