Spreco alimentare, ogni italiano butta 27 kg di cibo
Gli italiani, per quanto riguarda lo spreco alimentare, si comportano piuttosto bene e sono fra i più virtuosi, anche se resta da fare ancora molta strada: gettiamo 27 kg di cibo a testa, ovvero 529 grammi a settimana come da rilevazione dell’Osservatorio Waste Watcher International.
Lo spreco alimentare della famiglia
E’ una famiglia con figli a gettare più spesso il cibo: in media lo fanno il 15% in più rispetto ai single, che si scoprono più virtuosi e oculati, così come i cittadini dei centri urbani rispetto ai piccoli comuni. E si spreca di più al sud, dove si getta il 15% in più di cibo e avanzi (circa 600 grammi a settimana), mentre si spreca meno a nord (-8%, circa 489 grammi a settimana) e nel centro Italia (-7%, circa 496 grammi settimanali).
La prevenzione in Italia
L’attenzione alla prevenzione è particolarmente alta in Italia e Nuova Zelanda, dove 1 cittadino su 2 dichiara di impegnarsi convintamente sul tema. Anche se in testa si piazzano i cittadini sudcoreani, dove 6 intervistati su 10 si dichiarano in prima linea. Va piuttosto male in Francia, Belgio, Germania, Olanda, Svezia: meno di 1 cittadino su 3 – la media mondiale – si dichiara interessato alla questione degli sprechi.
Lo spreco e la pandemia
La pandemia ha causato anche un aumento degli sprechi tra i produttori agroalimentari del Made in Italy, rileva la ricerca a cura dell’Osservatorio Metronomo, commissionata da Metro Italia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e presentata oggi, secondo la quale il 26,18% dei produttori intervistati dichiara di aver aumentato lo spreco alimentare nel corso del 2020. E, per questi, si osserva un incremento significativo dello spreco: tra il 5 e il 15%. Le cause? “Sicuramente i lockdown e le restrizioni sul mercato dei consumi fuori casa che hanno costretto i produttori, laddove possibile, a spostarsi su segmenti di mercato alternativi, non sempre facili e immediati da individuare – spiega il professor Fabio Iraldo della Scuola Superiore Sant’Anna – Rilevanti inoltre gli impatti diretti sulle loro attività, come la complessità nel gestire il personale e la logistica in uno scenario incerto e in costante cambiamento”. La buona notizia è che nel 42% dei casi considerati sono stati ottimizzati i packaging e nel 28% sono stati introdotti nuovi formati con minori quantità di prodotto; inoltre per il 23% delle aziende è stata anche l’occasione di proporre confezioni più sostenibili. Il tema del packaging risulta importante soprattutto se si considera che il 30% delle aziende dichiara di aver ricevuto maggior richiesta di prodotti confezionati.
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