Musica
5:00 am, 18 Marzo 21 calendario

“Cantiamo l’ira verso chi non credeva in noi”

Di: Redazione Metronews
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ROMA Da via del Corso (Roma) dove suonavano per strada, all’Eurovision Song Contest passando per oltre 16 dischi di platino e 6  d’oro, più di 140 mila biglietti venduti con 70 date sold out nel primo tour in Italia e in Europa e, ovviamente, la vittoria all’ultimo Festival di Sanremo. Signore e signori, i Maneskin presentano il loro nuovo album “Teatro d’Ira Vol. I” in uscita venerdì.
Avete fatto la “rivoluzione” a Sanremo. Ora un disco all’insegna dell’“ira”. Siete arrabbiatissimi…
Damiano – «La nostra è un’ira catartica che accostata all’universo del teatro crea una contrapposizione che ci sentiamo bene addosso».
Con chi ce l’avete?
Victoria – «Con tutti quelli che ci hanno sempre detto di lasciar stare la musica perché non faceva per noi e di tornare a studiare».
Effettivamente voi, tranne Ethan, eravate a scuola insieme. Che studenti eravate?
Victoria –  «Minimo sforzo, massima resa. A parte filosofia: mi facevo fare i compiti da Ethan».
Damiano –  «’Na mezza tappa, di quelli “intelligente ma non si impegna”».
Thomas –  «Adesso sul sito della scuola ci hanno pure ringraziato!».
Prima di tornare a parlare di musica, so che vi siete dati dei soprannomi…
Damiano –  «Vittoria è Vincenzo, Thomas è diventato Toni, Ethan lo chiamiamo Edgar e io sono Zidem».
Perché?
Damiano –  «Boh, è un gioco senza motivo».
A proposito di giochi, avete un rito scaramantico prima di salire sul palco?
Victoria –  «Ci mettiamo tutti in cerchio e gridiamo “Spacchiamogli il culo!”. Poi si va in scena».
Ansia?
Thomas –  «No, tranquilli»
Vi incazzate solo quando cantate?
Damiano –  «Siamo come una Ferrari: da zero a 100 in pochi secondi».
Allora definitevi in pochi secondi. Via.
Damiano –  «Più di quello che si vede».
Victoria –  «Pazzesca con la “k”».
Thomas –  «Un grande»
Ethan-  «Penso al futuro, mi concentro sul presente e mi ispiro al passato».
Nel vostro album ci sono otto brani. Qual il vostro preferito?
Victoria –  «I wanna be your slave».
Thomas –  «Coraline».
Ethan –  «Il nome del padre».
Damiano –  «A me me l’hanno rubato, non vale…».
Torniamo seri, rappresenterete la musica italiana in Europa. C’è una cosa che vi manca molto in questo periodo fortunatissimo per voi? 
Damiano –  «I live, l’interazione col pubblico, il sudore, lo scambio d’energia».
Il vostro tour partirà il 14 dicembre e si concluderà il 23 aprile all’Arena di Verona, 11 date di cui molte già sold out.  La rivoluzione del rock?
Victoria –  «Non ci interessa incasellarci in una categoria. Non siamo i Led Zeppelin: facciamo la nostra musica e basta».
Per l’Eurovision vi hanno fatto cambiare un paio di parole di “Zitti e buoni”…
Damiano –  «Siamo ribelli, mica scemi. Il regolamento è quello e ci siamo adeguati. Tanto “I wanna be your slave” mi regalerà le prime denunce…».
Il testo è un po’, come dire, “colorato”…
Damiano –  «Bisogna andare oltre le parole: una persona può essere ciò che vuole senza dover scegliere per forza da che parte stare. Soprattutto per ciò che riguarda la sessualità».
Il disco è stato registrato negli studi del Mulino ad Acquapendente, provincia di Viterbo. Come mai questa scelta?
Victoria –  «In questi anni tra l’Italia e Londra, dopo il tour europeo abbiamo scoperto che la nostra forza è la crudezza dei suoni dei singoli strumenti. Abbiamo registrato con un banco analogico per trasmettere la forza dei live».
Ethan –  «Nasciamo live e moriremo live».
Anche stavolta avete alternato brani in italiano a canzoni in inglese, una vostra caratteristica…
Damiano – «Non lo abbiamo mai abbandonato l’inglese perché non ci siamo posti limitazioni nè per l’uso del linguaggio né per la durata o la struttura dei brani».
I brani: ce li raccontate?
Victoria – «”For your love” lo abbiamo scritto a Londra frequentando i club».
Thomas – «”In nome nel padre” è l’ultimo scritto ed è sicuramente il pezzo più strong dell’album».
Damiano –  «Chiariamo subito una cosa su questo testo: noi facciamo musica con tanta passione come se fosse una cosa sacra, ma non per questo facciamo canzoni religiose. Quindi, quando la ascolterete, mantenete la calma… per quanto riguarda “Coraline” ci tengo a sottolineare che non è una favola in cui un cavaliere si trasforma in principe azzurro e salva la principessa. Non c’è un lieto fine perché nella vita reale non ci sono. Si tratta della storia di una ragazza, un fiore stupendo, e il cavaliere è solo lo spettatore del suo decadimento».
Chi è Coraline?
Damiano – «La scelta del nome è una questione fonetica per la musica. La  storia è reale ma non ne parlo».
Ci parla di “Paura del buio”?
Victoria – «Lo abbiamo scritto a Roma. Stavamo cazzeggiando in sala e Thomas è partito con un arpeggio: da lì è nato tutto».
Damiano – «Racconta il rapporto conflittuale che c’è tra l’artista e la musica. Il buio di cui parliamo è l’ignoto in cui noi siamo pronti a buttarci a capofitto».
Poi c’è “Lividi sui gomiti”, tra rock e hip hop.
Damiano – «Porta alla luce tutto ciò che c’è dietro il nostro lavoro: sacrifici, studio, impegno, disciplina. Non solo successo e soldi».
Malgrado il successo di critica e pubblico dopo Sanremo qualcuno vi ha accusato di non aver fatto alcuna rivoluzione e di non essere rock. Come rispondete?.
Damiano – «Abbiamo fatto un pezzo come “Zitti e buoni” in questo particolare momento. Lo abbiamo portato a Sanremo. Abbiamo vinto il Festival. Che devo fa’ per essere rock? Strappa’ la testa a un pipistrello con un morso? Comunque anche quando leggo che non siamo rock mangio, bevo, vado a letto, faccio pipì lo stesso…».
Per il vostro album avete scelto una foto bella ma particolare….
Damiano – «Ci piaceva non avere il cantante di fronte. E poi quell’abito mi sta molto bene: c’ho delle gambe da paura!».
Alla fine di questa lunga chiacchierata vi ripropongo una domanda già fatta: da cosa nasce la vostra incazzatura?
Damiano – «Io sono incazzoso di natura e nei testi mi sfogo».
Victoria – «Mettiamo nei brani quello che ci succede come la rabbia per chi non ci credeva, per chi ci ripeteva che non potevamo fare musica e che non saremmo arrivati da nessuna parte».
Damiano – «La nostra rabbia è catartica. Sempre più persone della nostra età sono informate su categorie nascoste per anni sotto il tappeto perché ritenute troppo ingombranti. Meglio liberarsi da tanti preconcetti: se si maschio ti metti un paio di jeans e ti piacciono le donne. Non è necessariamente così. Siamo quello che siamo oltre ogni categorizzazione. Siamo noi e  basta».
PATRIZIA PERTUSO
 

18 Marzo 2021
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