Cinema
2:57 pm, 19 Aprile 21 calendario

“Un giorno la notte”, nel tunnel della cecità

Di: Redazione Metronews
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ROMA Sainey è un ventenne gambiano che conosce la dura realtà del suo destino: a causa di un male irreversibile rischia di diventare totalmente cieco. Dopo aver raggiunto l’Italia e aver scoperto che anche qui non esiste una cura, è deciso a imparare più cose possibili per prepararsi alla cecità. In questo viaggio verso l’oscurità, Sainey incontra un nuovo amico e scopre la passione per un nuovo sport, il baseball. Così decide di filmare la sua storia in prima persona e di mostrare al mondo che bisogna reagire anche contro le difficoltà più grandi.
Un giorno la notte,  di Michele Aiello, Michele Cattani, con l’autonarrazione visiva di Sainey Fatty, e con l’audiodescrizione di Andrea Pennacchi, è un documentario sull’attesa della cecità, un’esperienza sorprendente oltre lo sguardo, che dal 28 aprile sarà disponibile nella doppia versione, con l’audio descrizione  e senza, in streaming a noleggio sulle piattaforme partecipa.zalab.org e su MioCinema.com.
Il giorno prima, martedì 27, il film sarà disponibile gratuitamente nella versione audio descritta con la voce dello stesso Pennacchi. 
Protagonisti, Sainey Fatty, Pasquale Di Flaviano e Giada Catini. 
«Ci sono due punti di vista nel film – spiega uno dei due registi, Michele Aiello – uno soggettivo, che è girato dal protagonista e co-autore di questa storia, Sainey; e uno osservativo, girato da noi registi. Il rapporto tra autobiografia e biografia è uno dei temi principali del film e ha un ruolo centrale per la storia. L’auto-narrazione di Sainey è il risultato di un lavoro di ricerca sul campo che va avanti da alcuni anni e che fa uso del “Video Partecipativo”, una tecnica che offre a tutte le persone, anche principianti, l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista attraverso la produzione audiovisiva».
«L’origine del film, infatti – prosegue il regista – è avvenuta all’interno di un laboratorio di Video Partecipativo, a cui Sainey ha partecipato nel 2018. Al termine di quel laboratorio gli abbiamo proposto di realizzare un film sulla sua vita. Da lì, lo sguardo d’auto-narrazione è proseguito con lo sviluppo del film, divenendo il nucleo principale attorno cui far ruotare la storia. Noi, di contro, abbiamo scelto di raccontare Sainey standogli molto vicino, per poterci connettere meglio al suo mondo interiore, senza distaccarci troppo con un punto di vista più freddo».
«A partire da questo binomio auto-rappresentazione / rappresentazione, il tema del doppio – afferma dal canto suo Michele Cattani – si è sviluppato su diversi livelli: interno/esterno; disabilità/normalità; impossibilità/possibilità; sogno/realtà. Data questa forte dimensione del doppio, ci è parso quasi naturale concentrare il nostro sguardo su uno dei legami più cari che Sainey aveva. Così, quando abbiamo capito che Pasquale rappresentava una sorta di guida per lui, abbiamo anche pensato che raccontare il loro rapporto sarebbe stato prezioso».
«A livello fotografico – conclude Cattani – abbiamo scelto il formato del 4:3. Il formato si richiama alle condizioni visive di Sainey e ha avuto un impatto in primo luogo su noi stessi, poiché abbiamo rinunciato a una porzione di inquadratura. In seconda battuta, vuole essere una limitazione per il pubblico, obbligato a sperimentare una visione più limitata rispetto a quella a cui si è abituato negli ultimi anni coi formati larghi. Speriamo che, nonostante la drammaticità insita nella storia, il film riesca a trasmettere e incoraggiare una diversa percezione visiva per avvicinarsi meglio ai testimoni del film».
Il protagonista, Sainey Fatty, vive a Bologna. Ha 23 anni, viene dal Gambia e da sei anni è in Italia. I.suo primo incontro con il cinema è avvenuto nel corso della sua permanenza al centro di accoglienza per rifugiati gestito dalla cooperativa Arca di Noè.
«Quello che era partito come un piccolo progetto di film-making – spiega – è finito per diventare un intero film. Il cortometraggio che ho realizzato all’interno del laboratorio ha colpito gli organizzatori, che mi hanno proposto di produrre un film documentario basato su ciò che era manifesto e non nel cortometraggio, in un modo più profondo. Ho amato anche sola l’idea di fare un film: per me significava moltissimo poter condividere pubblicamente la storia della mia vita e le mie esperienze. Volevo che le persone conoscessero la disabilità visiva. Allo stesso tempo avrei potuto far scoprire un intero nuovo mondo alle persone con una disabilità simile: un mondo fatto di sport, arte, istruzione e molto altro».
La disabilità visiva di cui soffre Fatty è la retinite pigmentosa. Si tratta di una lenta degenerazione, progressiva e bilaterale, della retina e dell’epitelio pigmentato retinico che causa, nel tempo, la perdita della vista. Con l’avanzare della patologia, i pazienti subiscono una riduzione del campo visivo che crea una visione a tunnel, un’aumentata sensibilità alla luce, un campo visivo appannato o sfuocato e anche una cecità notturna. Infine, sopraggiunge la cecità e la disabilità funzionale.
«Ho convissuto con la retinite pigmentosa per tutta la vita – conclude Fatty – Fare questo film mi ha aiutato molto a esplorare, imparare, insegnare e condividere tanti aspetti di questa disabilità, sia le cose belle sia quelle brutte. Rimarrà per me come un souvenir, un’eredità per il futuro».
PATRIZIA PERTUSO

19 Aprile 2021
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