Anche l’informazione ha i suoi “Giusti”
Liu Xiaobo, intellettuale cinese che voleva democratizzare la Cina, è morto in carcere, dopo aver ricevuto il premio Nobel per la pace; il blogger saudita Raif Badawi che difende il principio della laicità dello Stato è stato condannato a mille frustate nel 2014 ed è in carcere; Samir Kasslar, giornalista e intellettuale libanese è stato ucciso in un attentato, così come il giornalista armeno Hrant Dink. La più nota è Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa sotto casa dopo le sue denunce sulle atrocità commesse in Cecenia. Sono i “Giusti dell’informazione” ricordati ieri in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, nel giardino dei Giusti di Milano (Gariwo) dove lapidi e targhe ricordano coloro che si sono distinti nella difesa dei diritti umani e della libertà. La fedeltà alla verità senza compromessi porta spesso all’isolamento reporter in contesti difficili, come ha ricordato il presidente dell’ordine dei giornalisti lombardo Alessandro Galimberti. Condizione oggi comune a molti giornalisti incarcerati nella Russia di Putin o nella Turchia di Erdogan. Il presidente di Gariwo, Gabriele Nissim ha proposto di dedicare un giorno in Parlamento all’esame delle notizie sui genocidi, perché non accadano nel silenzio, come avvenuto per la Shoah.
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