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5:00 am, 30 Luglio 21 calendario
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Mariano Sabatini e i segreti dei grandi narratori in “Scrivere è l’infinito”

Di: Redazione Metronews
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Leggendo “Scrivere è l’infinito” di Mariano Sabatini (Vallecchi Editore, 200 pagine, 14 euro), si capisce quanto la scrittura sia fatica, lavoro di cesello e metodo. Il mito romantico della brezza dell’ispirazione che guida la penna è smontato pezzo per pezzo dalle testimonianze dei più grandi scrittori contemporanei che raccontano i loro “segreti di bottega”. Scrivere costa, scrivere stanca. Ma, per qualcuno, è anche un bisogno insopprimibile. Ne parliamo con l’autore.
Stephen King ci ha scritto un libro sul mestiere di scrivere: “On writing”.  Tra i consigli mi ha colpito questo: «Scegli dove scrivere. Vi servono una stanzetta, una porta, la risolutezza per chiuderla e un obiettivo concreto». Davvero bastano?
Direi di sì, la determinazione e la motivazione sono le spinte indispensabili. La porta a cui allude il Re è anche quella metaforica che si deve chiudere in faccia agli scettici che continueranno a dirti “ma che lavoro fai per vivere?”. Davvero irritanti e soprattutto perniciosi, da evitare come la peste.
Tra gli scrittori che lei ha intervistato mi ha colpito molto la varietà di esigenze: chi scrive di notte, chi al mattino, chi la sera. Esiste una regola?
La regola è guarda come fanno gli altri e capisci cosa è meglio che tu faccia. Dopodiché quella diverrà la tua regola. È la finalità del mio libro.  La cosa migliore per imparare è andare a bottega, quella che propongo è una bottega maneggevole, a portata di tutti.
Nel suo libro emerge quanto lo scrittore lavori con metodo molto più di quanto comunemente si immagini. Si può dire che il mito romantico dell’ispirazione sia morto?
Ma no, l’ispirazione è l’innesco. Poi serve buona legna: idee, personaggi, intreccio, qualità di scrittura. Esperienza per superare gli intoppi, e tanta, tanta, tanta ostinazione.
Ma se questo lavoro richiede serialità e disciplina, che fine fa la creatività?
Ma sono tutti strumenti imprescindibili. La creatività è utile anche per scrivere un bel biglietto d’auguri, figuriamoci un romanzo, che ha bisogno di colore, atmosfere, emozioni. Anche dare un nome è un atto creativo, infatti vado orgoglioso del mio Leonardo Malinverno, protagonista dei miei romanzi “L’inganno dell’ippocastano” e “Primo venne Caino”.
Le invidio sinceramente la storia della caraffa di birra di Camilleri, che cita nel suo libro.
E l’ho incontrato quando ancora non era il mito che è diventato. Ho avuto fiuto nell’intuirlo. All’epoca chiedevo a tutti come ce l’avessero fatta, quando sognavo di scrivere e pubblicare i miei romanzi. Cosa che poi ho potuto fare grazie all’incontro con Elda Lanza, che mi dava da leggere i suoi dattiloscritti prima di mandarli a Salani. Questo mi ha fatto entrare nell’officina creativa di una vera scrittrice, consentendomi di emularla.
Leggo sul suo libro che Gabriel Garcia Marquez scriveva con la finestra aperta, facendo entrare nella sua stanza rumori e grida «perchè tutto ciò che accade è utile»: che vuol dire?
Che osservare la realtà è meglio che inventarla di sana pianta. Quando si parla di autobiografismo non vuol dire che si debbano raccontare i fatti propri, ma che conviene diventare il filtro di quanto vediamo o sentiamo. Per restituirlo, opportunamente rimaneggiato, sulla pagina.
Come si costruisce un buon personaggio?
Come sopra. Guardando le persone, ascoltandole, ponendosi in atteggiamento empatico con il mondo esterno. Ammesso di esserne capaci. Solo così si possono costruire personaggi vividi, credibili, memorabili.
Sfatiamo i miti: ma questo blocco dello scrittore esiste o no?
Esiste, eccome. E fa venire i sudori freddi. Io cerco di lasciare la pagina a metà, quando smetto, così da avere sempre qualcosa da cui ripartire alla ripresa.
Nella casa museo di Pirandello, che ho da poco visitato, c’è esposta tuttora la sua bella macchina da scrivere.  Quanto ha cambiato la scrittura l’arrivo del pc?
Tutto. E se ci pensiamo vanno perse tutte le riscritture, le varie versioni. Il che non è sempre un male, perché non tutti sono Manzoni o Pirandello.
Su internet è un fiorire di corsi di scrittura creativa che promettono faville. Leggendo il suo libro ho capito che non mi iscriverò.
S’impara più leggendo che facendo esercizi di scrittura creativa. Io ho sempre appreso sul campo. Volevo fare il giornalista e divoravo pacchi di quotidiani. Ho voluto fare la Tv e ho imparato da Luciano Rispoli, giorno dopo giorno, per circa quindici anni. Per i libri ho già detto. La passione la si deve solo instradare.
Scrivere. Detto tra noi, Sabatini, esistono scorciatoie o formule magiche?
 No, ma è certo che non si possono scrivere storie senza averne lette a centinaia. Uno che voglia fare lo scrittore ma non sia un lettore accanito, e capita, è come un farmacologo che non conosca la chimica. O un medico che ignori l’anatomia.
Lei ha lavorato molto anche per la tv. Si può dire che, comunque la si viva , la scrittura è una esperienza solitaria?
La vita è un’esperienza solitaria, anche se tutti fanno l’impossibile per ignorarlo, dimenticarlo. La scrittura è la vita trasferita su pagina.
Già che ci siamo, la domanda che avrei voluto sempre farle: come si scrive un buon incipit?
Se lo sapessi non mi darebbe l’ansia doverne trovare ogni volta uno efficace. Una buona regola è scrivere una frase che sappia afferrare il lettore e tirarlo nella storia.
Tutti che vogliono scrivere oggi, ma chi legge?  
Pochi, pochissimi, ahimé. Soprattutto in Italia. Ecco perché gli scrittori sono così poco considerati. Per fortuna ci sono i cosiddetti lettori forti che innalzano la media. Il mio libro è pensato per loro, per chi ama leggere e sbirciare nelle vite di chi scrive per mestiere.
A.B.
30 Luglio 2021 ( modificato il 29 Luglio 2021 | 19:24 )
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