Libri/ Chiara Bisconti
8:52 pm, 1 Dicembre 21 calendario

Chiara Bisconti ci insegna tutto il bello del lavoro agile

Di: Antonella Fiori
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«Faccio lavoro agile. Ti sto inviando ora questa mail perché seguo i miei personali orari lavorativi. Non sentirti in obbligo di rispondere al di fuori dei tuoi personali orari». E’ “la firma” che ti appare se ricevi una mail da Chiara Bisconti. Sei in smart? Vuol dire che sei reperibile sempre e ovunque. Sei in smart? Vuol dire che lavori di meno. Nel suo saggio Smart Agili Felici (Garzanti, p. 287, euro 18) smonta questi e altri pregiudizi e da consigli utilissimi Chiara Bisconti, consulente per le risorse umane e a lungo manager in una grande multinazionale, ex assessora per il benessere e la qualità della vita del Comune di Milano.

Nel 2001 aveva due figli piccoli. Un divorzio improvviso, due lutti e un trasloco le hanno stravolto la vita e ha dovuto lasciare l’azienda dove lavorava.

«In quel momento ho chiesto l’aspettativa e la cosa sorprendente è stato incontrare un manager illuminato che mi ha detto: niente aspettativa. Lavora da dove vuoi. Lì ho sperimentato la possibilità del lavoro agile, senza vincoli di orari e spazi».

Dopo due anni lei torna “in presenza”. Poi che succede?

«Facevo un lavoro di grande responsabilità che non si coniugava con i miei impegni familiari. A quel punto ho lasciato con consapevolezza. Non ce la facevo più a seguire una riunione inutile perdendomi l’ennesima recita di mio figlio».

Lei critica la cultura del presenzialismo. Da dove arriva la resistenza a cambiarla?  

«E’ un retaggio di inizio ‘900, quando il lavoro era basato su gesti fisici e richiedeva che le persone stessero in luoghi deputati a fare un gesto particolare».

Lo smart working è per tutti?

«Funziona se sono definiti quali sono i risultati per cui una persona è pagata. Si basa sulla responsabilità individuale del lavoratore che si organizza rispetto alle scadenze. Richiede una organizzazione del lavoro capillare. E non tutti i manager sono capaci di farlo».

Molti sostengono che lavorando da casa non c’è più scambio tra le persone.

«Se si toglie l’obbligo, andare in ufficio sarà più appetibile. Una ricerca americana ha rilevato che per una persona il momento di massima infelicità, di stress è la costante presenza fisica dell’altro sul lavoro, soprattutto del proprio capo».

L’elasticità di potersi organizzare il lavoro non significa che una parte debba prendere il sopravvento sull’altra. Che consigli da?

«Se un giorno ho lavorato 10 ore il giorno dopo ne lavoro 6. Compensare, sennò il lavoro ci mangia la vita. Ovvio che ci sono dei picchi. Ma se una settimana sono stata alzata fino a tardi per rispettare una scadenza, la settimana dopo mi faccio più passeggiate al parco».

Una delle tesi contro lo smart working è che le donne, restando a casa, si affatichino di più.

«Questo accade perché le donne hanno sulle spalle la cura della casa. Come fanno gli uomini a dare una mano? Facendo anche loro lavoro agile».

 

1 Dicembre 2021
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