lo zodiaco a ostia
5:00 am, 27 Aprile 21 calendario

Quella fontana danzante del geniale Mario Ferrero

Di: Redazione Metronews
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OSTIA Un poderoso getto d’acqua che sfidava il cielo sino a 25 metri di altezza, zampilli multicolori che danzavano seguendo la musica, 3,5 km di cavi elettrici per un avveniristico controllo a distanza. Sono alcuni dei dati dell’originaria Fontana dello Zodiaco alla Rotonda di Ostia, che è stata appena rimessa in funzione – dopo essere rimasta spenta per oltre un decennio – grazie ai lavori eseguiti dal Municipio X con la collaborazione alla progettazione e la direzione scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali, in sinergia con Acea e Areti. Ora è tornata a risplendere di luce, ma i mirabolanti meccanismi di movimento originali sono andati persi da tempo e per sempre. La fontana prese vita dalla necessità di realizzare una vasca di accumulo idrico per le esigenze di protezione antincendio della pineta di Castelfusano, ma si decise di renderla monumentale con un’opera celebrativa dello sbocco al mare della via Cristoforo Colombo.
Inaugurata nel 1957
La fontana fu inaugurata lunedì 4 novembre 1957 dall’allora sindaco Umberto Tupini. Univa spettacolari effetti idraulici, luminosi e acustici, con un getto centrale che raggiungeva i 25 metri di altezza, sovrastando i 10 metri del trampolino del Kursaal. Per molti anni, erroneamente, gli abitanti del Lido hanno creduto che fosse stata progettata dal noto ingegnere Pier Luigi Nervi, tratti in inganno dal fatto che il “maestro” del cemento aveva lavorato alla struttura del vicino trampolino. Invece la Fontana dello Zodiaco di Ostia è opera di un suo collega, altrettanto abile, ma rimasto ingiustamente e inspiegabilmente semi-sconosciuto.
Inventore di opere futuristiche
È l’ingegnere Mario Ferrero, dal 1928 Capo del Servizio di Collegamento Tecnico, Telefoni, Radio e Autoparco del Comune di Roma (con “incursioni” in Acea e Atac), figura geniale e poliedrica, autore di moltissime realizzazioni dal sapore futuristico: dalle illuminazioni pubbliche ai proiettori (il più potente al mondo) e alle sirene antiaereo, dal motore ibrido “benzo-elettrico” per autobus (alla fine degli anni ’20 del secolo scorso) ai bus elettrici con “sistema Ugolini Ferrero” nel 1930. E ancora, insieme all’ingegnere Ferdinando Bordoni nel 1940, realizzatore del prototipo di una delle primissime city-car elettriche (per l’allora Agea). Nell’ideazione della Fontana dello Zodiaco diede prova di tutto il suo estro creativo, sia tecnico che artistico: il sistema di illuminazione era costituito da 100 lampade di cinque diversi colori, alcune delle quali erano motorizzate così come alcuni dei getti della corona intermedia intorno allo zampillo centrale.
Il “mago delle luci”
Il tutto era accompagnato da un impianto di diffusione acustica che consentiva di realizzare effetti compositi di suoni e luci. Il clou emozionale del programma – in omaggio alla passione di Ferrero per la musica lirica – era quando la fontana danzava sulle note dell’Inno al Sole di Pietro Mascagni. Non a caso era stato soprannominato il “mago delle luci” per le sorprendenti illuminazioni artistiche che aveva realizzato per “Les Invalides” a Parigi o persino a Tripoli nell’epoca coloniale. Fu definito anche “un inventore eclettico e instancabile”. C’era farina del suo sacco nell’imponente fontana circolare a zampillo in piazzale dei Partigiani, davanti Stazione Ostiense, erroneamente attribuita al solo Roberto Narducci e purtroppo eliminata per i Mondiali di calcio del 1990 e non più ripristinata.
Telecomandata da casa
La Fontana dello Zodiaco ad Ostia fu realizzata dalla ditta Colantoni contenendo al massimo i costi e utilizzando anche materiale di recupero. Per il suo funzionamento, però, Acea doveva fornire 100 kW. Assolutamente innovativo per l’epoca era il sistema di controllo – costituito da 3.500 metri di cavi elettrici organizzati in 240 linee – nel quale erano integrate anche le informazioni fornite da un anemometro che misurava direzione e intensità del vento regolando di conseguenza l’altezza del getto centrale. Infine – e questa era davvero un’unicità – attraverso una linea telefonica l’ingegnere Ferrero era in grado di telecomandare la fontana direttamente dalla propria abitazione, una villetta che si trovava in via Stefano Carbonelli, a poca distanza della Rotonda. Nelle intenzioni del progettista c’era un’ulteriore integrazione, che avrebbe reso possibile al pubblico comandare la fontana, tramite una gettoniera a pagamento. Quasi come una sorta di gigantesco “jukebox acquatico”.
Una memoria da onorare
Purtroppo la scomparsa dell’ingegnere, nel 1962, interruppe il programma di completamento dell’opera. Non si trovò neppure chi potesse terminarla e fu così che la fontana iniziò il suo lento ma ineluttabile declino. Sino al nuovo splendore ritrovato grazie all’encomiabile opera di recupero portata a termine da Municipio X, Sovrintendenza Capitolina, Acea e Areti. Alla cerimonia con la Sindaca Virginia Raggi, che si è svolta nei giorni scorsi, è stato invitato il nipote del progettista, Marco Ferrero, che è docente alla Sapienza presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile Ambientale e si sta battendo per restituire alla figura di suo nonno il dovuto prestigio. Per questo è impegnato nel divulgare le straordinarie opere di Mario Ferrero che – è bene sottolinearlo – costituiva una punta di diamante tecnica dell’amministrazione pubblica capitolina (per la quale, in più occasioni, lavorò anche gratuitamente o donando progetti e brevetti). Dal suo curriculum istituzionale si evince anche che, dopo l’8 settembre del 1943, l’ingegnere “attuava numerose azioni di resistenza (con encomio agli atti) salvando la rete telefonica della Centrale Campidoglio, l’impianto delle sirene e il materiale del Teatro dell’Opera a Caracalla”. Sarebbe dunque cosa saggia e giusta se ora Roma Capitale – in collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri – ne riconoscesse pienamente il valore, con un’intitolazione alla memoria e una mostra interamente dedicata ai suoi mirabolanti progetti.
LORENZO GRASSI

27 Aprile 2021
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